Dal 22 marzo al 30 luglio 2023 il Mudec (Museo delle Culture) di Milano ospita Dalì, Magritte e il Surrealismo, una mostra che offre una panoramica completa dell’universo surrealista europeo.
Riguardo al movimento nel nostro Paese, in ambito letterario ne è presente l’eco in Alberto Savinio, Tommaso Landolfi, Antonio Delfini; nel “Realismo magico” di Massimo Bontempelli, nel teatro dell’ultimo Pirandello, nella novellistica di Aldo Palazzeschi con frange fino a Dino Buzzati. È d’obbligo un passo indietro sulle origini del movimento.
Le origini del Surrealismo
Il movimento nasce in ambito letterario per estendersi alle arti visive e al cinema proponendo un abito mentale basato sull’accettazione dell’irrazionale.
Il Surrealismo nasce in Francia negli anni Venti del secolo scorso per azione di un gruppo guidato dal poeta André Breton (1896-1966) legato alla rivista Littérature. I suoi studi di neuropsichiatria a Parigi e l’esperienza presso centri psichiatrici durante la Prima guerra mondiale influirono sul suo orientamento letterario e culturale, con l’aggiunta della conoscenza del pensiero di Freud.
Dopo la rottura con i dadaisti, il movimento assume i suoi caratteri definitivi con il Primo Manifesto del 1924. Nel corso del decennio i contrasti politici interni lo indeboliscono, al punto che negli anni Trenta perde spinta propulsiva ed incisività.
Pur sulla scia della spinta antiborghese delle avanguardie artistiche del primo Novecento, questo movimento rifiuta il progresso, di cui isola la forza distruttiva, ponendosi agli antipodi del militarismo futurista. Lo fa in nome di una nuova umanità il cui orizzonte valoriale si dovrà fondare su amore, libertà, poesia.
La paternità del termine è attribuita ad Apollinaire. Breton lo intende come “realtà superiore” da identificare con l’inconscio. È degna di nota l’interpretazione surrealista della psicanalisi freudiana che sintetizzo così. L’arte mira a liberare quanto rimasto sepolto nell’inconscio dell’individuo: sogni, desideri, erotismo, follia.
L’arte deve esprimere l’inconscio in cui reale e immaginario si saldano senza contraddizione. Per questo motivo sul piano tecnico viene applicata la cosiddetta “scrittura automatica”. Di cosa si tratta? È un metodo di scrittura (écriture automatique) teorizzato da Breton che la definì efficacemente come "fotografia del pensiero".
Consiste nel rifiuto di ogni logica morfosintattica a favore di libere associazioni:
La scrittura è dettata dal pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale.
Lo scopo è dare il via libera ai contenuti celati in fondo alla psiche, scatenare il meraviglioso derivante da accostamenti insoliti, abbandonandosi al flusso magmatico con cui le immagini prendono corpo nella nostra mente. Questa tecnica permetterebbe di cogliere la realtà nascosta dell’inconscio senza censura e mediazione razionale. Le conseguenze sono due: scrittura e disegno vengono composti quasi in uno stato di ipnosi. Il movimento tende a valorizzare la produzione artistica di bambini, pazzi, primitivi che non hanno lo scudo di cultura e convenzioni sociali. La scrittura automatica favorì l’esplorazione di nuove tecniche come il “flusso di coscienza” usato da James Joyce nell’Ulisse.
Non confondiamoli con Marinetti dove termini e segni non seguono tracciati casuali. Infatti gli artifici grafici (il grassetto e font diversi) sottolineano l’intensità dei suoni come in Zang Tumb Tuuum. Adrianopoli, ottobre 1912. Oppure, si veda Il pallone turco frenato, gli artifici grafici compongono un calligramma, rappresentando l’oggetto del testo stesso.
A proposito del “meraviglioso” la differenza con la lirica barocca è netta. Per Marino esso - frutto di ars e ingenium – è volto a stupire il lettore. Per i surrealisti il meraviglioso - celato nella nostra psiche - ha solo bisogno di essere liberato per prendere forma nella creazione artistica che, talvolta, mutua dal dadaismo l’intento protestatario estraneo al Seicento. I risultati più consistenti della scrittura automatica si ebbero nella poesia, ma si trattò sempre di un automatismo controllato. L’atto della scrittura non può diventare un magico automatismo psichico. Una pratica destinata al fallimento che non tiene conto della qualità del prodotto finale cui i surrealisti aspiravano, i futuristi no.
Nel Laboratorio del Mudec i visitatori possono cimentarsi con la tecnica della scrittura automatica.
Ecco un testo di Paul Éluard dal titolo Prima al mondo (Première du Monde, Ndr) che esemplifica i principi della poetica surrealista.
Prima al mondo di Paul Éluard: testo e commento
Prigioniero della pianura, sciocco agonizzante,
La luce su di te si nasconde, vedi il cielo:
Ha chiuso gli occhi per prendere il tuo sogno,
Ha chiuso il tuo vestito per spezzare le tue catene.Davanti alle ruote tutte legate
Un ventilatore ride a squarciagola.
Nelle reti insidiose dell’erba
Le strade perdono il loro riflesso.Non puoi prendere le onde
Le cui barche sono le mandorle
Nel tuo palmo caldo e coccoloso
O nei riccioli della tua testa?Non puoi accettare le stelle?
Sparpagliate, assomigliate a loro,
Nel loro nido di fuoco dimori
E il tuo splendore si moltiplica.Dall’alba imbavagliata un solo grido vuole sgorgare,
Il sole scorre sotto la corteccia.
Si poserà sulle tue palpebre chiuse.
O dolce, quando dormi, la notte si mescola al giorno.
Sarebbe un controsenso proporre la parafrasi di un testo surrealista.
Vedete le immagini giustapposte oniriche, illogiche, sorprendenti che si susseguono in cinque strofe? Dove giace la chiave per decifrare “ruote annodate”, “il ventaglio che ride”, “l’alba imbavagliata”? Forse è celata negli abissi della psiche di chi scrive. Ciò che conta è l’impatto evocativo, non l’indice di decifrabilità.
E l’impatto è molto suggestivo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il Surrealismo in mostra al Mudec di Milano: le origini e la poetica
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