Christiaan Tonnis, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons
William S. Burroughs è stato uno scrittore americano di romanzi sperimentali che evocano, in una prosa volutamente irregolare, un mondo da incubo, a volte selvaggiamente umoristico. La sua schiettezza sessuale (era un omosessuale dichiarato) e la franchezza con cui ha affrontato le sue esperienze di tossicodipendente gli hanno fatto guadagnare un seguito tra gli scrittori del movimento Beat. In occasione dell’anniversario della morte di William S. Burroughs, avvenuta il 2 agosto 1997, ripercorriamo la vita e i libri che l’hanno reso celebre, come alcuni aneddoti che non tutti ricordano, in particolare il caso che lo vide omicida di sua moglie.
William S. Burroughs: vita e opere principali
Nipote dell’inventore della prima addizionatrice scrivente, William Seward Burroughs II (nato il 5 febbraio 1914 a St. Louis, Missouri, Stati Uniti e morto il 2 agosto 1997 a Lawrence, Kansas) cresce a St. Louis in condizioni agiate, si laurea all’Università di Harvard nel 1936 e vi prosegue gli studi in archeologia ed etnologia. Stanco del mondo accademico, svolse diversi lavori. Dopo essere stato rifiutato dall’Office of Strategic Services e dalla Marina, sviluppò una dipendenza da eroina che lo colpì per il resto della sua vita, preceduta inizialmente dalla morfina. Nel 1943, mentre viveva a New York, fece amicizia con Allen Ginsberg e Jack Kerouac. La loro influenza reciproca divenne la base della Beat Generation, che in seguito ebbe un’influenza determinante sulla controcultura degli anni Sessanta.
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Burroughs ha trovato il successo con il suo primo romanzo confessionale, Junkie (1953), ma è forse più conosciuto per il suo terzo romanzo, Naked Lunch (1959). Pubblicato in Italia da Adelphi con il titolo Pasto nudo (trad. di Franca Cavagnoli), è stato oggetto di uno degli ultimi casi di censura letteraria negli Stati Uniti, dopo che il suo editore statunitense, Grove Press, è stato citato in giudizio per aver violato lo statuto di oscenità del Massachusetts.
Pur essendo fortemente sperimentale e caratterizzata dalla definizione di “narratore inaffidabile”, gran parte dell’opera di Burroughs è semiautobiografica e spesso è stata tratta dalle sue esperienze di eroinomane. Ha vissuto a Città del Messico, Londra, Parigi, nella zona internazionale di Tangeri, vicino al Marocco e ha viaggiato nella foresta amazzonica, tutti luoghi presenti in molti dei suoi romanzi e racconti.
Con Brion Gysin, Burroughs ha reso popolare il cut-up, una tecnica letteraria aleatoria che compare in opere come la Trilogia Nova (1961-1964), che racchiude i romanzi:
L’opera di Burroughs presenta anche frequenti temi mistici, occulti o comunque magici, che erano una sua preoccupazione costante, sia nella narrativa che nella vita reale.
La vita di Burroughs coincide con i racconti allucinanti delle sue opere. È il ritratto stereotipato degli “scappati di casa”, tossicodipendenti, intellettuali visionari dalle idee strampalate che girano il mondo trasportati dalla correnti gravitazionali, senza una meta e vivendo avvinghiati alla vita, come per assumerne tutta l’energia.
Nel corso di queste vite fuori dall’ordinario, chiaramente si formano storie e aneddoti spettacolari che prendono forma di racconti letterari o vengono tramandati dai testimoni e raccolte dai biografi per dare un’idea della persona di cui si parla. Burroughs non fa eccezione e la sua vita è costellata da eventi straordinari, così lontani dalla vita quotidiana da sembrare appartenenti ad un altro mondo.
Jack Kerouac nel suo libro “Sulla strada” (Mondadori, 1991, trad. di Marisa Caramella) scrive così dell’amico Burroughs:
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Ci vorrebbe una notte intera per raccontare di Old Bull Lee; per adesso diciamo solo che faceva l’insegnante, e a buon diritto, si può dire, perché passava tutto il tempo a imparare; le cose che imparava erano quelle che considerava e chiamava “i fatti della vita”; le imparava non solo per necessità, ma per scelta. Aveva trascinato quel suo corpo lungo e sottile in giro per tutti gli Stati Uniti, e in gran parte dell’Europa e del Nord-Africa, ai suoi tempi, solo per vedere cosa succedeva; negli anni Trenta aveva sposato una contessa russa in esilio solo per strapparla ai nazisti. [...] Faceva tutte queste cose solo per sperimentarle. Ora si dedicava allo studio della tossicodipendenza. [...] Passava lunghe ore coi libri di Shakespeare in grembo; il “Bardo Immortale”, lo chiamava. A New Orleans aveva cominciato a passare lunghe ore in compagnia dei codici Maya, e anche quando parlava con gli amici teneva il libro aperto in grembo. Una volta avevo detto: “Cosa ci succederà quando moriremo?”, e lui aveva risposto: “Quando si muore si muore, ecco tutto”. [...] Bull aveva un debole sentimentale per l’America dei vecchi tempi, soprattutto degli anni Dieci, quando [...] il Paese era selvaggio, rissoso e libero, libertà di ogni genere in abbondanza per tutti. La cosa che odiava di più era la burocrazia di Washington; subito dopo venivano i progressisti; poi i poliziotti. Passava il tempo a parlare e a insegnare agli altri. Jane sedeva ai suoi piedi; io anche; e anche Dean (Neal Cassady); e in passato anche Carlo Marx (Allen Ginsberg). Avevamo tutti imparato da lui.
L’omicidio della moglie Joan Vollmer
Tra gli eventi più assurdi e tragici della vita dello scrittore è inevitabile citare la morte della seconda moglie Joan Vollmer. Anche lei tossicodipendente, i due vivevano nello stesso appartamento condiviso anche con Kerouac e la moglie, prima di sposarsi e trasferirsi in Messico per i problemi legali dello scrittore. La loro vita in Messico fu a detta di tutti infelice. Privo di eroina e affetto da abuso di benzedrina, Burroughs iniziò a perseguire altri uomini quando gli tornò la libido, mentre Joan, sentendosi abbandonata, iniziò a bere pesantemente e a deridere apertamente Burroughs.
Una sera, mentre beveva con gli amici a una festa sopra il Bounty Bar di Città del Messico, un Burroughs ubriaco avrebbe preso la sua pistola dalla borsa da viaggio e avrebbe detto alla moglie: “È il momento del nostro numero di Guglielmo Tell”. La donna, che stava bevendo pesantemente ed era in astinenza da anfetamine, lo avrebbe accontentato mettendosi un bicchiere da highball in testa. Burroughs sparò alla moglie in testa, uccidendola quasi immediatamente.
Poco dopo l’incidente, Burroughs cambiò la sua versione, affermando che gli era caduta la pistola e che aveva sparato accidentalmente. Burroughs trascorse 13 giorni in prigione prima che suo fratello arrivasse a Città del Messico e corrompesse avvocati e funzionari messicani per farlo rilasciare su cauzione in attesa del processo per l’omicidio, che fu giudicato omicidio colposo. Con una sentenza che ancora lascia basiti, Burroughs venne condannato a soli due anni di carcere, pena che poi non scontò mai interamente.
Fu proprio questa tragica occasione a spingere Burroughs a scrivere, nonostante avesse già composto delle piccole opere.
Il ruolo di Kerouac e Ginsberg nella vita di Burroughs
Dopo essere scappato dal Messico, era finito a Tangeri, in Marocco, dove aveva passato settimane chiuso in una stanza d’albergo. Scrisse senza sosta della “Malattia” che lo perseguitava, cioè la sua tossicodipendenza, componendo un romanzo sperimentale dalle tinte deliranti e indecifrabili che non seguiva una trama lineare ma rappresentava al meglio la mente attorcigliata del tossicodipendente. Venne raggiunto da Kerouac e Ginsberg che lo trovarono perso sotto l’abuso delle sostanze stupefacenti più disparate, circondato da pile di fogli accatastati per tutta la stanza di quell’albergo di Tangeri. I due amici ebbero un ruolo salvifico per lo scrittore, lo aiutarono a raccogliere la montagna di materiale che aveva scritto in quelle settimane e insieme cercarono di ricomporlo in un ordine almeno lontanamente sensato per proporlo alla pubblicazione. Il tentativo disperato ebbe successo: si trattava infatti di Pasto nudo e ora quel romanzo gode di una grande nomea nel movimento beat.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: William S. Burroughs: vita, libri e il mistero dell’omicidio della moglie (che forse non conosci)
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