Giugno annuncia l’estate. È il mese ambasciatore del solstizio estivo, propizio per le messi e i raccolti; ecco che irrompe nella prima metà dell’anno come un raggio di sole nuovo che abbaglia.
La tradizione accosta a questo mese una denominazione rasserenante, è anche detto “il mese del sole” o “il mese della libertà”.
La descrizione più esaustiva e carica di suggestioni del mese di giugno l’ha fornita un grande poeta della letteratura italiana: Giosuè Carducci. Il rapporto con la natura è un tema centrale nella poetica di Carducci; non a caso le immagini idilliache del paesaggio aprono spesso le sue liriche facendo da corredo e contorno agli stati d’animo dell’autore.
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La natura, attraverso il suo susseguirsi continuo di stagioni, rimanda all’eternità di tutte le cose, al sentimento perenne del tempo cosmico, che conforta l’uomo dinnanzi alla fugacità della vita.
Nei componimenti di Carducci spesso il paesaggio naturale richiama l’infanzia, la prima stagione dell’esistenza in cui si guarda il mondo con gli occhi spalancati dallo stupore e un’innocenza intatta, primigenia, che l’età adulta smarrisce e confonde in un’amarezza indicibile (come accade nella struggente poesia Davanti San Guido, Ndr).
Il mese di giugno cantato da Giosuè Carducci è antico eppure sempre nuovo: il poeta è in grado di cogliere l’essenza dell’ambasciatore dell’estate, riproducendo quel preludio che ogni anno si ripete identico come una promessa mantenuta.
La lirica è contenuta nella raccolta Poesie (Zanichelli, Bologna, 1906). Scopriamone testo e analisi.
Giugno di Giosuè Carducci: testo
È il mese dei prati erbosi e delle rose;
il mese dei giorni lunghi e delle notti chiare.
Le rose fioriscono nei giardini, si arrampicano
sui muri delle case. Nei campi, tra il grano,
fioriscono gli azzurri fiordalisi e i papaveri
fiammanti e la sera mille e mille lucciole
scintillano fra le spighe.
Il campo di grano ondeggia al passare
del vento: sembra un mare d’oro.
Il contadino guarda le messi e sorride. Ancora
pochi giorni e raccoglierà il frutto delle sue fatiche.
Giugno di Giosuè Carducci: analisi e commento
La poesia si apre con una descrizione idilliaca in cui l’autore celebra il mese di giugno come un tripudio di rigogliose fioriture, un inno alla rinascita. Viene descritto un momento di luce, di splendore abbagliante in cui i giorni non sembrano finire mai perché anche le notti sono chiare, luminose schiarite dalle lucciole scintillanti.
La prima parte della poesia si concentra sull’aspetto descrittivo: tutti i sostantivi sono infatti rafforzati dall’aggettivo che li segue oppure li precede. Ecco che i fiordalisi sono “azzurri” e i papaveri “fiammanti” in un curioso accostamento volutamente ripetitivo che pare rinforzare la percezione del colore: Carducci non si limita a nominare i fiori, vuole farcene vedere i colori brillanti e vivacissimi, imprimerli come un fermo immagine nella mente del lettore.
Si può notare poi lo stretto accostamento tra giugno e la nascita: è infatti un mese fecondo per il raccolto. Il grano viene paragonato tramite una metafora a un “mare d’oro”: è come il tesoro dei pirati, le spighe sono le monete dei poveri. Non sono solo i fiori a rinascere tra i campi, dipingendoli di mille colori come il pennello di un pittore impressionista, ma anche le spighe di grano che sembrano promettere abbondanza e una nuova sazietà.
Questo tempo propizio e generoso si riflette dunque nel cuore dell’uomo e nel sorriso soddisfatto del contadino che, finalmente, dopo le dure fatiche dell’inverno potrà godere di quanto ha seminato.
Dopo l’iniziale descrizione paesaggistica, fatta di atmosfere e luci, il poeta mostra i benefici portati dal nuovo mese. Giugno è il momento del raccolto, del riposo e della sazietà, porta il bel tempo benefico che dà sollievo alle ossa stanche e riempie le pance sino all’appagamento con l’abbondanza di frutti e ortaggi ormai maturi.
Del resto, il “mese del sole” compariva persino in una delle poesie più celebri di Giosuè Carducci Pianto antico, lo struggente componimento dedicato al figlioletto Dante. Persino nell’atmosfera cupa, di morte, che pervade la nota lirica carducciana fa la sua comparsa il mese di giugno che ha una funzione consolatrice: ristora di “luce e di calor” il verde melograno, la pianta che nella mitologia antica era cara a Persefone, la dea degli Inferi.
Giugno nella poesia di Carducci ritorna come una promessa: il suo sole ardente sembra alleviare persino l’ineluttabilità della morte, dando calore alla terra. In Pianto antico il poeta se ne serviva proprio in funzione di antitesi: in contrapposizione alla morte umana c’è il ripetersi ciclico e sempre uguale delle stagioni, che ogni anno si rinnova come uno spiraglio di eternità. La luce del sole fa contrasto con la “terra negra”, allegoria della tomba: giugno è il mese del risveglio, del raccolto e della speranza, sembra non conoscere affatto la morte.
Nella lirica Giugno Carducci è capace di immortalare il preludio dell’estate in un’immagine abbagliante, perfetta e confortante nella sua pienezza, che ancora ci dà conforto facendosi ambasciatrice di felicità.
L’esplosione subitanea e improvvisa dell’estate - sembra dirci il poeta - ci annuncia che c’è un’intera vita vivere e che è tempo, finalmente, di godere di quel che abbiamo seminato.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Giugno”: la poesia di Giosuè Carducci dedicata al preludio dell’estate
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