Scritti apolidi
- Autore: Julio Ramòn Ribeyro
- Casa editrice: La Nuova Frontiera
- Anno di pubblicazione: 2015
Lo scrittore peruviano Julio Ramon Ribeyro, scomparso nel 1994, ha vissuto lunghi anni a Parigi. Autore di molti testi pubblicati anche in Italia, in questo libro, la cui traduzione si deve ad un gruppo di studenti della scuola di specializzazione in traduzione editoriale di Torino, aveva raccolto 200 piccoli brani, aforismi, riflessioni, pensieri, insomma scritti che non appartengono ad un genere definito, che, dice lo stesso autore,
“vagavano tra le mie carte, senza una funzione né una destinazione precisi… considerati ‘apolidi’ perché non hanno un proprio territorio letterario”.
Scorrendo le pagine di Scritti apolidi (La Nuova Frontiera, 2015), leggendo con interesse le annotazioni di vita quotidiana, l’osservazione di personaggi reali, gli incontri, gli interrogativi, le inquietudini, la contemplazione dei paesaggi, la critica a persone e strutture economiche, mi sono soffermata in modo quasi esclusivo sulle numerose riflessioni che hanno a che fare con i libri e la lettura, con la letteratura e i suoi autori, notazioni brevi o più articolate, che punteggiano l’intera raccolta.
“Quanti libri, Dio mio, e quanto poco tempo e a volte quanta poca voglia di leggerli! La mia biblioteca, dove una volta ogni libro che entrava era prima letto e digerito, si va contaminando di libri parassiti, che spesso vi arrivano non si sa neanche come e che per un fenomeno di attrazione e agglutinazione contribuiscono ad aumentare la montagna di cose illeggibili; e fra questi libri perduti, quelli che ho scritto io.”
E’ questo l’incipit di un “classico al di fuori di ogni genere”, nel quale lo scrittore parla dell’inutilità dei suoi stessi libri, libri che invece sono il nutrimento e la ragione stessa della sua esistenza, come lo sono i grandi autori che hanno attraversato il suo orizzonte culturale e che tornano continuamente nelle sue riflessioni. Divertente il suo approccio alle brutte copie che si sono perse nel tempo, gli scrittori minori, dimenticati, che hanno tentato di imitare Joyce, Kafka, Céline; insistente la critica ai critici che si servono solo di citazioni per articolare il loro pensiero…
"un autore latinoamericano cita quarantacinque autori in un articolo di otto pagine. Fra questi: Omero, Platone, Socrate, ecc... A mio parere la maggioranza di queste citazioni era inutile. La cultura non è un archivio di autori letti, ma un modo di ragionare.”
Ribeyro gira per Parigi, sale sul Métro, incontra belle ragazze, osserva gli orrendi bibelot raccolti dalle portinaie parigine, si ferma nei bar, identifica persone con la loro attività commerciale, guarda i giocatori di Borsa discendere dal maestoso edificio neoclassico, passeggia “come automi per città prive di senso”, sorseggia un espresso a Capri, osservando nella celebre Piazzetta
“vecchi panzoni in braghette corte, calzini e sandali, vecchie in bikini con viso impiastricciato….e anziani decrepiti, col cappello di paglia e la giacca di lino, che vagano nel pomeriggio soleggiato tastando col bastone la loro ultima estate”.
Uno sguardo attento e malinconico su quanto lo circonda, la voglia di scriverne, di fermare le immagini con l’uso sapiente della scrittura, che concepisce come
“Uno dei fenomeni più belli ed enigmatici che di possano concepire. Il punto di convergenza tra l’invisibile e il visibile, tra il mondo della temporalità e quello della spazialità”.
Nella raccolta vi sono pagine liriche, pagine polemiche, pagine malinconiche, che spingono il lettore attento a riflessioni sulla solitudine, sul trascorrere del tempo, sull’amore nelle sue più diverse forme, sui ricordi, sul mestiere dell’artista e la sua eredità.
Ma ancora i libri sembrano avere il posto d’onore negli scritti di Ribeyro, “libri che sanno così tante cose e sono così silenziosi”, libri raccolti in biblioteche private (un anacronismo a suo giudizio) e pubbliche, piene di tutto ciò che si desidera leggere e, malgrado ciò, conclude lo scrittore:
“Crediamo, contro ogni evidenza, che il libro sia una garanzia di immortalità e costruire una biblioteca sia come edificare una tomba di famiglia nella quale ci piacerebbe assicurarci il nostro loculo”.
E allora consiglio a tutti gli amici lettori e bibliofili di tenere in biblioteca questo libro, piccolo e prezioso.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Scritti apolidi
Lascia il tuo commento