La Buona Scuola non è una riforma che ha riscosso molti consensi e questo non è un mistero per nessuno, tanto che anche Matteo Renzi, il cui governo l’ha introdotta, ha dichiarato qualche giorno fa che è “una riforma che scontenta tutti”.
Ad esprimere lo scontento questa volta sono i dirigenti scolastici che hanno visto i loro poteri ridimensionati dopo l’approvazione delle deleghe alla riforma che hanno introdotto diverse novità. Ora i presidi minacciano rifiuti nello svolgimento dei ruoli assegnati che rischiano di influire sulla gestione delle scuole.
Se qualche mese fa, infatti, erano gli insegnanti a lamentare un ruolo spropositato dei presidi che, di fatto, avevano ottenuto più potere, dopo le deleghe che hanno smussato alcuni aspetti della riforma, sono i dirigenti ad esprimere tutto il loro disappunto.
Buona Scuola: anche i presidi non ci stanno
I dirigenti scolastici, dunque, tramite l’Anp - l’Associazione Nazionale Presidi a cui aderisce il 51% dei dirigenti - hanno espresso il loro rifiuto per una riforma che assegna loro molti compiti da svolgere, ma non il potere adeguato per gestirli.
Lo scontro è aperto e vede almeno tre attori: il Miur che con la riforma ha prima assegnato e poi ridimensionato il potere dei dirigenti; gli insegnanti che fin dall’inizio hanno lamentano un eccessivo potere per i presidi; i dirigenti scolastici che adesso protestano contro il poco potere a loro assegnato.
Una riforma costata circa tre miliardi e che lo stesso Renzi ha detto già di voler rivedere qualora vincesse le primarie del Partito Democratico. E se è lo stesso Renzi a criticarla, il pensiero che in realtà sia stata solo un inutile dispendio di risorse ed energie diventa più che un dubbio.
Buona Scuola: ecco la protesta dei presidi
I dirigenti scolastici, dunque, hanno già annunciato diverse proteste, alcune delle quali si tradurranno nel rifiuto di svolgere determinati compiti a loro assegnati.
Così, i presidi hanno deciso che non effettueranno la selezione degli insegnanti ad agosto, che non accetteranno nuovi incarichi e rassegneranno le dimissioni da quelli non obbligatori già rivestiti. Inoltre, i dirigenti non accetteranno reggenze di nuovi istituti e non si presenteranno dal giudice per conto degli avvocati al fine di difendere gli istituti.
Non è finita qui: non invieranno neppure i documenti per farsi valutare e non faranno riempire nelle loro scuole i questionari da parte del Miur, Invalsi, Indire e Regioni.
Il problema è stato anche il clima in cui i dirigenti scolastici hanno dovuto lavorare la scorsa estate, ad esempio: la fretta di dover scegliere i docenti per poi veder entrare nelle loro scuola persone diverse da quelle selezionate, soprattutto a causa degli interventi di sentenze e sindacati che hanno agito sulla mobilità.
Così è stato necessario sostituirli e prevedere supplenze, in un’enorme macchina burocratica che, secondo i dirigenti, assorbe tutte le loro energie, non permettendogli di vivere più la scuola e di conoscerla come dovrebbero.
Burocrazia e scadenze che puntualmente vengono vanificate dagli accordi dei sindacati dei docenti e che poi costringono i dirigenti a rivedere le decisioni prese e a trovare il modo di arginare i vuoti.
A quanto pare, dunque, il clima è sempre più caldo all’interno delle scuole, in un diatriba che coinvolge tutte le parti in causa e che rischia di avere serie ripercussioni sul funzionamento dei vari istituti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Scuola: tutti contro la riforma. Ora anche le proteste dei dirigenti scolastici
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