Si è spenta nella serata di ieri, all’età di 75 anni, la poetessa e docente universitaria Biancamaria Frabotta.
La ricordano con commozione i numerosi studenti che si sono succeduti negli anni presso l’università “La Sapienza” di Roma. Poetessa, ma soprattutto insegnante. Biancamaria Frabotta aveva il dono di saper trasmettere l’amore per la letteratura con una voce pacata e vigorosa animata da una passione che in molti oggi definiscono con un aggettivo gentile: “quieta”.
Nel cordoglio sui social network in tanti ricordano la sua saggezza animata da un entusiasmo raro. E citano il primo verso di una sua poesia, Materia prima, che oggi assume un valore emblematico:
Non stai morendo Bianca. / E fu vero il mio nome.
Parole non di congedo, ma di rinascita. Parole che oggi sembrano consegnarla a nuova vita e all’eternità inviolabile della poesia che, come una madre pietosa, “raccoglierà le spoglie delle sue creature”.
Ricordiamo la biografia, le opere e il grande amore per la letteratura di Biancamaria Frabotta.
Biancamaria Frabotta: la biografia
Nacque a Roma l’11 giugno 1946, “insieme alla Repubblica” come amava dire. Iniziò a leggere a cinque anni esercitandosi sui libri paterni: quell’incontro fatale fu l’inizio di un vizio che non avrebbe smesso mai. All’età di quattordici anni aveva già letto tutta Guerra e Pace. Pubblicò la sua prima poesia a sedici anni, vincendo un concorso indetto dalla Banca d’Italia dove lavorava il padre.
Studiò Lettere presso l’università La Sapienza di Roma laureandosi con una tesi su Carlo Cattaneo, che sarebbe stata in seguito pubblicata con una prefazione di Alessandro Galante Garrone. Nel 1969 continuò la carriera accademica come assistente borsista presso la stessa università.
Insegnare letteratura ai giovani studenti divenne il suo lavoro, e anche la vocazione di una vita. Dopo diversi incarichi come docente presso La Sapienza, nel 2001 fu eletta professore ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea.
I suoi interessi accademici in seguito si spostarono dall’Ottocento al Novecento: la prima monografia, nel 1971, la dedicò a Carlo Cattaneo, la seconda nel 1993 a Giorgio Caproni. Successivamente Frabotta ha scritto saggi e recensioni dedicati alla poetessa Amelia Rosselli, a Franco Fortini, alla scrittrice Elsa Morante.
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Nel 1989 pubblicò il suo romanzo d’esordio, Velocità di fuga, vincitore del Premio Tropea. Il libro è stato riedito proprio lo scorso 15 febbraio da FVE Editori in un’edizione corredata da una nuova prefazione dell’autrice che lo definiva in questi termini: “Fu il mio primo romanzo, fu anche l’ultimo. Forse una qualche ragione esiste, ma non quella che i maligni potrebbero sospettare”.
Nel saggio introduttivo Manuela Fraire individuava il tema centrale del libro, il suo “punto di osservazione”, nel rapporto non pacificato che ogni donna ha con l’immagine femminile e con la sua nascosta e ancora intoccabile identità sessuale.
Velocità di fuga narra il tempo inquieto della giovinezza, la scoperta di sé e del mondo da parte di una donna determinata e battagliera che si muove in una Roma vivida e riconoscibile. Lo scrittore Alberto Moravia definì il romanzo come “l’autobiografia critica di un’intera generazione e una lucida riflessione sulle nostre mutevoli, deformate identità”.
In gioventù Biancamaria Frabotta militò nel Movimento degli Studenti, durante e dopo il Sessantotto, e soprattutto nel Movimento delle Donne a partire dal 1972. In un’intervista rivendicò di aver sempre sostenuto un bisogno di realizzazione personale, come uno scatto di volontà, voleva dimostrare: “di essere una donna con una testa”. Da ragazza era stata spesso svalutata perché troppo bella, troppo accademica, persino troppo alta. Lei che avrebbe voluto solo essere “poeta”.
Nella poesia Il rumore bianco (Feltrinelli, 1982) scriveva:
Poeta o poetessa? Non come te poeta io sono?/ io sono poetessa e intera non appartengo a nessuno.
Nel 1976 pubblicò il saggio Donne in poesia, considerato un vero e proprio osservatorio della poesia femminile italiana, che diede grande rilievo alla poesia di Amelia Rosselli, Margherita Guidacci e Maria Luisa Spaziani. Nella raccolta inoltre Frabotta antologizzava per la prima volta anche Patrizia Cavalli e Vivian Lamarque, all’epoca giovanissime e ancora miscononosciute. Il volume tratta il tema della specificità del linguaggio poetico femminile, ripreso e ampliato nel saggio Letteratura al femminile (1980), che indaga le tracce del femminile anche nella letteratura maschile.
Scrisse per il teatro una serie di atti unici raccolti in Trittico dell’obbedienza (1996). Come traduttrice, ha curato con Bruno Mazzoni un’antologia della poetessa romena Ana Blandiana.
Aveva collaborato con giornali e riviste, tra cui Il Manifesto e sempre difeso l’indipendenza e l’autonomia della donna.
Nel 2013 era stata nominata socia onoraria della Società italiana delle letterate.
Biancamaria Frabotta: le opere
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Nel 2018 uscì per Mondadori la raccolta Tutte le poesie 1971-2017 di Biancamaria Frabotta che raccoglie quasi cinquant’anni della sua attività poetica.
La poesia di Frabotta si distinse, fin dagli esordi, per una peculiare limpidezza dello sguardo e un’acutissima capacità di osservazione.
È un linguaggio poetico che si addentra nella contemporaneità, cogliendone luci e ombre nel tentativo di farsi voce attiva, civile, narrando così le ragioni individuali e collettive di un intero Paese.
Via via si fa più intensa nei suoi componimenti anche la riflessione che si svolge sul senso della vita. Nei versi Frabotta sembra raccogliere il dono offerto dalla natura e anche il suo limite mortale.
Tra le raccolte più celebri di Biancamaria Frabotta ricordiamo in particolare Affeminata (Rivalba, Geiger, 1976); Il rumore bianco (Milano, Feltrinelli, 1982); La viandanza, (Milano, Mondadori, 1995); Terra contigua (Roma, Empirìa, 1999); La pianta del pane (Milano, Mondadori, 2003).
Per concludere ricordiamo una poesia tratta dalla raccolta Mani mortali (Mondadori, 2012) che sembra parlare direttamente al nostro presente e cercare di governare, ancora una volta, tramite la parola poetica il “disordine del cielo”.
Un inferno nucleare scuote la stella
che scalda il nostro pagliericcio.
Metà del combustibile è andato.
Che ne è della Madonna di Piero
ormai prossima al parto, del dio
nascosto nel suo ventre, alla sinistra
di chi guarda, oltre le tende sollevate
con industriosa indifferenza, che ne
è dei due angeli inservienti.
Appaiono tutti così giovani.
Custodi di un’attesa ormai
sapientemente inattendibile
ciascuno testimone di sé stesso.
Biancamaria Frabotta stava correggendo le bozze della sua nuova raccolta poetica Nessuno vede nessuno, in uscita a fine mese per Mondadori.
Di quei nuovi scritti, appena nati, era solita dire: “Sarà il mio ultimo libro.”
Da mani mortali
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Fonte Immagine di Copertina: Facebook.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Addio a Biancamaria Frabotta, la poetessa che ha insegnato la letteratura
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