Rue de l’Odéon. Storia di una libreria che ha fatto il Novecento
- Autore: Adrienne Monnier
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2009
Alcune volte mi soffermo a guardare gli scaffali della mia libreria e in una di queste ho ripreso in mano, in un’estate così calda, questo piccolo libro dalla bellissima e originale copertina e con una delle storie più affascinanti e coinvolgenti per un amante di libri. Rue de L’Odeon. La libreria che ha fatto il Novecento (:duepunti Edizioni, 2009, con la traduzione di Elena Paul) è il racconto appassionante di Adrienne Monnier e della sua straordinaria esperienza: la storia della sua libreria La maison des amis des livres, al n.7 di rue de l’Odéon.
Lettrice infaticabile, Adrienne Monnier divenne libraia nel 1915, in tempo di guerra; scrive nei suoi ricordi che scelse a prezzo abbordabile il locale commerciale in Rue de L’Odeon, perché a Parigi la vita era rallentata, era senza più speranze. Un mestiere per niente redditizio e in tempo di guerra con scrittori e poeti quasi sempre in bolletta.
Diventando libraria non cercai di ingraziarmi gli autori, ma i loro libri, quei libri in cui mettevano il meglio di sé.
In Rue de l’Odeon, Adrienne racconterà in forma diaristica la sorprendente avventura della sua libreria con aneddoti e la sua singolare e sorprendente testimonianza della vita letteraria dell’epoca.
“Amavo i libri, ecco tutto, e il mestiere di libraio mi avrebbe permesso di ricoprirne i muri: avrei potuto immergermi nell’oceano della conoscenza”.
Tanti furono gli scrittori tra i suoi frequentatori: André Breton, ieratico e bello, Louis Aragon, Jean Cocteau, Paul Valery, riconoscibile per il modo che aveva di guardare la vetrina, James Joyce, Samuel Beckett, Leon Paul Fargue che divenne il suo migliore amico. Ricorderà che era libraia da soli tre mesi quando si presentò in libreria, sembrava più vecchio di quanto fosse, la sua voce era superba, armoniosa, e la sua figura le ispirò un sentimento di calore e allo stesso tempo di disagio.
Per Adrienne esistevano due tipi di poeti, quelli eletti dagli altri che erano spesso i più grandi ma mai i più puri né i più sensibili; e gli altri che erano poeti per sé stessi, (cantano con le pietre nascoste nel seno della terra), e Rainer Maria Rilke era uno di questi. E di Sylvia Beach, la giovane americana che con la sua classe innata divenne in breve tempo un personaggio tra i più originali e attraenti tra gli intellettuali di Parigi, proprietaria della libreria Shakespeare & Company, la sua grande e inseparabile amica.
Mi tagliai i capelli proprio perché Sylvia li portava così, all’epoca era una cosa tremendamente osé.
Insieme decisero di tradurre l’Ulisse di Joyce e le opere di Beckett, attratte dalla sua somiglianza fisica con Joyce da giovane. E ancora Jules Romains che ebbe sulla ventiduenne Adrienne grande influenza, André Gide, Novalis, Mallarmé di una bellezza angelica, e Apollinaire, che lo conobbe in divisa appena tornato dal fronte e con una vistosa ferita alla testa. Quando entrò nella sua libreria la prima cosa che ebbe a dire era che era inammissibile che nella sua vetrina non ci fosse un libro di un combattente.
Era il 1918, quasi alla fine della Grande Guerra e il mondo continuava a vivere. La nostra epoca, scrive l’autrice, ne aveva fatte vedere di tutti i colori e lei era consapevole con i suoi amici scrittori di andare nella direzione di un rinascimento. Hemingway e il suo arrivo in rue de l’Odeon nel giorno del fallito attentato al generale De Gaulle: un gigante in maniche di camicie dallo sguardo fine dietro gli occhiali. E Walter Benjamin, l’ebreo tedesco traduttore di Proust, con il suo contegno compito e formale ma sempre sulle difensive, il primo a parlarle del genio di Bertold Brecht.
Non era mai venuta meno all’entusiasmo per i libri e molte mattine, racconterà, rimaneva sola a contemplare i libri sugli scaffali. Sostenitrice del libro povero, il libro economico a buon mercato e non per questo meno interessante: elogiava i libri poveri perché di suo gradimento e perché erano accessibili a tutti.
“Sì, a pensarci bene, credo che i grandi libri non siano mai più a loro agio che nei libri poveri, e forse solo così sono davvero grandi. Sono i libri poveri ad assicurare una circolazione oscura, vitale, come quella del sangue; con l’umiltà ne perpetuano la gloria e conferiscono loro la libertà di cui hanno bisogno per superare sé stessi, lavorando meglio di ogni altro per renderli immortali.”
Scrive nella postfazione Edda Melon che Rue de l’Odeon è la storia di una donna, di una libreria e di una strada di Parigi e di decine di altri personaggi, scrittori e scrittrici, intellettuali, editori, artisti, lettori e lettrici che vi ruotano intorno. Era il 15 novembre quando Adrienne Monnier, prima donna in Francia a fondare da sola una libreria, aprì La Maison des Amis des Livres, al numero 7 sulla riva sinistra della Senna a poco più di vent’anni. Una libreria che divenne il centro culturale durante le due guerre mondiali, un luogo dove gli scrittori e gli intellettuali del tempo si riunivano e si confrontavano, famosa ben presto in tutto il resto del mondo.
Rue De L’Odeon. La libreria che ha fatto il Novecento custodisce pagine intense di letteratura e noi lettori veniamo conquistati, pagine capaci di racchiudere la bellezza che ci conducono a riflessioni e in un mondo indimenticabile.
Rue de l'Odéon. Storia di una libreria che ha fatto il Novecento
Amazon.it: 17,10 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Rue de l’Odéon. Storia di una libreria che ha fatto il Novecento
Lascia il tuo commento