Sotto un cielo indifferente
- Autore: Vasken Berberian
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2013
“Vorrei chiamarti, ma non conosco il tuo nome e poi, d’improvviso sparisci, come inghiottito nel nulla”.
I gemelli Mikael e Gabriel erano nati nel 1937 a Patrasso in Grecia nel campo profughi armeno che accoglieva gli scampati ai massacri compiuti dal 1915 dai Giovani Turchi, appartenenti al gruppo politico nella Turchia nazionalista che perseguiva il fanatico obiettivo di creare un territorio abitato solo dall’etnia turca. Mikael, considerato dal padre Serop portatore di sfortuna, era stato venduto a una ricca famiglia armena di Atene. Mentre “il gemello maledetto” era cresciuto negli agi circondato dall’amore della famiglia adottiva che lo aveva mandato a Venezia a studiare presso il collegio Moorat-Raphel, Gabriel era rimasto l’unico testimone di una famiglia segnata dalla sorte.
“Vivevamo in una baracca nel campo degli armeni, dove, nonostante la miseria, ricordo ancora il profumo di timo che impregnava l’aria di giorno e quella del gelsomino che mi inebriava di notte”.
Nel 1941, a seguito dell’invasione italiana della Grecia nella II Guerra Mondiale, Serop, membro del Partito Comunista Ellenico, aveva preso la strada delle montagne. Per Satèn e suo figlio “lo scopo di ogni giornata era solo uno: sopravvivere”. Terminato il conflitto “papà ci aveva solennemente annunciato che saremmo rimpatriati, tornati nella nostra amata Armenia”. Una gigantesca propaganda, promossa da Stalin in persona, prometteva ai profughi una nuova esistenza a Erevat che sorge ai piedi del monte Ararat, simbolo degli armeni sul quale secondo la Bibbia si era arenata l’Arca di Noè al termine del diluvio universale. Ma il ritorno nella terra degli avi si era rivelato un’illusione nonostante la nascita di Novart, “bocciolo di rosa”, legatissima al fratello.
La raccolta di racconti Il giovane temerario sul trapezio (The Daring Young Man on the Flying Trapeze) dello scrittore americano di origine armena William Saroyan, storia di un disoccupato durante la recessione USA, era stato la causa della detenzione ai gulag siberiani di padre e figlio. Il kismèt (destino) condannava i Gazarian, colpevoli di aver custodito un volume che esaltava la dignità umana e che rappresentava “il prezzo che bisognava pagare per non rinnegarla”. Partendo dalla narrazione delle tragiche conseguenze della diaspora di un popolo al quale appartiene, lo scrittore, regista televisivo e sceneggiatore greco, racconta una storia che è un monito.
“Abbiamo tutti il dovere di non dimenticare quel genocidio del quale tra un anno sarà trascorso un secolo”
ci ha ricordato Berberian. L’autore compie quindi un viaggio che dalla Turchia conduce in Grecia e da qui si dipana nella gelida Unione Sovietica, in Siberia, in Canada, a Roma, a Venezia, dove la memoria di un ragazzo ritorna a quando aveva diviso i primi mesi di vita con il fratellino a lui straordinariamente somigliante.
“In certi momenti ho la sensazione di vivere la vita di un altro”.
Una scrittura lineare e precisa nella quale si rispecchia il dolore dignitoso di un’intera popolazione dispersa come sabbia nel vento.
“Il tempo è l’uccellatore che ci accalappia mentre noi crediamo di volare via”.
Il primo Medz Yeghern, Grande Crimine del Novecento, era avvenuto sotto il cielo indifferente dell’Europa e del resto del mondo, ma non si può scordare la vecchia patria memlekèt giacché
“è bella questa città figlio mio, ma nessun posto sarà come la dolce Adabazàr. Tu sei giovane, ti abituerai, ma la mia vita finisce qui”.
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