Sarabad
- Autore: Abdulkareem Kasid
- Categoria: Poesia
- Casa editrice: Ensemble Edizioni
- Anno di pubblicazione: 2024
La biografia di Abdulkareem Kasid si ferma nel 1978, quando al potere salì Saddam Hussein e lui prese la strada dell’esilio, che lo portò prima in Kuwait, poi in Yemen e poi a Londra nel 1990, anche se il potere di Saddam Hussein è finito da anni, nel 2003.
È uscita questa silloge Sarabad (Ensemble edizioni, 2024, curatela di Gassid Mohammed) che parla di guerre intestine, di dittatori senza scrupoli, ma il più delle volte il poetare di Abdulkareem è la sorpresa delle piccole cose quotidiane, delle geometrie delle famiglie, che a Londra arrivano addirittura a due genitori atei, a una figlia anglicana, a un figlio musulmano in un miscuglio di orientamenti sessuali, per sintetizzare.
Ma ce ne sono molto che ti fanno venire il magone come Traversata:
Sulla riva del fiume / ci sediamo in attesa, / arrivano le barche, ci caricano e scompaiono. La sera, in lontananza, i commissariati illuminati / (accade che i poliziotti soccorrono le donne presso la riva). / E adesso niente luce nel commissariato sulla riva / nessuna ombra sulle barche, / e le donne pellegrine per Khurasan / piangono i loro figli, / soli dietro le case.
Non vi è luce / il fiume ci ha abbandonato, / portando via luci e villaggi / lasciando noi, / pochi soldati, / a morire senza acqua.
Questa poesia può essere ambigua, perché gli iracheni che lasciavano il paese erano bene o male accolti da altri paesi. La fine di Saddam Hussein non significa molto per chi non ha da mangiare. Quindi per un po’ di anni si è parlato solo di sbarchi, poi la pandemia, ora un silenzio che fa paura. Ma come già scritto, Abdulkareem scrive di guerre e carestie, ma non viene bandita una ironia amara, la voglia di “giocare sulle disgrazie”, come nella poesia Commedia molto breve:
Capitolo primo: / guerra / Capitolo secondo: / pace peggiore d’una guerra. / Capitolo terzo: vivi terrorizzati / visitano i morti. / Capitolo quarto: morti terrorizzati / visitano i vivi. / Capitolo quinto: / non vi è nessuno / dove sono andati i vivi? Dove sono andati i morti? / La fine: / chi la conosce.
C’è un gioco linguistico alla base di questi versi, ma anche metafisico e storico. I vivi guardano le tombe dei morti, non pensando alla propria morte, perché anche i morti sono terrorizzati per quel che è accaduto.
Ecco che dobbiamo vivere un passo alla volta ci dice, ci suggerisce Abdulkareem, perché a parte guerre e carestie chi conosce la nostra fine?
Tenta di rispondere il poeta e traduttore e scrittore iracheno con Massima conclusiva:
Come potevo sapere/ che la strada percorsa andando/ era quella del ritorno, che i sogni giacevano alle mie spalle/e che io altro non ero/ che ombra in cammino/ d’un uomo fermo.
E poi le poesie dell’infanzia, lo stupore di un bambino, chi pensava mai che da adulti saremmo restati fermi, pur muovendoci molto?
I grandi, gli uomini e le donne, sanno fare solo del male. Male circoscritto. Per ora.
Sarabad
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