Il 13 giugno 1865 nasceva a Dublino William Butler Yeats, poeta e drammaturgo irlandese, vincitore del premio Nobel per la Letteratura nel 1923.
Quella di Yeats è una poesia mistica e sempre ispirata, che riprende spesso i temi del folcklore e della mitologia celtica. Ciò che più affascina delle opere letterarie del poeta irlandese è il loro folgorante e fluido simbolismo.
Ne è esempio una delle sue poesie più note I cigni selvatici a Coole, un capolavoro che propone un’intensa riflessione sul passaggio delle stagioni della vita. I cigni selvatici di Yeats che planano leggeri sulla superficie dell’acqua diventano la rappresentazione stessa del tempo che inesorabilmente scorre, senza mai fermarsi, e vola via.
La prima edizione de I cigni selvatici a Coole (The wild swans at Coole, Ndr) risale alla raccolta omonima pubblicata per la prima volta nel 1917 e poi, due anni dopo, nel 1919 riedita in un’edizione ampliata.
Scopriamo testo, analisi e commento della celebre poesia.
I cigni selvatici a Coole di William Butler Yeats: testo
Gli alberi sono nella loro bellezza autunnale,
i sentieri del bosco sono asciutti,
nel crepuscolo di ottobre l’acqua
riflette un cielo immobile;
sull’acqua fra le pietre
ci sono cinquantanove cigni.Già diciannove autunni son passati
Da quando li contai la prima volta;
E prima ancora che avessi terminato
Li vidi all’improvviso alzarsi in volo
E in vasti cerchi infranti roteando sperdersi
Sull’ali clamorose.Quelle creature splendenti ho contemplato,
E mi dolora cuore. È tutto
Mutato ormai da quando nel tramonto
Su questa riva intesi per la prima volta
Come rintocchi di campana sul mio capo battere
Le loro ali, e camminavo agile.Instancabili ancora, in coppie innamorate,
Solcano quasi remando l’acqua gelida
Delle correnti amiche o ascendono nell’aria;
I loro cuori sono ancora giovani; e ovunque
Vadano errando, passione o conquista
Tuttora li accompagna.Ma ora ecco, misteriosi e belli,
Scivolano sopra l’acqua immobile;
Fra quali giunchi costruiranno il nido,
Presso che riva di lago o di stagno
Delizieranno mai gli occhi degli uomini il giorno
Che io mi sveglierò, e troverò che son volati via?(Traduzione di Roberto Sanesi)
I cigni selvatici a Coole di William Butler Yeats: analisi e commento
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I cigni selvatici di Yeats sono divenuti figure emblematiche della poesia perché celano un intero mondo di rappresentazioni simboliche. I cigni originari cui si ispirò il poeta nuotavano nel laghetto della tenuta dei Gregory, vicino alla città di Gort, nella contea di Galway, in Irlanda.
Nell’autunno del 1916, William B. Yeats soggiornava nella villa di campagna dell’amica e mecenate Lady Gregory. Si racconta che scrisse questa poesia proprio osservando il volo dei cigni che se ne andavano per migrare verso l’estate.
Quando scrisse questi versi Yeats aveva superato i cinquant’anni e la visione del volo dei cigni gli ispirò una profonda riflessione sul significato del tempo. I bianchi animali alati divennero una galleria aperta di immagini che riflettevano le stagioni della vita, cui l’autore dedicò un tributo malinconico.
I cigni nei versi di Yeats sono “creature di luce”, specchio della natura nella sua rappresentazione più misteriosa e soprannaturale. I cigni, come le stagioni infatti rifioriscono e ritornano sempre uguali, mentre il tempo incide nuove rughe sul volto dell’uomo e rende evidente la sua mortalità. Il contrasto tra gli animali e il poeta viene acuito nel corso della poesia tramite un confronto serrato: loro vivono in coppia, mentre il poeta è solo; il loro volo è agile, mentre il passo dell’uomo si fa stanco.
La poesia si apre con un inserto descrittivo che ritrae il malinconico paesaggio autunnale della tenuta dei Gregory. L’autunno diventa allegoria di un cambiamento; del resto è la stagione che più di ogni altra ricorda il significato della parola “caducità”. Il riferimento al tempo è da subito evidente nella ripresa ciclica dei numeri: i cigni sono cinquantanove, quasi quanto i suoi anni. Il poeta calcola dunque diciannove anni trascorsi dalla prima volta in cui vide gli splendidi animali selvatici.
Nella seconda parte della lirica il battito d’ali dei cigni rintocca nella mente del poeta come lo scoccare dell’ora suprema. Il loro volo improvviso rappresenta la giovinezza che se ne va lontano e non ritorna più.
Ai cigni il poeta attribuisce qualità umane, li umanizza volontariamente: sono come giovani fanciulli impegnati in conquiste e schermaglie amorose, pronti ad affrontare la vita con piglio sicuro e tenace. Con malinconia Yeats li osserva da lontano, come se guardasse il proprio passato, poiché i cigni apparentemente sono gli stessi della sua giovinezza come se il passaggio degli anni su di loro non sortisse alcun effetto. Sono rimasti identici, bianchi e magnifici, mentre il passo del poeta si è fatto più pesante gravato dagli affanni e dai ricordi.
Ora li contempla come se guardasse alle stagioni della vita ormai trascorse, agli amici un tempo amati e ora scomparsi. Il tempo della natura è ciclico e non cambia mai, mentre l’uomo invecchia e sfiorisce e negli anni si sommano le perdite.
Nel finale Yeats osserva il grande volo mentre una scheggia di rimpianto gli punge il cuore. Pensa che non saprà mai dove i suoi cigni costruiranno il loro nido. Semplicemente si sveglierà e quegli animali “misteriosi e belli” saranno scomparsi, senza un motivo.
Così come un giorno ci si sveglia e si scopre che il proprio volto allo specchio è mutato senza che accadesse nulla. La vita ci scorre accanto e non ce ne accorgiamo - ma nel volo dei cigni selvatici di Yeats è racchiusa la danza silenziosa delle ore, come un ultimo canto.
La poesia di Yeats è stata musicata nel 1986 dal cantautore italiano Angelo Branduardi che l’ha trasposta nella traccia intitolata I cigni di Coole, contenuta nell’album Branduardi canta Yeats in omaggio al poeta irlandese. Ne riportiamo di seguito un estratto.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “I cigni selvatici a Coole” la riflessione sul tempo in una poesia di William Butler Yeats
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