Con Ultimo sogno, che nel 1894 confluisce in Myricae a chiusura della raccolta, Giovanni Pascoli ci ha lasciato un piccolo enigma difficile da risolvere.
Il componimento si presta infatti a più interpretazioni, sebbene restino intatte le tematiche care all’autore, quelle della famiglia, della vita e della morte su tutte. Attraverso un linguaggio fortemente allusivo e ricco di simboli, Pascoli ci guida all’interno di un sogno non immediatamente decifrabile ma carico di significato, di riferimenti e di richiami che, da personali, sfumano abilmente nell’universalità.
Vediamo la parafrasi e l’analisi del testo.
“Ultimo sogno” di Giovanni Pascoli: testo
Da un immoto fragor di carrïaggi
ferrei, moventi verso l’infinito
tra schiocchi acuti e fremiti selvaggi...
un silenzio improvviso. Ero guarito.Era spirato il nembo del mio male
in un alito. Un muovere di ciglia;
e vidi la mia madre al capezzale:
io la guardava senza meraviglia.Libero!... inerte sì, forse, quand’io
le mani al petto sciogliere volessi:
ma non volevo. Udivasi un fruscìo
sottile, assiduo, quasi di cipressi;quasi d’un fiume che cercasse il mare
inesistente, in un immenso piano:
io ne seguiva il vano sussurrare,
sempre lo stesso, sempre più lontano.
“Ultimo sogno” di Giovanni Pascoli: parafrasi
Da un rumore continuo di carri
di ferro, che si muovevano verso l’infinito
tra forti colpi e sussulti incontrollati
giunse un improvviso silenzio. Ero guarito.Se ne era andata la nuvola della mia malattia
come in un soffio. Veloce come un battito di ciglia:
e vidi mia madre accanto al letto:
io la guardavo senza stupirmi.Ero libero! Forse incapace, quando io
avessi voluto sciogliere le mani al petto:
ma non lo desideravo. Si sentiva un rumore,
sottile, continuo, che sembrava di rami di cipressi,quasi come se fosse un fiume che cercava il mare
che non c’era, in una pianura infinita:
io ne seguivo l’inutile sciacquio,
sempre uguale, sempre più lontano.
“Ultimo sogno” di Giovanni Pascoli: analisi metrica e figure retoriche
Ultimo sogno è una poesia in versi endecasillabi suddivisi in quattro quartine secondo lo schema rimico ABAB.
Nel testo sono presenti diverse figure retoriche:
- enjambement: “carriaggi / ferrei” (vv. 1-2); “fruscio / sottile” (vv. 11-12); “mare / inesistente” (vv. 13-14);
- similitudini: “quasi di cipressi” (v. 12); “quasi d’un fiume che cercasse il mare” (v. 13);
- anastrofi: “le mani al petto sciogliere volessi” (vv. 5-6);
- allitterazioni di "f", "s" e "r": “fragor… carrïaggi… ferrei… fremiti” (vv. 1-3); della “s”: 4° e 5° strofa;
- metafore: “era spirato il nembo del mio male / in un alito” (vv. 5-6);
- onomatopea: "sussurrare" (v. 17).
“Ultimo sogno” di Giovanni Pascoli: i possibili significati
Ultimo sogno è una lirica complessa e misteriosa dal significato tutt’altro che chiaro. A riguardo esistono varie interpretazioni, a cominciare dal titolo stesso. Infatti è lecito chiedersi: qual è l’ultimo sogno cui Pascoli fa riferimento?
Tre le ipotesi:
- potrebbe trattarsi dell’ultimo sogno del delirio dovuto alla febbre prima della guarigione
- il sogno della vita intesa come malattia da cui si guarisce solo morendo
- il sogno della morte.
Il poeta guarisce improvvisamente da una malattia (oppure sogna che ciò avvenga) provando un senso di liberazione che sembra equivalere al morire. I rumori fastidiosi descritti all’inizio rappresentano gli inevitabili affanni e i grandi dolori dell’esistenza, che si fanno sempre più lontani e indistinguibili mentre l’autore si immerge in un ameno paesaggio di pace dove si scorgono i filari di cipressi e un fiume che confluisce in un mare che non esiste.
Sognare, dunque, lo salva dalla sofferenza e gli permette di accedere a un’altra dimensione, forse l’aldilà, descritta in maniera tutt’altro che negativa, bensì come un luogo di serenità e luce.
A un certo punto Pascoli nota la madre, deceduta da tempo, al suo capezzale, di fianco al letto, ma non si stupisce di tale visione, forse perché consapevole di trovarsi in un contesto onirico dove tutto è possibile, anche rivedere i propri morti.
Ma qual è il vero significato di Ultimo sogno? Probabilmente un insieme di quanto detto finora, poiché un’interpretazione non esclude l’altra e ciascuna di esse fornisce un tassello essenziale alla sua comprensione.
Analisi della poesia: il Simbolismo e la ricostituzione del nido spezzato
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A conclusione di Myricae, nell’edizione del 1894, Pascoli inserisce una delle sue liriche più criptiche, dal significato sfuggente e, forse, molteplice.
A proposito di Ultimo sogno il critico Luigi Baldacci ha affermato che esso è “il risultato più alto di tutto il Simbolismo pascoliano” in cui
veramente l’ambiguità è estrema, e non è delucidabile secondo gli schemi di una grammatica o di una sintassi.
Un’opera complicata dunque, dal linguaggio fortemente ambiguo e metaforico, dove elementi e tematiche si mescolano senza suddividersi in confini netti, creando un insieme di grande suggestione. Nella compenetrazione fra vita e morte, realtà e sogno, tra loro indistinguibili, si manifesta uno degli aspetti fondanti non solo della poetica pascoliana ma della corrente simbolista del Decadentismo, alla quale il poeta di San Mauro appartiene e di cui, in Italia, è riconosciuto come il massimo esponente.
Ma se Ultimo sogno si caratterizza per la spiccata originalità compositiva, le tematiche, al contrario, non si discostano dal resto della produzione letteraria di Pascoli.
Anche qui è presente il concetto ricorrente del “nido spezzato”, del mondo familiare ed affettivo che la morte ha ridotto in frantumi e lo spasmodico desiderio che ne deriva di rimetterne insieme i pezzi, di ricostruirlo, di tornare alla quotidianità appagata, calda e protettiva dell’infanzia. Un’aspirazione che la realtà impedisce ma che può realizzarsi in sogno, quando ogni cosa diventa possibile, anche ricongiungersi ai propri morti.
Nella sfera onirica, che rappresenta un rifugio e al tempo stesso un modo per sfuggire alla nuda e cruda verità dei fatti, Pascoli ritrova la madre perduta in tenera età e da questa illusoria riunificazione trae forza e speranza.
L’artista descrive la medesima esperienza, ancora una volta sospesa fra immaginazione e concretezza, in un’altra poesia di Myricae per certi aspetti simile, Sogno, dove addormentandosi, oltre alla mamma, rivede il padre e i cari defunti.
Anche se il pensiero della morte turba profondamente Pascoli, egli non la considera, in fondo, del tutto disgiunta dalla vita, della quale fa inevitabilmente parte, e allo stesso modo non vede come separati e distanti fra loro il mondo dei vivi e quello dei morti.
I familiari che si trovano dall’altra parte del cielo non gli sono lontani; anzi, il legame che li unisce prosegue al di là e a dispetto dell’assenza fisica in modo persino più tenace, ed essi continuano a vegliare su di lui, a proteggerlo e ad amarlo senza che niente, sotto questo aspetto, sia cambiato.
Perché l’amore impedisce che il ricordo di chi non c’è più sbiadisca, lo alimenta e lo perpetua, e di fronte a tale miracolo neanche la morte può nulla.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ultimo sogno”, la poesia indecifrabile di Pascoli: analisi e significato
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