Tre tuoni
- Autore: Marina Closs
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2024
Tre monologhi, narrazioni in prima persona con uno stile che rimanda al modernista flusso di coscienza, tre storie potenti di donne.
La prima è Vera Pepa, anche detta “Gran Monte”. La giovane appartiene all’etnia indigena dei Guaranì. Racconta la sua vicenda dolorosa di donna prigioniera di pregiudizi atavici. Il parto di due gemelli e la morte di una dei due bimbi le attirano l’inimicizia della sua comunità che crede che il parto gemellare sia determinato da un adulterio. Vera Pepa è anche una donna del suo tempo, vittima di mille preconcetti, costretta ad accettare il dolore.
“”Nel villaggio, quando ero ragazzina, mi hanno insegnato che non
bisogna mai avere dei gemelli. Gli dèi, loro ti mandano solo un’anima per volta. E se i corpi dei neonati sono due, allora sono maledetti e per questo vanno abbandonati. La madre non deve neppure azzardarsi a dargli un nome, e la donna che non ha marito non deve vedere, toccare o ascoltare il pianto dei gemelli.”
La seconda donna arriva in Argentina, a Misiones, dalla Germania, insieme al fratello. Si chiama Demut e ha solo quindici anni. Tra i due un legame incestuoso. Anche Demut è una vittima inconsapevole, cerca l’ amore e la comprensione, in realtà è circondata da chi la giudica ed è pronto a sfruttarla
“Ciao, mi siedo e vi parlo. Ciao a voi, mi siedo e vi parlo. Mi chiamo Demut. Non sono di qua, sono nata in un altro paese.
Sono arrivata da un altro posto, e adesso mi siedo e vi parlo. Ve lo dico:
non andatevene, statemi a sentire. Sono nata in un altro luogo, e questo vuol dire che sono nata e poi sono partita. Sono arrivata qua, ma prima sono nata in un altro luogo. Non so se mi spiego bene. Adesso vi racconto tutto.
Voi non andatevene e statemi a sentire. Forse non parlo bene, lo so. Provo a dire quello che riesco. Là era tutto diverso, un’altra cosa, un altro paese, un altro. Il freddo, quello me lo ricordo bene. Mi ha portato via mio fratello.
Sono stata con lui, eravamo come sposati. Ero una ragazzina, avevo quindici anni. Ho accettato per salire sulla nave.”
Infine Adriana, studentessa di arte, inquieta e in ricerca cerca di prendere consapevolezza della sua sessualità e del suo corpo.
“Ciao a tutti, mi chiamo Adriana.
Ciao, sono Adriana, tossisco, tossisco. Vengo da un altro posto.
Non dirò da dove. Non so se vi interessa. Sono seduta su una
poltrona e ho pensato di stare per sputare e per graffiarmi.
Non ho niente. Sono seduta, sto al mio posto.
Ho ricamato i vestiti di questo spettacolo.
In questo teatro tutte le ballerine mi fanno pena. Ho l’impressione che camminino come se il cervello gli pesasse fino alla punta delle dita. La forza mentale con cui usano il corpo mi intristisce. Penso che la danza sia un ostacolo tra loro e la musica. Ma se le guardo, è pure vero che mi piacciono.”
Il primo racconto, cupo e doloroso è incentrato sulla morale distorta, sulla repressione e il senso del peccato. Il secondo parla dello sradicamento di chi lascia la sua nazione e si ritrova a cambiare vita, situazioni, lingua cercando una sua nuova identità.
Il terzo invece ruota intorno a una donna che attraverso la sperimentazione nei rapporti sessuali cerca l’affermazione del sé.
I Tre tuoni del titolo sono le tre donne che cercano comunque di conoscere e conoscersi, ma anche la rottura folgorante che le loro scelte di vita, inconsapevolmente anticonformiste, possono avere.
Marina Closs adegua la sua scrittura a ciascun personaggio, cambiando di registro e stile attraverso una narrazione mai banale, forte e appassionata.
Argentina, nata nel 1990, la giovane scrittrice appartiene alla nuova generazione della scuola narrativa latino americana. Il romanzo Tre tuoni è edito in Italia da Gran Via Edizioni.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Tre tuoni
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