La gioia di scrivere di Wislawa Szymborska tocca una delle sue punte di massimo splendore nella poesia Sotto una piccola stella, tratta dalla raccolta Ogni caso (1972).
La poetessa premio Nobel per la Letteratura gioca con le parole, combinandole in una serie di accostamenti che in verità non sono mai casuali. Di quel “caso” che dà il titolo alla raccolta Wislawa Szymborska ha fatto la cifra stessa della sua poetica, che segue la stessa traiettoria imprevedibile della vita che non è mai governabile né programmabile fino in fondo. Attenzione, però, le poesie di Szymborska non sono mai un’accozzaglia di parole mescolate come in un gran minestrone: ogni verso ha un senso perfettamente compiuto, se non si può avverare nella realtà, ecco che si realizza nell’immaginazione.
In Sotto una piccola stella Wislawa Szymborska non descrive nulla di straordinario, solo un frammento di umana realtà che presto trasfonde la sua visione personale nell’universale. Una vita come tante, tuttavia irripetibile nella sua unicità.
La poesia si apre con un lungo elenco di scuse, “chiedo scusa” ripete la poetessa polacca: ma per cosa si scusa esattamente? Per la sua disattenzione, per la sua manchevolezza, in breve per la sua limitata umanità. Chiede scusa per non poter essere partecipe dei disagi e delle sfide del mondo - che in breve è quanto noi oggi ci illudiamo di fare attraverso i social network, scrivendo post solidali e lanciando petizioni. Wislawa Szymborska in questi versi riconosce l’esistenza di “guerre lontane”, “ferite aperte”, dolori e sofferenze, eppure al contempo ribadisce la sua estraneità a questi fatti nella quotidianità spicciola della vita. Lei che è nata appunto sotto una piccola stella e riesce a dare solo piccole risposte alle grandi domande. Consapevole di non poter afferrare che un filo dall’ingarbugliata matassa del grande mistero dell’esistenza, Szymborska rivendica tutta la sua unicità e, di conseguenza, invita anche noi a fare altrettanto. In questa poesia sembra farci una carezza, osservare con attenta curiosità il nostro frenetico affannarci quotidiano e infine dire con compassione: “Tranquillizzati, rilassati, che tanto il centro del mondo non sei tu, sei solo nato sotto una piccola stella.” Dovremmo ricordarcelo più spesso oggi che tutto sembra essere incentrato sull’ego e sul miglioramento di sé, oggi che se non ti affliggi per un terremoto avvenuto a mille miglia di distanza sei senza cuore o non ti interessi di attualità; oggi che se non sei impegnato, affaccendato e perennemente impegnato a lamentarti di qualcosa, allora non sei vivo.
Wislawa Szymborska invece sapeva leggere la vita attraverso l’arma più potente: quella dell’ironia. E nelle sue poesie restituisce pane al pane, vino al vino, dimostrandoci che l’esistenza è qualcosa di incredibilmente complicato, ma anche di inaspettatamente semplice, l’eterno fluire di qualcosa che scorre invincibilmente, senza mai fermarsi, come l’acqua.
“Sotto una piccola stella” di Wislawa Szymborska: testo
Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.
Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.
Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.
Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.
Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.
Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.
Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.
Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.
Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.
Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d’acqua.
E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,
immobile, con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,
assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.
Chiedo scusa all’albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.
Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.Verità, non prestarmi troppa attenzione.
Serietà, sii magnanima con me.
Sopporta, mistero dell’esistenza, se tiro via fili dal tuo strascico.
Non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.
Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.
Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna.
So che finché vivo niente mi giustifica,
perché io stessa mi sono d’ostacolo.
Non avermene, lingua, se prendo in prestito
parole patetiche, e poi fatico per farle sembrare leggere.(Traduzione di Pietro Marchesani)
“Sotto una piccola stella” di Wislawa Szymborska: analisi e significato
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Per comprendere appieno il testo di Sotto una piccola stella è utile focalizzarsi su uno dei versi finali, che ci fornisce la chiave di lettura dell’intera poesia:
Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.
Questa frase viene pronunciata prima dell’atto di assoluzione supremo che ancora una volta rimanda alla vita, al complesso enigma dell’esistenza: finché siamo vivi possiamo comprendere tutto, siamo il contrario del nulla, eppure quante volte siamo noi stessi la causa della nostra infelicità.
So che finché vivo niente mi giustifica,
perché io stessa mi sono d’ostacolo.
La bellezza della poesia, semplice umana, di Wislawa Szymborska è che l’autrice stessa si mette alla pari con il lettore, si sente sua simile, capisce di condividere con chiunque legge qualcosa di universale che è la natura umana.
In questi versi Szymborska rivendica la sua sensibilità, che la conduce a un’estrema presa di coscienza del dolore del mondo, un dolore che è umano, ma anche naturale, persino vegetale (chiede scusa persino all’albero abbattuto, Ndr). Ma la poetessa non si scaglia contro la natura matrigna né condanna un Dio malvagio che ha creato male il mondo; no, lei si limita ad accusare sé stessa e a scusarsi per la propria “limitata umanità”, in questa poesia professa un atto d’umiltà senza pari.
Szymborska coltiva il dubbio attraverso lo splendore luminoso della parola; gioca con le assonanze, inverte l’ordine del verso, pratica chiasmi (si veda quel tutto/tutti) e omoteleuti e infine riesce riesce a dire ciò che deve dire giungendo dritta al punto, con una precisione sorprendente, con insostenibile leggerezza. Infine rivendica semplicemente il fatto di essere sé stessa, di essere “una” - io stessa mi sono d’ostacolo, scrive - e non centomila. La sua immaginazione e la sua sensibilità abbracciano l’infinito, eppure si ritrova a essere solo lei, con le sue mani che portano vasi di fiori, con le sue dita che si pungono con le spine di quei fiori; è solo lei, Wislawa Szymborska, nata sotto una piccola stella.
Nonostante la repentina evoluzione tecnologica degli ultimi anni nessuno di noi possiede ancora il dono dell’ubiquità, malgrado proviamo con ogni mezzo ad avere una parola su tutto, un’opinione su tutto, dobbiamo riconoscere che c’è sempre qualcosa che ci sfugge. Per questo fa sorridere e riflettere questa piccola poetessa polacca premio Nobel, dai capelli bianchi e il sorriso gentile, che con assoluta semplicità si scusa di “non potere essere ovunque”. Abbiamo mai pensato di scusarci per questo? Abbiamo mai imparato a considerare i nostri limiti, oltre ai nostri obiettivi?
Eppure, forse, non si rendeva conto Wislawa che in fondo il dono dell’ubiquità lei lo possedeva: attraverso le sue parole era davvero arrivata ovunque.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Sotto una piccola stella” di Wislawa Szymborska: l’infinito nella semplicità
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