Una Carmen sui generis
- Autore: Valentina Dell’Aversana
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2022
Breve saggio di critica musicale, analisi registico-teatrale di una messa in scena operistica ma anche una ricerca attenta alla rappresentazione di genere in uno spettacolo di lirica, alla luce dei recenti studi di Gender musicology: tutto questo è il contenuto di un volumetto di 74 pagine, un approfondimento decisamente accurato in un prodotto destinato ai musicofili e nemmeno di primo pelo, oltre a quanti siano attratti dai temi del femminismo e della parità tra i sessi dal titolo Una Carmen sui generis, pubblicato da Atlantide Editore di Latina (ottobre 2022, 74 pagine) a firma di Valentina Dell’Aversana, diplomata in canto lirico, laureata in psicologia e filosofia, soprano e autrice di libri di cultura musicale.
Non ancora trentenne, ma pluripremiata in concorsi lirici e già con un discreto repertorio di esibizioni in diversi ruoli, propone una sua analisi della performance esaminando l’allestimento dell’opera di Bizet per la regia dello spagnolo Calixto Bieito nel 2016, sul palcoscenico del Teatro Massimo di Palermo.
Tutto esaurito nel capoluogo siciliano, per una versione registica personalissima che ha creato scalpore. Una Carmen nella quale la violenza e la sensualità della vicenda vengono esaltate dal regista teatrale catalano, chiacchierato per le sue interpretazioni radicali di opere classiche.
La vicenda è spostata nel Novecento e la carnale sigaraia entra in scena litigando con uno spasimante in un cabina telefonica. La stampa commentava quell’allestimento - debuttato una quindicina d’anni prima nel Gran Liceu di Barcellona - mettendo in evidenza la scelta del vulcanico Bieito di raccontare una storia d’amore, di morte, in particolare di violenza di genere, tra un soldato e una donna, sublimata dalla consapevolezza che Carmen non è un mito soltanto ispanico ma universale, come lo sono Lulù, Salomè ed Elettra.
Una rappresentazione carica di violenza ed erotismo,
fortemente intrisa di simboli dei sud del mondo, fin dalle scene di Alfons Flores, è una versione che trasuda violenza e sensualità e un forte scontro tra maschile e femminile.
Bieito ha trasferito l’ambientazione dalla tradizionale Andalusia di fine Ottocento a una caserma militare di mezzo secolo fa, mentre ha mutuato la scena dei contrabbandieri, compagni della sigaraia, da un viaggio alla frontiera tra Ceuta e il Marocco, dove per i traffici venivano usate vecchie Mercedes.
L’autrice sostiene di aver voluto offrire al lettore un’analisi della performance, nella quale i paradigmi musicali e compositivi si fondono con quelli interpretativi e rappresentativi, per dar vita all’opera teatrale con un “significato sempre nuovo e quanto mai attuale”.
Aggiunge che la Carmen di Bizet è particolarmente adatta ad analizzare le problematiche di genere in musica. La configurazione drammaturgica e musicale è fortemente condizionata da paradigmi narrativi attinenti proprio alle dinamiche maschile-femminile e e alla sessualità. Costituiscono il nodo cruciale, tanto per il compositore che per l’ascoltatore.
L’analisi della soprano-saggista si estende alle scelte registiche in alcuni momenti cruciali della partitura, in cui la musica delinea in “quel senso” le identità dei personaggi.
La Carmen è stata composta da George Bizet nel 1873-1875, su libretto di Meilhac e Halévy completato direttamente dal compositore, che rivide anche il testo della Habanera. La storia si basa sull’omonima novella di Prosper Mérimée che aveva già sollevato scandalo trent’anni prima. Sebbene il libretto edulcori non poco la vicenda rispetto al crudo racconto originale in prosa, la versione lirica venne accusata di eccessivo realismo dei personaggi, in confronto agli standard abituali dell’Opera-Comique.
Spiccano inoltre due coniugazioni della femminilità occidentale: la donna-provocatrice, rappresentata dalla sigaraia gitana Carmen, e la donna-angelo Micaela, fidanzata del matador Escamillo, a sua volta controparte del sanguigno militare Don José.
Le origini zingare della sensuale Carmen erano un compromesso con la moralità esasperata dell’Ottocento francese. Si può ritenere che il prorompere sulla scena del travolgente erotismo della protagonista venisse accettato solo grazie al filtro dell’alterità: pur turbato da questa spudorata presenza femminile, il pubblico borghese era rassicurato dalla sua appartenenza a una cultura diversa. Associare l’erotismo a un’etnia precisa moderò l’impatto sui valori e sull’etica collettiva del tempo.
Bieito si è peraltro impegnato a svincolare Carmen dal cliché della famme fatale e l’ha rappresentata semplicemente come una donna,
null’altro che sé stessa nella sua complessità, come la esprime magistralmente in musica Bizet.
Una figura femminile consapevole di sé che aspira alla propria libertà, ama la vita e il brivido del desiderio, decisa a viverlo in ogni componente. Se i lavori di Bieito possono sembrare provocazioni, non sono mai fini a se stesse e il suo intento è di pensare e far pensare. Concepisce ogni opera come un riflesso diverso della brutalità del mondo, col palcoscenico che si fa scenario della quotidianità e le opere che diventano campi di battaglia per le lotte umane. Nell’esasperazione dei sentimenti e delle passioni messe in scena, i personaggi cadono in balia delle pulsioni. Sessualità e morte vengono espresse senza mezzi termini, ma vi sono esaltate anche la vita e la speranza.
Come suggerisce Bieito stesso, la sua Carmen non cerca la morte, vuole vivere e sentirsi viva.
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