La poesia San Martino del Carso appartiene alla raccolta Il Porto Sepolto. Si tratta della prima raccolta di poesie di Giuseppe Ungaretti, pubblicata nel 1916 e successivamente confluita nel famoso volume L’Allegria (1931, già edita in una prima veste nel 1919 con il titolo Allegria di naufragi).
I versi sono stati composti il 27 agosto 1916, sul Monte San Michele. San Martino è una piccola frazione di un paese in Friuli, simbolo della resistenza contro l’Impero austro-ungarico e raso al suolo durante la prima guerra mondiale.
Si tratta di una delle poesie più note del poeta, in cui sicuramente è capitato a tutti di imbattersi, a qualsiasi livello scolastico. Di cosa parla? Cosa la caratterizza? Ecco parafrasi, analisi del testo e figure retoriche.
San Martino del Carso: testo
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muroDi tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tantoMa nel cuore
nessuna croce mancaÈ il mio cuore
il paese più straziato.
Analisi e commento alla poesia San Martino del Carso
La parafrasi della poesia è piuttosto semplice, grazie al linguaggio piano impiegato da Ungaretti. Il poeta mette a confronto il paese devastato che lo circonda, ridotto a un cumulo di macerie, e la scomparsa dei propri cari: di loro, come di San Martino, non è rimasto molto, ("neppure tanto", v. 8).
L’unico luogo in cui di essi resterà traccia è il cuore dell’autore, che come un cimitero ne accoglierà le croci. È così il cuore, in realtà, "il paese più straziato" (v. 12): da luogo di vita si fa luogo di morte e memoria pesante e dolorosa.
L’analogia creata da Ungaretti è quindi doppia:
- da un lato, quel poco che resta delle case (con una metafora, il poeta umanizza le costruzioni: non calcinacci e macerie, ma "brandelli", v. 4, come fossero state di carne) è associato ai tanti cari scomparsi e abbattuti dalla guerra, anch’essi ridotti in cenere;
- dall’altro Ungaretti instaura un rapporto strettissimo e circolare fra la distruzione del paese di San Martino e la distruzione del proprio cuore, devastato dalla guerra e dalle perdite subite.
Questo rapporto non è affidato a descrizioni o riflessioni, ma alla corrispondenza in analogia fra i due elementi, il cui confronto è reso ai minimi termini, con un’essenzialità sconcertante.
Analisi metrica e figure retoriche
Il testo si articola in quattro strofe di versi liberi, prive di punteggiatura e scandite dagli spazi bianchi che le separano e dalle maiuscole in apertura.
La poesia, che presenta un linguaggio molto semplice e ricorsivo, è intessuta di anafore e ripetizioni. Le iterazioni che la caratterizzano sono presenti e numerose sia a livello semantico (molte sono le parole ripetute, come "tanti-tanto" vv. 5 e 8, "cuore-cuore" vv. 9 e 11), sia a livello sintattico (spesso è la struttura intera della frase a essere ripetuta: "di queste case / non è rimasto / che qualche / brandello di muro" e "di tanti / che mi corrispondevano / non è rimasto / neppure tanto" presentano la stessa organizzazione interna).
Insistito anche l’uso di anafore ("di", "non") ed epifore ("cuore", "tanto", "rimasto") e il modo in cui a livello fonico Ungaretti calca con gli accenti ritmici (il punto del verso in cui si insiste con più forza, mentre si legge) sulla lettera a, stendendo così sull’intero componimento un’atmosfera di apertura devastata e lacerazione generale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: San Martino del Carso: analisi e figure retoriche della poesia di Ungaretti
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