

Inserita nella raccolta poetica Acque e terre, “Solitudini” è una poesia di Salvatore Quasimodo del 1930, che al suo interno cela dei versi celebri, che poi daranno vita a un altro componimento, uno dei più conosciuti del poeta siciliano e dell’intera corrente ermetica.
Scopriamoli insieme analizzando il testo e il significato della poesia.
“Solitudini” di Salvatore Quasimodo: testo della poesia
Una sera: nebbia, vento,mi pensai solo: io e il buio.Né donne; e quellache sola poteva donarmisenza prendere che altro silenzio,era già senza visocome ogni cosa ch’è mortae non si può ricomporre.Lontana la casa,ogni casa che ha lumi di vegliae spole che picchiano all’albaquadrelli di rozzi tinelli.Da alloraascolto canzoni di ultima volta.Qualcuno è tornato, è partito distrattolasciandomi occhi di bimbi stranieri,alberi morti su prode di stradeche non m’è dato d’amare.Ognuno sta solo sul cuor della terratrafitto da un raggio di sole:ed è subito sera.
Qual è la poesia nascosta nel testo di “Solitudini”?
Non è difficile riconoscere, all’interno di “Solitudini” di Salvatore Quasimodo, tre versi celebri che sono diventati quasi un esempio emblematico della corrente ermetica, che funzionano sia come sintesi del componimento più ampio sia come entità autonoma, ovvero:
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
Si tratta della poesia “Ed è subito sera”, una delle più conosciute di Quasimodo e dell’intero ermetismo. Questi tre versi, isolati alla fine del componimento, distillano in poche, emblematiche parole l’essenza della condizione umana descritta nella poesia, funzionando come una sorta di epilogo che racchiude il senso di fragilità e solitudine esistenziale esplorato nel testo.
La struttura, breve e incisiva, nasconde un significato profondo: ogni individuo è solo, esposto alla luce effimera di un momento di felicità (il “raggio di sole”), prima che l’oscurità (la “sera”) cali inevitabilmente.
Proprio per la sua immediatezza e universalità, il frammento finale del componimento ha acquisito fama autonoma rispetto al resto della poesia; tuttavia, inserito nel contesto di “Solitudini”, esso appare ancora più emblematico, poiché emerge come punto finale e culminante dopo un viaggio esistenziale attraverso il senso di fragilità del vivere umano.
Analisi metrica e stilistica della poesia “Solitudini” di Quasimodo
La poesia “Solitudini” di Salvatore Quasimodo è composta da ventuno versi liberi, privi di rima e di una struttura metrica regolare: questo utilizzo del verso libero è tipico dell’ermetismo, corrente letteraria di cui Quasimodo fu uno dei massimi esponenti. La poesia si compone di cinque strofe, anche queste di struttura e lunghezza variabili.
L’andamento irregolare della poesia, segnato dall’alternanza di versi lunghi e brevi, contribuisce a creare un ritmo spezzato, un effetto accentuato anche dalla punteggiatura - che provoca pause frequenti nell’andamento del testo - e dall’uso di enjambement come “ogni casa che ha lumi di veglia / e spole che picchiano all’alba”, oppure “senza prendere che altro silenzio, / era già senza viso”; in particolare, questi ultimi due versi traducono in forma sintattica frammentata la frattura emotiva del poeta.
Il testo è ricco di immagini simboliche, come le sinestesie - un elemento chiave della poesia ermetica - come “mi pensai solo: io e il buio”, in cui la solitudine viene associata al senso visivo e percettivo (“il buio”), a rafforzare la condizione di solitudine e isolamento; e ancora il celebre “trafitto da un raggio di sole”, un’immagine visiva che richiama contemporaneamente dolore e bellezza.
Inoltre, la contrapposizione tra le due immagini “buio” e “sole”, poste quasi agli antipodi del testo, genera un’antitesi che culmina nel climax finale, il quale racchiude l’immagine del raggio di sole che illumina brevemente l’individuo prima che sopraggiunga la “sera”.
Il componimento è attraversato da un parallelismo, ovvero “Qualcuno è tornato, è partito distratto”, e da ripetizioni come “solo”, che si ripete nei versi 2, 4 e 19.
Il tono della poesia è elegiaco, alternando momenti di meditazione intima a immagini più concrete, servendosi di uno stile essenziale e frammentato, tipico dell’ermetismo, che punta a condensare significati profondi in poche, essenziali parole.
Le immagini simboliche evocano sensazioni di solitudine e caducità della vita, accentuate da parole chiave come “buio”, “sole” e ‘sera’, che assumono un valore universale, legato al ciclo della vita e alla fine inevitabile.
“Solitudini” di Salvatore Quasimodo: il significato della poesia
I temi centrali della poesia “Solitudini” di Quasimodo sono la solitudine e l’isolamento: il poeta descrive un momento in cui si sente solo, e immerso nel “buio”, un’oscurità che non è solo fisica, ma anche interiore, uno stato di vuoto emotivo e disconnessione dagli altri.
L’evocazione di una figura femminile “senza viso” e “morta” simboleggia la perdita di un legame affettivo, richiamando il tema del ricordo sfocato di un amore, che appare ormai lontano e irrecuperabile.
Il poeta si sente estraneo alla vita quotidiana e agli ambienti familiari: le case illuminate e le attività domestiche rappresentano una realtà rassicurante, ma sono percepite come irraggiungibili, sottolineando il senso di disconnessione e alienazione, come se il poeta vivesse in un mondo che non riesce più ad amare, una sensazione espressa da lui stesso nel diciottesimo verso:
“che non m’è dato d’amare.”
La poesia culmina nei tre versi finali, divenuti celebri come componimento a se stante:
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
Questa chiusa rappresenta una riflessione universale sulla breve durata della vita, sulla fragilità della condizione umana e sull’ineluttabilità della morte, dove “ognuno sta da solo”, una condizione di isolamento esistenziale che accomuna tutti gli esseri umani.
“Trafitto da un raggio di sole” è un’immagine ambivalente: il “raggio di sole” appare come un momento di gioia e bellezza, ma è anche un momento effimero che anticipa il dolore e la fine, la“sera” che chiude il componimento, che diventa metafora della fine inevitabile di ogni esistenza.
La poesia, quindi, riflette pienamente la visione pessimistica ed esistenzialista della vita, tipica della poetica di Quasimodo e del movimento ermetico: l’isolamento emotivo descritto dal poeta non è solo un’esperienza personale, ma è elevata a un piano universale, che mostra come la solitudine e la caducità della vita siano elementi ineliminabili della condizione umana, un breve bagliore di luce prima che cali il sipario dell’oscurità definitiva.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Solitudini” di Salvatore Quasimodo: i versi che nascondono la più celebre poesia
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