La sentiamo spesso questa espressione latina, tu quoque. Ma sappiamo cosa significa? E chi l’ha detta? E perché a volte, chi la pronuncia o la scrive, non si limita al tu quoque ma declama "tu quoque, Brute, fili mi"? Scopriamo insieme cosa significa questa frase e chi l’ha pronunciata per primo.
Tu quoque: cosa significa, chi l’ha detto e perché
L’espressione latina tu quoque è la forma abbreviata di una celebre frase che si ritiene tradizionalmente attribuita a Giulio Cesare e che è "tu quoque, Brute, fili mi?". La frase per intero significa "anche tu, Bruto, figlio mio?". Tu quoque dunque significa anche tu.
L’espressione tu quoque si usa oggi, ancora in latino, per esprimere un certo stupore, rammarico e rimprovero, anche soltanto in tono ironico, nello scoprire determinate azioni di una persona. In particolar modo questa espressione viene usata quando si coglie in fallo una persona che si riteneva irreprensibile, oppure quando si ritiene di essere stati abbandonati o traditi in qualche modo da una persona ritenuta amica, fedele e leale. Le motivazioni di ciò sono da ricercare nella forma estesa della frase e nella sua storia. Infatti, secondo la tradizione, la famosa espressione latina "anche tu, Bruto, figlio mio?" venne pronunciata da Giulio Cesare pochi istanti prima di morire.
Militare, console, dittatore, pontefice massimo, oratore e scrittore romano, forse il più celebre di tutti i tempi, con l’assunzione della dittatura a vita Giulio Cesare diede inizio a un processo di radicale riforma della società e del governo, riorganizzando e centralizzando la burocrazia repubblicana. Le sue azioni non erano ben viste da tutti e il suo operato provocò la reazione dei conservatori. Tanto che un gruppo di senatori, capeggiati da Marco Giunio Bruto, Gaio Cassio Longino e Decimo Bruto, cospirò contro di lui uccidendolo. Il 15 marzo del 44 a.C., alle Idi di marzo, Giulio Cesare venne accerchiato e pugnalato per ben ventitré volte.
Tra i cospiratori c’era Marco Bruto, una persona molto cara a Cesare.
Alcuni sostengono che Marco Giunio Bruto, ufficialmente figlio di Marco Giunio Bruto (Il vecchio) e Servilia, amante di Giulio Cesare, fosse in realtà figlio naturale di quest’ultimo. Chiaramente non ci sono prove, ed è possibile che l’espressione "figlio mio" della celebre frase sia intesa in senso metaforico, di persona cara o amata come un figlio. Resta vero, per alcuni studiosi, che Giulio Cesare nutriva un profondo affetto per Bruto, ma non aveva fiducia in lui.
Altri studiosi invece, considerando il fatto che Cesare non nutriva particolare fiducia in Marco Giunio Bruto (per cui risulterebbe strano lo stupore di un tradimento), affermano che la frase sarebbe stata rivolta a un “Bruto” diverso e avanzano il nome di Decimo Giunio Bruto Albino. Amato e protetto da Cesare, che gli assegnò come provincia la Gallia Cisalpina per il 43, il consolato per il 42 e lo iscrisse perfino nel suo testamento come secondo erede, sembrerebbe per alcuni più credibile che il Bruto in questione fosse appunto lui.
Sempre secondo la tradizione, la risposta di Bruto a "tu quoque, Brute, fili mi?", dopo aver pugnalato anche lui Cesare, sarebbe stata "Sic semper tyrannis!" ("Così sempre ai tiranni!").
Anche nella celebre opera Giulio Cesare di William Shakespeare, il dittatore rivolge le sue ultime parole famose a Bruto, con un inserto in latino nel testo originale in inglese: "Et tu, Brute? Then fall, Caesar." ("Anche tu, Bruto? Cadi, allora, Cesare.")
Conoscevate il significato e la storia dell’espressione latina tu quoque? Siete curiosi di scoprire altre dieci espressioni latine da conoscere assolutamente? Vi aspettiamo nei commenti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Tu quoque: cosa significa e chi l’ha detto
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perchè in questo caso "anche" non è tradotto con "etiam" ?