Il 7 settembre 1911 il poeta francese Guillaume Apollinaire fu arrestato. Sul suo capo pendeva un’accusa infamante: era considerato il ladro della Gioconda.
Il capolavoro di Leonardo Da Vinci era scomparso dal Louvre il 22 agosto 1911, ma le indagini da giorni brancolavano nel buio. Un giornale parigino aveva persino offerto una ricompensa di cinquemila franchi ai chiaroveggenti perché contribuissero al ritrovamento del prezioso quadro, divenuto simbolo del museo.
Si trattava del primo vero furto di un’opera d’arte della storia.
Nel corso di queste fumose e sconclusionate indagini Apollinaire fu ritenuto da subito il principale sospettato. A tradirlo era stata una frase ironica - ma non troppo - che il poeta era solito ripetere con leggerezza nei caffè da lui frequentati: “Un giorno svuoterò i musei e li riempirò con le mie opere”.
Chi era Guillaume Apollinaire
Lo scrittore, poeta e critico d’arte Guillaime Apollinaire era già un intellettuale affermato in Francia e la vicenda del furto in cui fu coinvolto destò parecchio scandalo. Nel corso della sua vita nomade e avventurosa il poeta era stato una sorta di cavaliere errante della cultura: era giunto nella capitale francese all’età di vent’anni dopo aver trascorso l’infanzia e la giovinezza in Italia, a Parigi aveva fondato il giornale Le festin d’Esope, poi seguito dalla rivista culturale Les soirées de Paris. Nel corso degli anni Apollinaire si era affermato soprattutto come drammaturgo, commediografo e critico d’arte, ma sarebbe passato alla storia con il nome di poeta. Nel 1911 Apollinaire aveva appena pubblicato la sua prima raccolta di poesie Le Bestiaire ou cortège d’Orphée ed era ancora lontano dal successo della sua opera più famosa Alcools (1913) che avrebbe rinnovato temi e forme del canone letterario corrente rendendolo a tutti gli effetti il celebre “Poeta cubista”. Nel 1911 dunque Guillaume Apollinaire non era ancora diventato pienamente Guillaume Apollinaire “Il Poeta” e poteva benissimo essere considerato un ladro, nella fattispecie Il Ladro del Louvre.
Pochi giorni dopo l’arresto del poeta francese fu il turno del pittore spagnolo Pablo Picasso che a sua volta finì in carcere per cinque giorni. In cella Apollinaire ne aveva fatto il nome, individuandolo come suo complice.
Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso: un furto d’arte
I due si rividero faccia faccia il giorno del processo, che in realtà si rivelò una farsa. Picasso e Apollinaire si trovarono coinvolti nella vicenda loro malgrado. Non erano colpevoli, ma neppure innocenti. Il poeta e il pittore infatti avevano acquistato delle statuette di arte iberica, sottratte al Louvre dalle mani svelte di un ladro di professione di nome Joseph Géry Pieret. Era stato Pieret in persona a confessare il suo furto spaventato dalle minuziose indagini in corso al Louvre. Il ladruncolo era certo di essere il primo sospettato del caso e intendeva scagionarsi, motivo per cui rilasciò una dichiarazione direttamente al Paris Journal firmandosi “Il Ladro”. In seguito Pieret confessò di aver venduto i manufatti rubati a due acquirenti anonimi. Per gli inquirenti non fu difficile risalire ai nomi di Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso. Per primo fu arrestato Apollinaire che, una volta in carcere, non tardò a coinvolgere anche l’amico.
Nel frattempo Picasso, assalito dalla paura, si era già liberato delle statuette facendole recapitare direttamente al Paris Journal; ma ormai era troppo tardi, la polizia si era già messa sulle sue tracce.
Il giorno del processo Guillaume Apollinaire confessò ogni cosa, ammettendo di aver acquistato le statue iberiche da Joseph Géry Pieret insieme a Pablo Picasso. Il pittore spagnolo, chiamato sul banco degli imputati, ebbe una crisi di pianto isterica che gli impedì di dire alcunché. I due non erano dunque i ladri della Gioconda e furono rilasciati: il giudice, stizzito, si limitò a liquidarli con una dura ramanzina.
Per Picasso tuttavia l’esperienza del processo si rivelò traumatica, molti anni dopo durante un’intervista presso il Café de Flore di Parigi avrebbe confessato: “Provo ancora vergogna per l’affare della Gioconda”. Il processo si era concluso nel migliore dei modi, ma l’onta rimase legata ai nomi di Guillaime Apollinaire e Pablo Picasso ancora a lungo, come se il furto fosse effettivamente stato compiuto dal poeta e dal pittore.
Chi fu il vero ladro della Gioconda?
La Gioconda fu ritrovata soltanto due anni dopo. Nel 1913 fu arrestato a Firenze l’italiano Vincenzo Perruggia, un decoratore lombardo che aveva lavorato al Louvre. Perruggia era immigrato a Parigi nel 1907 per trovare lavoro e difatti fu assunto nella capitale francese come manutentore del prestigioso museo.
Forte della sua posizione per Peruggia non era stato difficile, dati gli scarsi controlli dell’epoca, staccare il capolavoro di Da Vinci dal muro e riporlo con noncuranza sotto la giacca. Mentre i poliziotti brancolavano nel buio e le indagini giungevano a un punto cieco, Perruggia tenne il dipinto nella sua abitazione per ben due anni. Ciò che lo tradì fu l’idea di consegnare il dipinto a un collezionista d’arte fiorentino Alfredo Geri.
Peruggia chiese in cambio del quadro mezzo milione di lire strappandogli inoltre la promessa che il dipinto sarebbe rimasto in Italia. Era stato uno slancio nazionalista a spingere Vincenzo Peruggia al furto: voleva che l’opera di un grande artista italiano tornasse nel proprio Paese d’origine. Per questa ragione, in Italia Vincenzo Perruggia divenne un’eroe: quando lo rilasciarono dal carcere, circa sette mesi dopo per riduzione della pena, gli fu offerta persino una colletta da un gruppo di studenti a nome di tutti gli italiani. Gli consegnarono 4500 lire. Il ladro era stato perdonato - e in parte risarcito, la Gioconda però era ritornata al suo posto, al Louvre, in Francia.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Guillaume Apollinaire, il celebre poeta accusato del furto della Gioconda
Lascia il tuo commento