Mentre attendono nel castello di Canossa l’arrivo dell’imperatore Enrico IV, papa Gregorio VII e Matilda si lasciano andare ai ricordi e ai rimpianti, ripercorrendo la loro vita, quello che li ha uniti e divisi, le sofferenze, le vittorie, in un angosciante faccia a faccia col destino. Laura Corsini ha voluto compiere un omaggio, con questo romanzo in bilico fra finzione e realtà, a una gran donna che da tutta una vita ammira.
“Ritorno a Canossa” è il romanzo di un grande amore non vissuto, nelle travagliate vicende del primo secolo del primo millennio, ma anche di una passione, di una voglia di riscatto, di desiderio che le cose cambino. Per saperne di più intervistiamo l’autrice.
- Innanzitutto ci incuriosisce sapere come ti è venuta l’idea di riprendere una storia tanto lontana e di farcela rivivere, in un’epoca apparentemente tanto diversa da quella dei fatti narrati.
Buongiorno a tutti. Sì, sono passati quasi mille anni da quel gennaio del 1077, momento da cui la storia che narro prende le mosse, però il personaggio di Matilda di Canossa mi ha colpito fin dalla più tenera infanzia. Vi è della modernità, in tutta quella grinta, quella sua volontà di riscatto, quel voler vivere appieno una femminilità che il mondo le voleva negare. E poi far inginocchiare di fronte a sé un imperatore! Credo che neanche oggi, dopo che tanta acqua è scivolata sotto i ponti, le donne siano capaci di tanta autodeterminazione. La storia è lontana, sì, ma le passioni che accompagnano le vicende sono vive e presenti. E che dire dei luoghi, che diventano quasi esseri viventi, guardie del corpo della loro beneamata? Emozionante!
- Nel libro c’è più realtà o più finzione?
Non vi è un confine tra reale e immaginario. È un po’ come quando Dante descrive nella Commedia gli ultimi giorni del Conte Ugolino. Nessuno era là, dentro quella torre a vedere quello che accadde, ma ciò che è narrato nel poema, scaturito dalla fantasia del poeta, non deve discostarsi molto dalla verità. Anche con Matilda e Ildebrando non c’era nessuno, o almeno nessuno che abbia raccontato i loro attimi insieme, ma, cucendo tra loro i fatti riportati, mi è sembrato di vederli, come in un film, come se fossi il famigerato uccellino che scorge sempre tutto. E poi spiffera.
- Come hai proceduto per scrivere un romanzo storico? Documenti? Fonti? Reperti e luoghi?
Un po’ di tutto questo. Conoscevo già la figura di Matilda e la sua biografia. Vivo al confine con la provincia di Reggio Emilia e qui non v’è bambino che non sappia di lei e delle sue vicende. Però, per poter scrivere il romanzo con tutti gli strumenti in mano, sono partita dalla bibliografia, dagli articoli, le iconografie. Infine mi sono concessa qualche visita ai luoghi che ancora riportano l’impronta del suo piede: Carpineti, Canossa, San Benedetto Po, Monteveglio. E lì l’emozione è stata incontenibile. Così pian piano le immagini hanno preso corpo.
- La copertina non raffigura una Matilda proveniente dalle miniature e dai dipinti dell’epoca, sembra piuttosto una ragazza dei nostri tempi. È una scelta precisa?
Quando pensavo alla copertina ho passato in rassegna molte immagini canoniche della contessa, e poi dipinti classici, soprattutto le donne fulve dei Preraffaelliti. Però tutte quante quelle immagini mi davano un’idea di passato nel senso peggiore del termine: qualcosa di andato, concluso... morto. E per me Matilda non è morta, la sento viva. Potrebbe transitarmi accanto per la strada, o sedermi di fronte sul treno, nei panni di una ragazza con una lunga chioma, gli occhi cerulei, tanta grinta. Ecco il perché di una immagine di copertina che può avere più letture, a cavallo tra ieri e oggi.
- Un messaggio che hai voluto lanciare con questo libro?
Innanzitutto il libro è un omaggio a una donna che mi sento da tempo davvero vicina, nella ricorrenza dei novecento anni dalla morte avvenuta nel 1115. Ogni capitolo, in terza persona, è anticipato da qualche riga di “diario” scritta in prima persona dalla contessa. Non so se, leggendo, Matilda condividerebbe le parole che le ho fatto dire, ma penso che ne sarebbe comunque contenta. Poi vorrei far capire alle persone che la storia del passato non è noiosa, anzi è straordinaria, e che i libri storici sono emozionanti al pari dei romanzi rosa, di quelli d’amore e dei thriller. Anzi, di più.
- Un desiderio legato a questo libro?
Vorrei essere ancora qua e scrivere un altro romanzo per il millesimo compleanno di Matilda, nel 2046. Non si conosce il mese e il giorno in cui nacque, ma doveva essere un’ariete, proprio come me.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Laura Corsini, autrice di “Ritorno a Canossa”
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...sono un’ariete anche io, abbiamo una bella testa dura...ma tu sei superlativa, descrivi talmente bene, che tutto...magicamente
si trasforma in una favola...complimenti!