Come quasi tutti i poemi antichi, anche l’Eneide, capolavoro di Publio Virgilio Marone (70 a.C.-19 a.C.), si apre con un proemio, una sorta di introduzione all’opera ricca di significato e temi.
Pur riprendendo sotto questo aspetto la tradizione omerica (vedi il Proemio dell’Odissea), l’artista latino in parte se ne discosta con l’intento di avvicinarsi all’epica ellenistica.
Vediamo la parafrasi e analizziamo le principali tematiche del proemio dell’Eneide.
Proemio dell’Eneide: parafrasi (versi 1-11)
Racconto delle imprese di guerra, del primo
troiano che arrivò in Italia sulle coste di
Lavinio per volontà del destino.
Per tanto tempo sballottato sia per mare che sulla
terraferma per volere degli dei; a causa di
Giunone soffrì tanto anche durante le
battaglie. Fino a quando fondò una città che diede
casa ai Penati origini dei troiani e dei romani.
Dea dimmi il perché di tante sofferenze, i motivi per i quali Giunone obbligò un uomo conosciuto per il proprio rispetto verso gli dei
a soffrire in questo modo e a sopportare così tanti
sforzi. Come è possibile che gli dei provino tanto
odio nei confronti degli esseri umani?
La struttura del Proemio dell’Eneide
Il proemio dell’Eneide si può dividere in due parti fra loro ben distinte.
La prima è costituita da una sintesi del contenuto.
Storie e vicende ruotano intorno alla eroica figura di Enea, che il destino ha voluto profugo e al quale l’ira di Giunone ha riservato una serie infinita di sofferenze.
Lo scopo dell’autore è principalmente quello di far risaltare la personalità, l’eroismo e il coraggio del protagonista, il cui lungo patire ha come conclusione una soluzione destinata a cambiare la storia: la fondazione di Roma.
Si tratta di un espediente colto attraverso il quale il poeta intende in realtà esaltare Augusto, della cui ristretta cerchia di amici letterati faceva parte e che, essendone un protetto, doveva in qualche modo omaggiare.
Nella seconda parte, oltre alla classica invocazione alla Musa della poesia, si raccontano le ragioni dell’ira di Giunone nei confronti dei Troiani e di Enea.
La moglie di Zeus è consapevole del grandioso destino dell’eroe, che fondando Roma, sarà causa della distruzione dell’amata Cartagine.
Differenze tra il Proemio dell’Eneide e quelli delle opere omeriche
Anche se da una parte Virgilio si rifà alla tradizione omerica, al tempo stesso se ne discosta in alcuni aspetti importanti.
Anche il proemio dell’Eneide, come il proemio dell’Iliade e il proemio dell’Odissea, si può dividere in due parti, l’invocazione alla Musa e l’introduzione al poema, ma in un ordine invertito che non è semplicemente formale ma sostanziale.
Virgilio, cominciando con il riassunto dell’opera, intende privilegiare il canto dell’autore rispetto all’ispirazione divina, avvicinandosi in tal modo alla poesia epica ellenistica.
Egli evoca la Musa sì, ma è lui a narrare i fatti.
In linea di massima, il proemio dell’Eneide è più complesso e articolato rispetto a quelli che introducono all’Iliade e all’Odissea.
Riguardo al contenuto, si accenna già che le armi e l’uomo ne saranno il fulcro.
"Di tanta ira sono capaci gli dei"?: i dubbi di Virgilio sul paganesimo
Fiumi di inchiostro sono stati versati nel corso del tempo su una frase contenuta nel proemio dell’Eneide: “Di tanta ira sono capaci gli dei"?
Si tratta di un’espressione importante, con cui l’autore "osa" consapevolmente e coraggiosamente sollevare dei dubbi in merito ad un mondo e a una cultura destinati a sgretolarsi di lì a poco con l’avvento del Cristianesimo.
Da uomo intelligente e sensibile, oltre che da artista sublime, Virgilio trova poco credibile l’esistenza di un’umanità governata da divinità capricciose e meschine, avvezze a ogni bassezza, avvertendo già l’affacciarsi e quasi la necessità dell’avvento di una nuova era.
Questa posizione insolita e rivoluzionaria (e non solo) ha fatto sì che il poeta di Mantova venisse in seguito considerato un pre cristiano.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Proemio dell’Eneide: parafrasi, spiegazione, analisi e temi
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