Per comprendere il termine utopia, il suo significato, l’etimologia e la definizione occorre intraprendere un breve excursus non solo in ambito linguistico ma anche nella storia della filosofia, nella letteratura e nelle teorie politiche che si sono succedute nel corso dei secoli.
Di origine greca, il termine utopia, ha trovato fin dall’antichità largo uso principali teorie filosofiche e politiche che ne hanno via via affinato la definizione e specificato il significato. Non di meno il concetto di utopia ha avuto una vasta eco anche in campo letterario; in entrambi i casi questo termine o, meglio, questa idea, ha avuto molteplici alfieri e altrettanto acuti detrattori: alcuni ne hanno esaltato la necessità e l’utilità, altri ne hanno messo in luce le contraddizioni e i pericoli che essa cela al suo interno.
Già dall’etimologia del termine utopia, inoltre, appare chiaro che questo termine ha uno stretto collegamento con distopia, un altro concetto che ha avuto particolare fortuna nella letteratura novecentesca e contemporanea e di cui dovremo, almeno brevemente, accennare al significato e alla definizione.
Utopia: l’etimologia del termine
Anche se, come già anticipato sopra, il concetto di utopia ha trovato larga applicazione fin dall’antichità, il termine vero e proprio fu coniato nel XVI secolo dall’umanista e filosofo inglese Tommaso Moro che nel 1516 titolò la sua opera più famosa, “Utopia”, con questa parola.
Si trattava, quindi, di un neologismo composto dalle voci ‘ū’ = ‘non’ e ‘tópos’ = ‘luogo’ e fu coniato per indicare un “luogo che non esiste”, nel caso specifico un’isola immaginaria, che funge da ambientazione dell’omonimo romanzo, un luogo inesistente, ideale e idealizzato.
Occorre, però, notare anche che Tommaso Moro intese giocare sul significato del termine attraverso la sua pronuncia la particella greca ‘ū’ o ‘ou’ che ha valenza negativa viene pronunciata in inglese con lo stesso identico suono della particella greca “eu” che ha valenza positiva e significa bello, buono (cfr. in proposito l’etimologia e il significato di termini quali eufemismo o eugenetica).
In buona sostanza, Tommaso Moro, con il termine utopia non voleva indicare solo un luogo inesistente ma anche un luogo buono e bello o, meglio felice, un posto dove, nella narrazione, era stata fondata una società perfetta dove gli uomini vivevano in pace e in prosperità.
Da questo breve approccio con l’autore al quale il concetto di utopia viene più facilmente e più frequentemente associato abbiamo individuato, quindi, il primo significato del termine:
- un modello immaginario di società perfetta che realizza pienamente un ideale politico e morale e dove gli uomini vivono, o possono vivere, in prosperità e in pace;
Il termine utopia ha, però, anche un secondo e altrettanto diffuso senso:
- un ideale irrealizzabile, un progetto perseguibile ma non attuabile, una speranza, un’aspirazione che non può avere attuazione;
questa seconda accezione si ottiene per estensione del significato etimologico (non luogo) ed è quello che trova nel lessico comune la maggiore attuazione al giorno d’oggi. Sono, ad esempio, utopie ideali politici e sociali come l’uguaglianza tra tutti gli uomini o la pace nel mondo ma anche quei desideri, quei sogni, quelle illusioni in cui spesso le persone si cullano, pur rendendosi facilmente conto che esse non hanno alcuna probabilità di essere realizzate.
Il significato di utopia nel pensiero filosofico e politico
Per cogliere appieno il significato del termine utopia è opportuno affrontare un rapido excursus nella storia della filosofia: anche se, come già detto sopra, questo neologismo fu coniato da Tommaso Moro nel XVI secolo, in realtà si tratta di un concetto già utilizzato nell’antichità e che tanta parte ha avuto anche nella società contemporanea.
Già Platone, nella “Repubblica”, riprendendo alcuni aspetti del pensiero di Ippodamo, cerca di rispondere alla domanda che cos’è la giustizia? E delinea un modello di stato ideale, capace di rappresentare e incarnare l’idea di giustizia, che pur non esistendo in nessun luogo della terra, doveva essere assunto come principio che guidasse la convivenza umana.
Il pensiero utopico ha, dunque, in Platone, la funzione di indicare all’uomo la struttura (di una porzione) del mondo ideale e la strada per realizzarlo: la filosofia, infatti, oltre alla contemplazione del mondo delle idee ha il compito di sanare la frattura presente tra mondo ideale e mondo reale e deve indicare agli uomini la strada per sollevarsi il più possibile dalla realtà sensibile alla conoscenza intellegibile.
Nella IV Ecloga delle “Bucoliche” Virgilio canta il ritorno a un’età dell’oro sinonimo di pace e armonia: si tratta di un mito poetico che non ha alcuna sfumatura politica e che, invece, esplicita una profonda ansia di rigenerazione, auspicando una natura non ostile all’uomo e priva di malvagità. Il mito dell’età dell’oro sarà ripreso in età moderna da Torquato Tasso, nell’“Aminta”.
Anche nel Medioevo sono presenti opere di carattere utopico, nel senso pieno del termine, come quelle dell’abate calabrese Gioacchino da Fiore che, intorno al 1100, tematizzo le attese millenaristiche presenti nella società ed espresse una forte ansia di rivolgimento complessivo delle strutture sociali: si trattava non solo di aspirazioni di giustizia e di uguaglianza ma anche di un profondo esercizio critico nei confronti di un presente che tradiva le promesse messianiche proprie del cristianesimo: la storia dell’umanità è, infatti, interpretata come la storia della realizzazione del Regno di Dio sulla terra e delle difficoltà di questo cammino che si compirà alla fine dei tempi.
Considerare l’asse teologico che guida la visione storica dell’uomo medievale è importante per cogliere un altro aspetto essenziale del nostro discorso: in ogni filosofia della storia (e la riflessione di Gioacchino da Fiore è considerata talvolta come il primo tentativo, aurorale e indefinito, di filosofia della storia) è presente una componente utopica.
Nel Rinascimento e nell’età moderna oltre alla già citata “Utopia” (1516) di Tommaso Moro, contenente una dura critica delle condizioni economiche e sociali dell’Inghilterra cinquecentesca, oltre che l’ideale di una società perfetta perché libera, afferisce al pensiero utopico anche “La città del sole” (1602) di Tommaso Campanella, che si pone come il manifesto programmatico di un’iniziativa politica e che intreccia indissolubilmente questo piano con quello religioso, filosofico e astrologico, descrivendo una città ideale regolata da un ferreo ordine. Anche la Nuova Atlantide (1627) di Francesco Bacone, ispirandosi alla città leggendaria di cui già Platone parlava nel “Crizia”, delinea l’utopia di un’unione tra scienza e tecnica dove la tecnologia sarebbe stata in grado di risolvere molti dei problemi quotidiani degli uomini e gli scienziati avrebbero avuto un ruolo determinante.
Tra il XVIII e il XIX secolo pensatori quali Henri de Saint Simon, Charles Fourier e Pierre Joseph Proudhon teorizzarono una forma di socialismo che venne poi definito utopico da Marx, proprio per distinguerlo dal suo socialismo scientifico. Nelle loro opere questi teorici predicavano l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, la fine della famiglia come nucleo basilare della società la necessità di risolvere il contrasto tra città e campagna. Si trattava di ideali che andavano realizzati, attraverso la via riformista, perché ritenuti di per sé migliori e più giusti delle strutture sociali all’interno delle quali era stati concepiti: è questa la principale differenza con il marxismo che, attraverso un’analisi scientifica delle condizioni economiche e sociali, attribuisce un peso determinante alla classe operaia, alla quale assegna la funzione storica portare a piena maturazione le contraddizioni insite nel capitalismo e di realizzare il socialismo, attraverso la lotta rivoluzionaria e non attraverso la via riformista.
Nel 1918 con “Lo spirito dell’utopia” e, poi, con “Il principio speranza” (1953-1959), Ernst Bloch sviluppò una forma di marxismo utopico dove intese, con questo termine, “il non essere ancora” ovvero non una realtà illusoria ma una realtà che si sarebbe potuta realizzare in futuro.
Bloch vede la storia come il susseguirsi di una serie di tentativi di liberazione dell’uomo da differenti strutture di dominio che ne opprimono la vera identità e il marxismo, che in questa teoria assume un ruolo preponderante, come la forza rivoluzionaria concreta capace di attuare tali tentativi.
Il pensiero utopico è stato anche profondamente criticato, soprattutto da Karl Popper che ne “La società aperta e i suoi nemici” gli ha contrapposto un modello riformista e gradualistico e ha evidenziato come il metodo proprio del pensiero utopico, di definire un piano volto a riplasmare l’intera società (i bersagli polemici di Popper sono soprattutto Platone, Hegel e Marx), oltre a non riuscire a fronteggiare problemi e situazioni impreviste, conduce al totalitarismo. Per Popper solo attraverso le istituzioni democratiche e la libera iniziativa di singoli e gruppi sociali è possibile risolvere problemi e perfezionare le soluzioni ad essi, elaborate e attuate in precedenza.
Utopia: la definizione fornita dalla letteratura
Ora che abbiamo chiarito il significato del concetto di utopia in ambito filosofico possiamo più agevolmente comprendere alcune delle definizioni che di esso ha offerto la letteratura, in particolare nel Novecento.
Gli scrittori che si sono accostati a questo tema, e a quello correlato di distopia (un’utopia negativa), hanno evidenziato soprattutto il senso di angoscia che nel secolo scorso ha colto l’uomo, oppresso da una società caratterizzata dal predominio della tecnica e di ideologie sempre più pervasive e talvolta totalitarie. In questo quadro desolante l’uomo contemporaneo ha avuto la sensazione, sempre più netta, che la sua esistenza fosse costantemente manipolata e che anche le stesse emozioni potessero essere, in qualche modo messe in pericolo, relegate nell’interiorità dell’animo umano o, nei casi peggiori, cancellate. Lo dimostrano bene opere come “1984” di George Orwell e “Il nuovo mondo” di Aldous Huxley.
L’utopia ha comunque mantenuto, al contempo, anche la propria valenza positiva: insita in tutte le aspirazioni libertarie e in tutti i tentativi di critica sociale verso situazioni di fatto – come ben dimostrano il Maggio francese e Sessantotto – è un concetto che alimenta il potenziale rivoluzionario di concezioni politiche affinate per realizzare un bisogno di rinnovamento sociale e un’aspirazione, tutta umana, verso un mondo migliore che difficilmente possono considerarsi esaurite, anche ai nostri giorni. Lo dimostrano bene due definizioni di utopia, fornite dalla letteratura:
“Una carta del mondo che non contiene il Paese dell’Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo perché non contempla il solo Paese al quale l’Umanità approda di continuo. E quando vi getta l’àncora la vedetta scorge un Paese migliore e l’Umanità di nuovo fa vela. Il progresso altro non è che il farsi storia delle utopie” (Oscar Wilde)
“L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare” (Eduardo Galeano)
Un consiglio di lettura, infine, per comprendere che l’utopia è forse, più che un concetto o un’idea, una componente indispensabile della mente umana alla quale difficilmente l’uomo riuscirà a rinunciare. Il collettivo di scrittori Wu Ming esordì, alla fine degli anni Novanta, sotto il nome di Luther Blissett, con il romanzo “Q”, un romanzo storico che, tra l’altro, si sofferma su una pagina poco nota della storia del Seicento e sulla figura Thomas Müntzer; il suo volto campeggia anche su un muro, alla fine di via dei Sabelli, nel quartiere romano di San Lorenzo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Utopia: significato, etimologia e definizione
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buonasera, sarebbe possibile citare in una tesi questo elaborato? se si, sapreste indicare per favore il modo migliore per citarlo?
Gentile Marco,
certamente! Può citare questo articolo nella sua tesi come fosse un normale articolo a stampa, ricordando però di inserire, in luogo della casa editrice e del numero di pagina, il nome del portale e la data di pubblicazione. Il modo migliore di citarlo è, quindi, questo:
Simone Casavecchia, Utopia: significato, etimologia e definizione; Sololibri.net, 24 Ottobre 2017.
Quando si sarà laureato ci faccia sapere come è andata e in bocca al lupo!