Ho notato una particolare coincidenza con l’uscita editoriale della nuova fatica letteraria di Alberto Schiavone, “Ogni spazio felice”, e i festeggiamenti relativi all’8 marzo. Ho voluto pensare a questo testo come ad un particolare omaggio, che l’autore fa, all’universo femminile, alla sua complessità e alla sua bellezza. In particolare vi ho visto un tentativo di amare le donne in toto, anche quando non sono più belle, non sono più giovani, non hanno un corpo perfetto ma, al contrario, sono irriguardose, sfatte, emaciate, abbruttite dalla sofferenza e dalla malattia.
Alberto Schiavone in questo libro si è impadronito del famoso incipit di Anna Karenina per cui
“ogni famiglia è infelice a modo suo”
e ne ha costruito intorno una perfetta trama a incastro. L’infelicità
“è una ferita. Un ricordo degenerato. Le vite che non si mescolano più e anzi, come agenti di una reazione chimica azzardata, tendono a scoppiare”.
La storia narrata è semplice: Ada e Amedeo, una coppia con due figli, Alex e Sonia, lei professoressa stimata e cultrice di libri, lui vigile urbano. Un’esistenza ordinaria stravolta, ad un certo punto, da un dolore atroce, la morte di un figlio, che condanna i due a un futuro fossilizzato. Lei, in particolare, diventa un’alcolizzata cronica senza via di scampo, passa le giornate chiusa in casa, indossa vestaglie sfilacciate che nascondono un corpo sfatto, non si lava neanche più. Una depressione che raggiunge l’acme con un coma etilico. Lui assiste impotente a tutto, non ha reazioni, è pietrificato. La sua unica via di fuga è inventarsi storie, un mondo parallelo nettamente differente dal reale, perché
“Ada è tutto quello che ha. (…) Alcol per lei, rimpianti per lui”.
Un presente cavo, senza nessuna prospettiva, infatti:
“Il presente è sempre vuoto, privo di pensieri come un giardino d’estate”
la felicità fasulla scivola nella solitudine realisticamente oggettivata, la malinconia del vivere quotidiano diventa regola di vita finché Ada, come ogni donna di questo mondo, felice o infelice, riscatta un presente insostenibile grazie a un passato che la vedeva come una donna colta e affascinante e grazie all’amore per la sua famiglia, impotente e triste ma più forte di qualsiasi bicchiere di vino. È sufficiente una settimana, una discesa agli inferi più profondi, per sconfiggere definitivamente i mostri peggiori. Un ritratto di donna più positivo non si poteva concettualizzare!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La donna nello spazio immaginario di Alberto Schiavone
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