In Italia abbiamo Ungaretti, l’Inghilterra ha avuto Rupert Brooke: il più celebre poeta soldato, divenuto un volto noto della letteratura britannica. Nasceva nel Warwickshire, la stessa contea natale di William Shakespeare, il 3 agosto del 1887.
Insieme a Robert Graves e Siegfried Sassoon, Brooke ha incarnato l’ideale patriottico inglese cantando l’onore e la miseria della guerra. Erano i cosiddetti War Poets, i giovani partiti soldati con l’animo infiammato dall’amor di patria che videro poi i loro sogni traditi dalla ferocia di una realtà disumana. Le loro “ferite dell’anima” si tramutarono in poesia.
Con il principio della Prima guerra mondiale si assistette a uno sviluppo senza precedenti degli scritti di guerra: a ben vedere non era una novità, in quanto nella guerra possiamo rintracciare una delle origini più antiche della narrazione letteraria, a partire dall’Iliade di Omero. Un cambiamento, però, era avvenuto: non si trattava più del mito guerriero che l’Inghilterra aveva conosciuto tramite il colossale poema epico di Beowulf, per la prima volta la guerra veniva raccontata direttamente dalle voci dei soldati.
Quei giovani al fronte erano letterati in erba, poeti, si lasciarono ispirare da ciò che vedevano: lo scenario inaudito della morte che faceva a pugni con la loro ardente giovinezza, divenne il campo di battaglia dove cresceva, dibattendosi, la loro ispirazione.
Partirono numerosi ma tornarono in pochi: alcuni, tra cui il celebre Wilfred Owen, morirono al fronte; altri fecero ritorno. Rupert Brooke, autore della celebre poesia The Soldier, non sarebbe tornato a casa.
Aveva visto la morte in faccia in trincea, anche se non aveva mai imbracciato un’arma. Non avrebbe incontrato il suo destino sul campo di battaglia, ma su un’isola paradisiaca e fatale, molto lontano dalla sua patria.
I suoi versi più noti recitano così:
Se dovessi morire, pensa solo a questo di me: / Che c’è un angolo di un campo straniero / Che è per sempre l’Inghilterra.
Scopriamo la sua storia.
Rupert Brooke: chi era il poeta di guerra inglese
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Occhi chiari e capelli lucenti, pettinati all’indietro con eleganza, Rupert Brooke sembrava un angelo biondo. Eppure era disposto a sacrificare la propria giovinezza per la patria e a calarsi dritto nell’inferno. Cresciuto in una famiglia agiata e benestante, dopo aver frequentato le migliori scuole, tra cui il King’s College di Cambridge, Rupert Brooke si era arruolato presso la Royal Naval Volunteer Reserve come sotto-tenente. Il battaglione era guidato da Winston Churchill, futuro Nobel per la Letteratura.
In fondo al suo cuore, però, batteva lo spirito indomito di un poeta che faceva eco al rullo di tamburo della marcia di guerra. Aveva pubblicato la sua prima raccolta di poesie nel 1911, con il titolo di Poems: si trattava perlopiù di liriche sentimentali, nutrite di romanticismo, ma la guerra avrebbe cambiato per sempre la sua prospettiva. Quello che si recava al fronte era un giovane biondo, fresco di laurea: la sua tesi era stata scritta su John Webster e i drammaturghi elisabettiani. Rupert Brooke aveva frequentato i maggiori circoli letterari e ambienti intellettuali dell’epoca, tra cui il famoso Circolo Bloomsbury che gli aveva dato l’opportunità di stringere amicizia con Virginia Woolf.
Era questo, dunque, il ragazzo che si recava volontario al fronte con il cuore infiammato dall’amor patrio. Aveva belle speranze, le tasche piene di poesie d’amore; eppure non poteva immaginare, quel ragazzo, che la sua opera più celebre sarebbe stata 1914 and Other Poems (1914 e altre poesie), sonetti di guerra con i quali avrebbe guadagnato l’apice della popolarità.
Il poeta soldato e i versi di guerra
Quello che vediamo a fronte è un giovane spaventato e sconvolto dall’orripilante spettacolo della morte: avrebbe mostrato l’orrore di quella morte a milioni di persone attraverso l’efficacia lirica delle sue poesie. La sua innocenza svanì alla vista di un cadavere mangiato dai topi nel fango di una trincea. Brooke compose i suoi primi sonetti in ottobre, durante l’occupazione della città belga di Anversa. La sola vista delle colonne di profughi in fuga dalla città fortificata lo scosse.
Nell’edizione di marzo del 1914 la famosa rivista inglese The Times Literary Supplement citò alcune sue poesie, tra cui The Soldier. Quei versi, letti anche in pubblico, gli avrebbero donato fama imperitura.
Gli ultimi mesi del 1914 furono i più prolifici per la sua produzione; ma, dopo un breve congedo, nel 1915 il poeta soldato ripartì per Dardanelli con il Battaglione Hood.
Rubert Brooke non avrebbe mai smarrito la propria immaginazione di poeta, lo testimoniano le lettere alla madre in cui parla di Omero ed Erodoto mentre naviga su un mare di zaffiro alla volta dell’Ellesponto. Infine, proprio in quel mare blu zaffiro, il soldato Brooke trovò la morte a soli ventisette anni. Era sull’isola greca di Skyros, nel 1925, quando a ucciderlo non fu un colpo di granata, ma un’infezione del sangue causata da una puntura di zanzara.
Si perdeva dunque in quel blu, spazzato dai “fantasmi di triremi e quinqueremi”, l’angelo biondo che sognava di navigare verso Troia. Fu sepolto sotto un ulivo.
Nella biblioteca del King’s College di Cambridge, l’università dove Rupert Brooke aveva studiato, si trova un resoconto a stampa privata della sua morte e della sua sepoltura, basato sul diario di bordo della nave ospedale francese sulla quale morì. Undici pagine strazianti che ci restituiscono l’agonia di quel “pallido viso inglese che nessuno guarderà mai più”.
“The Soldier” di Rupert Brooke: temi e contenuto
La domenica di Pasqua del 1915 il celebre sonetto di Brooke, The Soldier, fu letto durante la messa nella cattedrale di St. Paul.
Si tratta di un esempio di poesia eroica e patriottica; il soldato, infatti, dimostra di non aver paura della morte e di essere pronto a battersi per l’Inghilterra. La patria assume i contorni del sogno in questi versi: il luogo cui il soldato vorrebbe fare ritorno, come un simbolico paradiso. Nell’Inghilterra infatti è custodita la gioia dell’infanzia, le risate bambine, il cuore libero dal male e i “sogni felici come il giorno”.
In The Soldier non è menzionata la guerra, né il sangue, né i cadaveri, l’atmosfera è quasi surreale, carica di aspettativa e nutrita di idealismo: è il sogno di un ragazzo perduto che vuole soltanto tornare a casa.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Rupert Brooke: il poeta di guerra inglese che scrisse “The Soldier”
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