Sandro Cappelletto, nato a Venezia nella seconda metà del Novecento, scrittore e storico della musica, autore di testi teatrali e di teatro musicale, di programmi radiofonici e televisivi, è Accademico dell’Accademia Filarmonica Romana, della quale è stato direttore artistico. Giornalista professionista scrive per il quotidiano La Stampa. Tra le sue pubblicazioni, la prima biografia critica di Farinelli (La voce perduta, EDT 1995), un’inchiesta sulle fondazioni liriche italiane (Farò grande questo teatro!, EDT 1996) e La notte delle dissonanze racconto del misterioso Adagio introduttivo del Quartetto K 465 di Mozart (EDT 2006). Per la Storia del Teatro (Einaudi 2001) ha scritto il saggio Inventare la scena. Con Accademia Perosi – onlus ha già pubblicato Mozart, la prima biografia italiana, con la prefazione ai cenni biografici di Pietro Lichental (2006) e Messiaen l’angelo del Tempo (2007).
Da pochi giorni è in libreria Da straniero inizio il cammino. Schubert, l’ultimo anno (Accademia Perosi – onlus 2014). Nel CD allegato, la registrazione del Quintetto con due violoncelli, tra i suoi ultimi capolavori.
Il libro traccia un suggestivo racconto dell’ultimo anno di vita del grande compositore e pianista austriaco. Franz Peter Schubert (Vienna 1797-Vienna 1828), di corporatura inferiore alla media, dal viso arrotondato e grassoccio, il collo corto e una fronte non ampia, capelli scuri e naturalmente mossi era stato soprannominato “Schwammerl” “funghetto”. A causa della sua miopia Franz portava sempre gli occhiali che non toglieva mai, nemmeno durante il sonno.
L’autore descrive l’ultimo anno di vita del musicista servendosi anche di numerosi documenti mai finora pubblicati in italiano. Franz è un uomo malato, al quale restano pochi mesi di vita ma sarà questo il periodo più fecondo del suo genio creativo. Una carriera brevissima quella di Schubert, il musicista morirà a nemmeno 32 anni, nella quale però “emerge un’ostinata energia, figlia della consapevolezza del proprio valore: vivere unicamente del lavoro d’artista, senza essere alle dipendenze di nessuno”.
- “Il più ardito e libero di spirito di tutti i musicisti moderni”. Così Robert Schumann definì Franz Schubert. È d’accordo?
Schumann, quando dieci anni dopo la scomparsa di Schubert, scopre la sua musica, rimane sbalordito. L’originalità di tante opere, l’arditezza di certe soluzioni, lo convincono della diversità di Schubert rispetto a Beethoven. Della sua originale e solitaria grandezza. L’aggettivo che usa, “ardito”, è perfetto.
- Con il termine “schubertiadi” che cosa si intende?
Un modo di vivere la musica che noi abbiamo purtroppo dimenticato. Compositore, pubblico, interpreti erano vicini, con un contatto fisico ed emotivo molto intenso. Le schubertiadi si svolgevano in case private, vi partecipavano tra le 50 e le 100 persone; si suonava, si cantava, si ballava, si mangiava e beveva, si rideva molto, ci si corteggiava, nascevano amori. Poi, finita la serata, gli amici – ragazzi e ragazze, perché l’età media era veramente bassa – tiravano tardi, accompagnandosi l’un l’altro a casa, andando ancora a bere nelle locande. Un’allegra vita di bohème, povera e spensierata. Ma le schubertiadi erano anche un luogo di sperimentazione, dove venivano eseguite per la prima volta tante nuove creazioni.
- Ha scritto che Schubert “viveva in una simultanea condizione di libertà e privazione”. Desidera chiarire la Sua riflessione?
Libero di seguire la propria pulsione creativa; privo di ogni possibilità reale che le sue opere più ardite venissero eseguite in pubblico e trovassero un editore. Una condizione che può portare un artista alla depressione, allo sfinimento. Ma la forza creativa di Schubert si rivelò più forte, per nostra fortuna.
- Vuole ricordarci le migliori opere dell’artista?
C’è l’imbarazzo della scelta. Per restare all’ultimo anno, i cicli di Lieder Viaggio d’inverno e Il canto del cigno, le ultime tre sonate per pianoforte, il quintetto con due violoncelli, i due lieder con strumento obbligato, l’ultima Messa, il Trio op. 100… Ha scritto Benjamin Britten: “La sola creazione di tali capolavori in quell’arco di tempo sembra incredibile, ma la qualità dell’ispirazione, della magia, è miracolosa e supera ogni spiegazione”.
- Azio Corghi nella Postfazione del volume ricorda che il compositore Arnold Schoenberg sosteneva che con l’opera di Schubert giunge a conclusione “il periodo classico” della nostra storia della musica. Cosa ne pensa?
Schoenberg amava il coraggio di Schubert e ne trasse energia per i propri progetti di radicale rinnovamento del linguaggio musicale. Sì, Schubert va oltre quelle colonne d’Ercole.
- Il libro è stato presentato in anteprima assoluta il 9 novembre scorso a Biella, presso l’Accademia Perosi, con un reading musicale dal titolo “La felicità inseguita – Schubert l’ultimo anno”, inserito all’interno della 38esima stagione dei Concerti dell’Accademia. Di che cosa si occupa l’Accademia Perosi?
L’Accademia Perosi ha ormai assunto un ruolo di primo piano nella vita musicale italiana: i tanti corsi di formazione, la qualità dei docenti, i progetti didattici rivolti anche ai giovanissimi, le proposte concertistiche ne fanno un’istituzione viva, attiva, dotata di visione strategica. Ha la fortuna, grazie anche alla lungimiranza delle istituzioni, pubbliche e private, biellesi, di lavorare in una sede che il recente restauro ha reso una casa della musica bella, accogliente, dove è così piacevole sostare.
Da straniero inizio il cammino. Schubert, l’ultimo anno sarà presentato: ad Alessandria (27 novembre, Conservatorio Antonio Vivaldi), Torino (28 novembre, Teatro Regio), Venezia (1° dicembre, Teatro La Fenice), Roma (28 gennaio 2015, Accademia Filarmonica Romana), Lucca (9 maggio 2015, Associazione Musicale Lucchese).
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sandro Cappelletto torna in libreria con “Da straniero inizio il cammino. Schubert, l’ultimo anno”
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