Sprecata
- Autore: Marya Hornbacher
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Corbaccio
È un’autobiografia dolorosa, quella di Marya Hornbacher. Ha solo ventitré anni mentre la scrive, eppure a lei sembrano molti di più. Sente il peso di una vita intera passata a distruggersi. Sprecata (Corbaccio, 1998, trad. E. Campominosi) è infatti un viaggio attraverso l’inferno dei disturbi alimentari, viaggio iniziato quando Marya è solo una bambina. Quando a cinque anni, per la prima volta, si guarda allo specchio e pensa di essere grassa. E quando poi, a nove anni, un giorno qualunque, mentre sta mangiando tranquillamente davanti alla televisione, all’improvviso si alza, va in bagno, si caccia le dita in gola e vomita. Marya ancora non lo sa, ma la sua discesa verso la bulimia è appena iniziata. Nel giro di pochissimo tempo sarà impossibile tenerla sotto controllo, anzi, sarà la bulimia ad avere il controllo della sua vita.
Quando mangiare per poi vomitare subito dopo inizia a diventare davvero estenuante, Marya cerca di risolvere il problema alla radice. È il cibo che le causa tanta sofferenza, quindi, semplicemente, deve smettere di mangiare. L’anoressia è la sua ancora di salvezza. Ogni alimento viene scelto con cura, ispezionato, poi ridotto, fino a essere definitivamente eliminato dalla sua alimentazione. Marya diventa sempre più grande, ma il suo peso è quello di una bambina. Alcol, droga, esperienze sessuali precoci e promiscue completano il quadro di un’esistenza sull’orlo del tollerabile. E infatti, a più riprese, Marya crolla. Sono diversi i ricoveri ospedalieri che si susseguono negli anni, nel tentativo di farle riprendere peso e di farle accettare la propria persona per quello che è, corpo compreso.
Marya Hornbacher è stata a un soffio dalla morte, eppure ha sorpassato ogni previsione e, a distanza di anni, può raccontarci tutto questo. Forse alcuni disturbi non si sconfiggono mai veramente, ma possiamo imparare a essere più forti e tenaci di loro.
“A posteriori, mi accorgo di aver fatto una cosa semplicissima: un atto di fede. E credo che questo abbia costituito la differenza. Mi sono aggrappata all’unica cosa che mi sembrava reale, cioè a un principio etico di fondo: dato che ero viva avevo la responsabilità di restare viva e di impiegare la vita che mi era stata data. […] Come una volta mi ero chiesta che cosa sarebbe accaduto se fossi dimagrita, avevo cominciato a domandarmi che cosa sarebbe successo se avessi smesso. Ne è valsa la pena.”
Sprecata: Autobiografia di un'anoressica bulimica che è tornata alla vita
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