Er nemico (o Er nemmico) è una poesia di Trilussa risalente agli inizi del Novecento. Trilussa, poeta e scrittore romano, è noto per le sue opere in dialetto romanesco, caratterizzate da uno stile informale che esprime i concetti in una forma accessibile mantenendo un fascino poetico. Tra i temi delle sue poesie possiamo trovare i più classici, come l’amore e la natura, fino a soggetti di natura politica e sociale. Qualunque sia l’oggetto delle sue opere, Trilussa è noto per la schiettezza nel condividere le proprie idee, non astenendosi dall’utilizzare un linguaggio disinibito per rendere più incisivi i suoi messaggi. Come nella riflessione sulla natura fugace dei desideri umani, sviluppata con maestria nella poesia La stella cadente, dove affronta il tema attraverso un linguaggio autentico e poco filtrato.
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Nella poesia Er nemico, recuperabile nella raccolta ancora in commercio Cento favole (Mondadori 2003), Trilussa utilizza una metafora per veicolare dei messaggi sociali e politici. Ancora una volta il poeta in pochi versi costruisce una composizione apparentemente semplice, al cui interno nasconde una riflessione acuta sulle dinamiche sociali universali. Infatti, nonostante la poesia sia stata scritta nel 1919, il contenuto rimane attuale a distanza di oltre cento anni.
Leggiamo il testo e scopriamone il significato latente voluto dal suo autore.
Er nemico di Trilussa: testo
Un Cane Lupo, ch’era stato messo
de guardia a li cancelli d’una villa,
tutta la notte stava a fa’ bubbù.
Perfino se la strada era tranquilla
e nun passava un’anima: lo stesso!
Nu’ la finiva più!
Una Cagnola d’un villino accosto
je chiese: – Ma perché sveji la gente
e dài l’allarme quanno nun c’è gnente? –
Dice: – Lo faccio pe’ nun perde er posto.
Der resto, cara mia,
spesso er nemmico è l’ombra che se crea
pe’ conserva’ un’idea:
nun ce mica bisogno che ce sia.
Er nemico di Trilussa: l’analisi della poesia
La poesia Er nemico si svolge in pochi versi netti e concisi. Un cane lupo, che deve fare da guardia ai cancelli di una villa, abbaia giorno e notte, senza sosta, anche quando non c’è niente che possa rappresentare un pericolo. Abbaia costantemente, anche quando la strada è vuota. Un altro cane, che si trova alla villa accanto, gli chiede perché continua ad abbaiare, allarmando tutti intorno, anche quando non c’è motivo. Il cane da guardia gli risponde che lo fa per non perdere il posto, perché minacciando con l’abbaio la prospettiva di un pericolo, può conservare l’idea che il suo lavoro sia veramente indispensabile, anche se la strada è vuota e non c’è nessuno da cui stare in guardia.
Con questa e altre poesie raccolte nel libro Cento favole, Trilussa eredita una tradizione che vede come proprio padre putativo lo scrittore greco antico Esopo. Questo è celebre per essere l’iniziatore di ciò che ora noi consideriamo “favola”, cioè componimenti brevi, in genere con personaggi che sono animali personificati, con lo scopo esplicito di comunicare una morale. Il poeta romano attua lo stesso principio con questa poesia. I due personaggi canini hanno dei ruoli e dei comportamenti tipici animali ma riflettono una dinamica sociale tipica dell’uomo. Chiaramente l’intento di Trilussa non è quello di comporre un’osservazione zoologica sui comportamenti dei cani da guardia in relazione ad un pericolo, ma di partire da essi per sottolineare un atteggiamento politico che è osservabile anche oggi.
Er nemico di Trilussa: significato nascosto
Nella metafora del poeta il cane da guardia rappresenta lo stato, la classe sociale o qualunque gruppo egemonico che detiene il potere. Questa entità che mantiene poteri e responsabilità di tutta la società, difficilmente ha intenzione di perdere questo privilegio, per questo “abbaia” costantemente. Fa vedere a chi gli permette di mantenere il potere, che il proprio lavoro è indispensabile perché ci sono dei pericoli esterni che deve affrontare per difendere la massa. Quando i pericoli incombenti non ci sono più, il rischio che l’attenzione della massa si rivolga a chi detiene il potere, giudicando le loro azioni, si alza sempre di più. È qui che il bisogno di creare delle minacce esterne si fa impellente, per riportare nuovamente l’attenzione lontana da sé.
In questo periodo storico, negli ultimi decenni, questa strategia si è potuta osservare nelle politiche xenofobe e razziste di alcune fazioni, che per raccogliere più consensi ha “abbaiato” forte contro immigrati e profughi stranieri. L’idea sta nel trovare una causa facilmente comprensibile delle difficoltà di uno stato, evitando di assumersi responsabilità o di agire in contesti più difficili. Con l’idea di un nemico comune e la promessa di eliminarlo con la forza, è più semplice attirare i consensi e farsi paladini del benessere collettivo.
Nonostante Trilussa non abbia vissuto gli eventi contemporanei, è chiaro con questa poesia che avesse compreso già all’epoca le strategie politiche di questo tipo. Riconfermando ancora una volta grande lucidità, il poeta romano riesce a stendere in pochi versi una riflessione profonda sulla società, con un linguaggio efficace e divertente e una metafora perfetta nella sua semplicità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Er nemico” di Trilussa: significato nascosto e analisi della poesia
Condivido il vostro commento ma lo trovo vagamente di parte solo se riferito, come voi fate, a chi abbaia contro gli immigrati che, come la cronaca dimostra ogni giorno, stanno diventando un pericolo sempre più pressante. Chi oggi abbaia su pericoli invece inesistenti, e l’intera opposizione. Quindi la poesia di Trilussa è valida per gli uni e per gli altri, a seconda delle situazioni. Grazie
Potrebbe anche essere un monito per il popolo. Smettere di abbaiare significherebbe abbassare la guardia verso il potere che è sempre pronto a sottometterti