Il sonetto, nome che deriva dal provenzale "sonet" cioè piccolo suono, è stato "inventato" dal siciliano Jacopo da Lentini, uno dei massimi esponenti della scuola siciliana. Dalla Sicilia il componimento poetico sale in Toscana e diventa la principale forma di composizione tra i poeti del Dolce stil novo.
Il sonetto petrarchesco
Costituito da quattordici versi, di solito endecasillabi, distribuiti in due quartine e due terzine con rime disposte secondo determinati schemi (più spesso secondo lo schema ABAB ABAB CDC CDC, a rima alternata e incatenata), il sonetto raggiunge il suo massimo picco grazie a Francesco Petrarca e al suo Canzoniere.
Si suole solitamente indicare il sonetto come petrarchesco se la composizione poetica segue lo schema precedentemente indicato (due quartine a rima alternata + due terzine a rima incatenata).
Il sonetto nel Cinquecento
Dopo un periodo di relativo offuscamento, il sonetto riprende vigore nel Cinquecento e sono soprattutto le donne ad adottarlo nelle loro poesie. Spiccano tra le autrici di sonetti Isabella Morra e Vittoria Colonna, ma anche il grande Michelangelo si dilettò a comporre. Celebre infatti la sua Caro m’è il sonno, che però non segue pedissequamente lo schema petrarchesco.
Giunto in Inghilterra grazie a sir Thomas Wyatt, nobile colto e raffinato vissuto alla corte di Enrico VIII, il sonetto cambia schema.
Wyatt tradusse Petrarca trasformando i quattordici versi in tre quartine e un distico, con schema ABAB CDCD EFEF GG.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sonetto: caratteristiche ed evoluzione
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