Rimini d’estate, la nota località balneare della riviera romagnola, è la protagonista del nono album di Fabrizio De André, Rimini, registrato nel maggio 1978 sotto l’etichetta “Ricordi”.
Si tratta di un capolavoro spesso sottovalutato del cantautore genovese. La canzone che dà il titolo all’album, scritta con Massimo Bubola, è un testo malinconico e delicato che affronta argomenti attuali, quali l’ipocrisia sociale, l’aborto, l’accettazione di sé. Fa da sfondo una melodia che rievoca il rumore del mare e l’atmosfera festosa e tuttavia malinconica delle città balneari; la musica accompagna anche i pensieri della ragazza protagonista, Teresa, che ricorda la Suzanne di Leonard Cohen. L’attacco di De André è lento come un sospiro segreto, simile a quello di Cohen (Suzanne takes you down to her place near the river), ed entrambe le protagoniste sono poste vicino all’acqua, sembrano creature acquoree, in bilico tra due mondi, tra realtà e sogno.
Teresa ha gli occhi secchi
guarda verso il mare
La visione onirica è un’importante chiave di lettura di Rimini, che sovrappone reale e fantasia, menzogna e verità in una sorta di gioco di specchi perfettamente riuscito. La canzone di Fabrizio De André presenta anche una sapiente riflessione metaletteraria.
Il testo di Rimini è spesso stato ritenuto criptico, a tratti ermetico; però tutto, a un’analisi più attenta o a un ascolto più accorto, si riconduce a un significato preciso, scopriamo quale.
“Rimini” di Fabrizio De André: testo
Teresa ha gli occhi secchi
guarda verso il mare
per lei figlia di pirati
penso che sia normale
Teresa parla poco
ha labbra screpolate
mi indica un amore perso
a Rimini d’estate.Lei dice bruciato in piazza
dalla santa inquisizione
forse perduto a Cuba
nella rivoluzione
o nel porto di New York
nella caccia alle streghe
oppure in nessun posto
ma nessuno le crede.
Coro: Rimini, Rimini
E Colombo la chiama
dalla sua portantina
lei gli toglie le manette ai polsi
gli rimbocca le lenzuola"Per un triste Re Cattolico - le dice
ho inventato un regno
e lui lo ha macellato
su di una croce di legno.
E due errori ho commesso
due errori di saggezza
abortire l’America
e poi guardarla con dolcezza
ma voi che siete uomini
sotto il vento e le vele
non regalate terre promesse
a chi non le mantiene".Coro: Rimini, Rimini
Ora Teresa è all’Harrys’ Bar
guarda verso il mare
per lei figlia di droghieri
penso che sia normale
porta una lametta al collo
È vecchia di cent’anni
di lei ho saputo poco
ma sembra non inganni.
"E un errore ho commesso - dice -
un errore di saggezza
abortire il figlio del bagnino
e poi guardarlo con dolcezza
ma voi che siete a Rimini
tra i gelati e le bandiere
non fate più scommesse
sulla figlia del droghiere".Coro: Rimini, Rimini.
“Rimini” di Fabrizio De André: la canzone
“Rimini” di Fabrizio De André: significato della canzone
L’atmosfera della canzone di Fabrizio De André è la Rimini borghese, dei gelati e delle bandiere, dove trascorrono le vacanze i giovani di buona famiglia, figli di commercianti, impiegati, professionisti, che raggiungono la riviera romagnola ricercando il divertimento proibito nella vita di tutti i giorni.
Rimini di De André può essere letta in questo senso, come una parodia rovesciata de I Vitelloni di Federico Fellini, che però sostituisce il lato comico della vicenda con quello drammatico. La Rimini festosa, che sembra metafora di un luogo di perdizione, di una sorta di continuo carnevale, si contrappone alla malinconia della sua protagonista: Teresa.
La canzone si apre con il pianto della ragazza, mentre il mare asciuga le sue lacrime. Indica un amore perso in lontananza, come se lo potesse vedere ancora attraverso l’orizzonte. Non ci viene svelato subito il motivo della sua tristezza, anzi, la realtà si intreccia alla favola nell’immaginazione di Teresa: è figlia di pirati, ci viene detto.
Sullo sfondo della terra promessa delle vacanze di fine anni Settanta, la riviera romagnola appunto, si dipanano vicende improbabili nutrite dall’immaginazione fertile della giovane. Per dimenticare la banalità della propria esistenza e sfuggire a un segreto che ci verrà svelato solamente nel finale, Teresa si inventa storie: le sue non sono vere e proprie menzogne, ma possono essere lette in chiave metaletteraria. C’è una canzone dentro la canzone stessa, un racconto dentro il racconto: Rimini presenta una struttura matrioska, è un testo che ne contiene altri come una serie di scatole cinesi. Solo nel finale scopriamo la storia vera, come se l’autore-mago avesse portato a termine brillantemente il proprio gioco di prestigio. Niente di ciò che ci ha raccontato è vero, eppure tutto ciò che ci ha raccontato è vero.
Il racconto che Teresa si inventa ha delle attinenze con la sua vita vera: è un calco artefatto della realtà, cela e, al contempo, rivela. La storia di Cristoforo Colombo in cerca delle Indie che, però, approdò in America: anche il mito della più grande delle scoperte geografiche ci viene narrato come un sacrificio e una speranza infranta. L’America è la creatura abortita di Colombo, secondo De André, perché rappresenta l’altra faccia, imprevista, del sogno. Il mare di Rimini sembra farsi teatro dell’impresa mitica delle tre caravelle di Colombo: colui che scoprì l’ignoto e poi lo consegnò nelle mani di un re cattolico che, anziché farne tesoro, ne fece teatro di guerre, scempio, depredazione. La protagonista si identifica nel conquistatore che navigò verso una rotta sconosciuta.
L’impresa di Colombo contiene la morale della storia di Teresa:
Non regalate terre promesse
a chi non le mantiene
Anche lei è stata tradita, scopriamo alla fine, ma non dalla sua fantasia. La ragazza era incinta di un uomo - uno dei tanti giovani che d’estate cercavano divertimento nella terra promessa di Rimini.
Dopo aver scoperto il fatto lui l’ha abbandonata; lei che, come rivelato nel finale, non è figlia di pirati, ma di droghieri, gente umile e perbene, non poteva permettersi di mantenere questo figlio. Solo nella strofa finale - in cui pure ci viene decantata la bellezza estiva di Rimini tra i gelati e le bandiere - abbiamo contezza del vero tema della canzone: l’aborto, l’ipocrisia sociale.
I sogni intessuti da Teresa erano un tentativo di sfuggire alla realtà, al dramma interiore che stava vivendo. Negli anni Settanta, quando De André compose il testo, l’aborto era un tema caldo, molto discusso anche livello internazionale: in questa delicata e malinconica melodia, il cantautore difendeva una ragazza senza colpa, ci narrava la sua sofferenza, il suo struggimento. Nella conclusione scopriamo che Teresa ha abortito il figlio del bagnino, sebbene in fondo non volesse farlo. Le strofe finali presentano un’accusa all’ipocrisia della gente: le tante chiacchiere levate sul conto di Teresa, i giovani che volevano solo divertirsi sulla riviera e l’hanno relegata nello stereotipo di “ragazza facile” umiliandola con le loro scommesse, vinte o perse non importa.
Nonostante l’atmosfera apparentemente festosa, la tessitura onirica cantata con la dolcezza di una ninnananna, la canzone di Fabrizio De André ci offre un’analisi preziosa del pregiudizio e dell’ipocrisia di una società borghese conservatrice, incapace di vedere oltre le proprie ataviche leggi. Rimini è il dramma di Teresa, il dolore di una giovane donna che ha perso l’amore e, nonostante la sua sofferenza, è giudicata disonesta. Lo scarto tra fantasia e realtà è il vero coup de théâtre, il colpo di scena che ci sorprende e ci angoscia. Dopo averci cullato sulle onde lente della sua melodia, senza modificare gli accordi né il ritmo, il cantautore ci rivela ciò che non vorremmo sapere.
Rimini diventa il simbolo di una città dalla doppia vita che vive nell’incanto effimero della sua estate turistica e poi, di colpo, cade preda della malinconia invernale. Lo stesso accade alla protagonista, Teresa, che non sfugge alla proverbiale associazione donna-città.
Al principio ci sembra sia una folle, vittima delle sue stesse farneticazioni, infine scopriamo che si è macchiata di una doppia colpa, vittima del pregiudizio sociale, è lei la protagonista triste di questo canto malinconico: fa parte di una lunga schiera di emarginati, tra i quali figurano Andrea, Sally, Coda di lupo, cui De André ha dato voce, perché potessero difendersi raccontando la loro vera storia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Rimini”: la canzone di De André scritta in chiave metaletteraria
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