Neri Pozza nella sua collana “Bloom” pubblica Splendore e viltà (2020, titolo originale The Splendid and the Vile: A Saga of Churchill, Family, and Defiance During the Blitz, traduzione di Raffaella Vitangeli, pp. 704), dello scrittore statunitense Erik Larson, già autore de Il giardino delle bestie (Neri Pozza 2012), incentrato sulla figura di Sir Winston Churchill (Woodstock, 30 novembre 1874 – Londra, 24 gennaio 1965), politico, storico, giornalista e militare, Primo ministro del Regno Unito dal 1940 al 1945 e dal 1951 al 1955, nel periodo cruciale della storia d’Inghilterra del Novecento.
Splendore e viltà
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Solo un conflitto sa trarre dal genere umano gesti di splendore, generosità e coraggio e mettere in luce episodi di viltà, tradimento e disonore. Durante la II Guerra Mondiale vi fu un’intera popolazione europea, capitanata dal suo leader, che in nome della libertà e nonostante i continui bombardamenti, soprattutto notturni, seppe impedire quello che ciascun individuo teme di più. L’invasione del proprio territorio da parte di truppe nemiche. Per far ciò, un uomo, un Premier, uno dei più grandi leader della storia, sapeva di poter offrire alla popolazione “sangue, fatica, lacrime e sudore”, “Blood, toil, tears and sweat”. Fu questo il succo del celebre discorso alla Camera dei Comuni del Parlamento del Regno Unito, il 13 maggio del 1940, dopo che il 10 maggio Giorgio VI aveva conferito a Churchill l’incarico di Primo Ministro del Regno Unito.
In questo libro, che si legge come un romanzo, Larson non scrive una vera e propria biografia di Winston Churchill, ma piuttosto un racconto intimo, incentrato sulla vita dell’uomo politico britannico e sulla sua ristretta cerchia. Le ore più buie e quelle più luminose, il dolore e le risate e “i piccoli ma curiosi episodi che rivelano come fosse veramente la vita durante le tempeste d’acciaio di Hitler”. Nel periodo tra il maggio 1940 e il maggio 1941 Churchill diventò quel Churchill, che ricordiamo ritratto nelle tante fotografie con il simbolico segno di vittoria, il famoso saluto usato in mille occasioni, il bulldog con l’immancabile sigaro in bocca. Fu in quel periodo che il Premier tenne i suoi memorabili discorsi, dimostrando al mondo e a un “certo” Hitler il significato di due parole: coraggio e leadership.
Il 1° settembre 1939, le truppe tedesche per volere di Hitler occuparono la Polonia. Il 3 settembre 1939, la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania, consapevole che da quel momento in poi i bombardamenti aerei sarebbero stati violentissimi, perché il dittatore tedesco mirava a invadere l’isola britannica. “Sconfiggere l’invasore” era il volantino che raggiunse milioni di case, voluto dal Ministero dell’Informazione, nato non per rassicurare, ma per avvisare.
“Dove il nemico atterrerà, i combattimenti saranno violentissimi”.
Iniziò l’oscuramento, le città e i villaggi smontarono i segnali stradali e limitarono la vendita di mappe ai soli titolari di permessi rilasciati dalla polizia, il governo distribuì trentacinque milioni di maschere antigas ai civili che le portavano con sé ovunque, anche in chiesa, e le tenevano a portata di mano accanto al letto durante la notte. Nel maggio del 1940 puntuali i primi bombardamenti della Luftwaffe, di gran lunga superiore alla Royal Air Force, che si concentrarono su Londra, cinquantasette notti consecutive di martirio, ma quello fu solo l’inizio dei raid notturni sulla capitale del Regno Unito.
È nell’ora più buia, che occorre più che mai una leadership forte, un condottiero, un comandante di polso. Il Premier britannico Neville Chamberlain, il 7 e l’8 maggio vide sfiduciata la sua leadership con il Dibattito sulla Norvegia e per questo fu costretto alle dimissioni. Il 10 maggio i tedeschi invasero la Francia e lo stesso giorno Winston Churchill diventò Primo Ministro. Il segugio Winston sapeva che la Gran Bretagna prima o poi avrebbe vinto la guerra, anche se sembrava impossibile, ma il Premier era anche consapevole che la prima sfida stava nel convincere tutti gli altri: i suoi connazionali, i suoi ministri, i comandanti militari e, soprattutto, il presidente americano, Franklin Delano Roosevelt. Churchill subito colse una verità fondamentale: non avrebbe mai vinto la guerra senza l’intervento degli Stati Uniti. Da sola la Gran Bretagna si sarebbe limitata a tener testa alla Germania, ma solo la potenza industriale americana era in grado di assicurare l’eliminazione definitiva di Hitler e del nazionalsocialismo. Occorreva però raggiungere al più presto tali obiettivi. Ecco perché il 13 maggio del 1940, Churchill pronunciò alla Camera dei Comuni il suo primo e più celebre discorso:
“Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi la più terribile delle ordalìe. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e sofferenza. Voi chiedete: qual è la nostra linea politica? Io rispondo: fare la guerra per terra, mare, aria. Guerra con tutta la nostra potenza e tutta la forza che Dio ci ha dato, e fare la guerra contro una mostruosa tirannia insuperata nell’oscuro e doloroso catalogo del crimine umano. Questa è la nostra linea politica. Voi chiedete: qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una parola. È la vittoria. Vittoria a tutti i costi, vittoria malgrado qualunque terrore, vittoria per quanto lunga e dura possa essere la strada, perché senza vittoria non c’è sopravvivenza”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Splendore e viltà: Erik Larson racconta “l’ora più buia” del popolo britannico
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