L’agave sullo scoglio di Eugenio Montale fa parte della raccolta Ossi di seppia, pubblicata nel 1925 da Piero Gobetti e che contiene le poesie dell’autore dal 1926 in poi. L’edizione definitiva di Ossi di seppia viene pubblicata nel 1942. Questa raccolta di poesie è frutto di una severa selezioni tra i lavori del poeta che fanno parte del suo operato più maturo. Le poesie di Montale contenute hanno elementi di connessione tra di loro.
L’agave sullo scoglio fa parte dell’ottava sezione di Ossi di seppia, "Meriggi e ombre". "Meriggi e ombre" è la sezione in cui Eugenio Montale ripercorre la storia della propria vita partendo dall’infanzia fino alle fasi mature della vita. L’agave sullo scoglio è una poesia incentrata, appunto, su un’agave, una pianta grassa aggrappata a uno scoglio, che cresce tra i sassi e raramente fiorisce e a cui il poeta si paragona. Vediamo insieme il testo, la parafrasi e l’analisi de L’agave di Eugenio Montale.
leggi anche
Eugenio Montale: vita, poetica e pensiero
L’agave sullo scoglio di Eugenio Montale: testo
O rabido ventare di scirocco
che l’arsiccio terreno gialloverde
bruci;
e su nel cielo pieno
di smorte luci
trapassa qualche biocco
di nuvola, e si perde.
Ore perplesse, brividi
d’una vita che fugge
come acqua tra le dita;
inafferrati eventi,
luci-ombre, commovimenti
delle cose malferme della terra;
oh aride ali dell’aria
ora son io
l’agave che s’abbarbica al crepaccio
dello scoglio
e sfugge al mare da le braccia d’alghe
che spalanca ampie gole e abbranca rocce;
e nel fermento
d’ogni essenza, coi miei racchiusi bocci
che non sanno più esplodere oggi sento
la mia immobilità come un tormento.
Parafrasi
O vento di scirocco rabbioso, che bruci il terreno secco di colore giallo-verde, mentre nel cielo pieno di luci fioche passa e si disperde qualche sbuffo di nuvola.
Ore trascorse a pensare, i brividi d’una vita che fugge via come acqua tra le dita; eventi incomprensibili, ombre e luci, lo scompiglio dato dalle cose che sono imprevedibili sulla terra.
O, aride ali del vento, ora sono io a essere come l’agave, che aggrappandosi e tenendosi alla roccia dello scoglio si sottrae alle braccia del mare, fatte di alghe, quel mare che spalanca voragini e afferra le rocce; e mentre lo scorrere della vita freme e i miei boccioli non possono più aprirsi, oggi percepisco questa mia immobilità come un tormento.
Analisi de L’agave sullo scoglio di Eugenio Montale
Facendo parte della sezione "Meriggi e ombre" della raccolta Ossi di seppia, la lirica narra di un paesaggio che appartiene alla vita del poeta e a cui lui si rapporta. Nello specifico Montale parla di una pianta d’agave, tipica pianta grassa che si trova sulle coste, aggrappata a una roccia, che fa di tutto per non farsi portare via dal mare mosso e per far sbocciare, seppur raramente, i suoi fiori.
Ne L’agave di Montale, così come nelle altre liriche di Ossi di seppia, il linguaggio è aspro e ed essenziale, con un tono che risulta colloquiale e discorsivo. Con questa e le altre liriche Montale voleva rimuovere il velo posto tra la realtà così com’è, secca e cruda, e quella del mondo come rappresentazione data dall’inganno dell’interpretazione.
Nella poesia di Montale appare immediata la connessione dell’uomo con la natura e con il paesaggio, che descrive con poche, direttissime parole: lo scirocco caldo, secco e rabbioso che infuria; il terreno arido giallo-verde; il cielo con luci fioche e sbuffi di nuvole che passano; il mare mosso. Sono la stessa aridità del paesaggio ligure e lo stesso mare in lontananza che compaiono nella poesia Meriggiare pallido e assordo.
Tutto restituisce l’idea di movimento, di secchezza e di calore, che danno quel tormento sia fisico che spirituale a cui la pianta di agave, che si scopre essere il poeta stesso, viene sottoposta costantemente nel corso della sua esistenza.
L’agave prova con tutte le sue forze, così come Montale, a sopravvivere al vento e alle onde.
Il testo si articola su una contrapposizione costante tra ciò che è immobile (la pianta e il poeta) e ciò che invece si muove in continuazione (mare, vento e la vita in generale). Anche se il vento mantiene limpido il cielo soffiando via le nuvole, il poeta non può che riflettere sulla fuggevolezza dell’esistenza umana osservando proprio quella pianta di agave.
“Come acqua fra le dita” i momenti che compongono la vita umana fuggono via, a volte nemmeno si comprendono, e sono impossibili da rivivere; con questa riflessione e queste immagini Montale prova a restituire il senso di passaggio, quell’esserci e un giorno non esserci più che appartiene a tutto ciò che vive su questa terra.
In questa poesia a dominare è l’angoscia, il senso di impotenza davanti allo scorrere inarrestabile delle cose e della vita che porta Montale stesso a capire che i suoi fiori non possono più sbocciare tra le avversità della vita, vuoi perché a un certo punto si è esausti, vuoi perché arriva la vecchiaia. Nel corso dell’esistenza Montale, così come tutti, si trova a vivere determinati eventi duri, difficili e incomprensibili che lo fanno sentire proprio come l’agave spazzata dal vento arido e violento.
Montale cerca di resistere alle correnti, alle mareggiate, alla violenza delle onde — che sarebbero i dolori e le avversità della vita — proprio come fa l’agave sullo scoglio, quella pietra a cui Montale vuole aggrapparsi disperatamente. Il poeta parla anche dei fiori della pianta, che sbocciano raramente, delicati per natura; essi possono essere visti come le aspirazioni e i sogni del poeta, spezzati dall’aspro mondo e dalle sventure della vita e che invece vorrebbero riuscire a “esplodere”.
Il poeta è conscio di ciò che vorrebbe, dei desideri e delle aspettative, ma sa anche che la vita ti impedisce di realizzarti e lascia molti rimpianti e rimorsi, tanto che nell’ultimo verso diventa chiaro che quell’immobilità, la resistenza al vento e alle onde della pianta e quella del poeta alle avversità della vita, è in realtà un tormento.
Figure retoriche e analisi metrica
La poesia è composta da 25 versi a schema libero e senza metro fisso, tramati da assonanze (es. "cielo"-"pieno"), consonanze (es. "scirocco"-"arsiccio"; "trapassa"-"perplesse") e qualche sporadica rima (es. "bruci"-"luci"; "biocco"-"scirocco", "eventi"-"commovimenti"...). La ricerca sonora del componimento è evidente anche grazie all’insistito uso di allitterazioni e richiami sonori: la ricorrenza della s e della r, della f e della l enfatizza il senso di arsura e asprezza della riviera ligure, impietosa e seccata dallo scirocco, e contribuisce a veicolare l’analogia tra la sofferenza della pianta e quella del poeta e dell’uomo in generale.
A questo si aggiungono alcune paronomasie, come "aride"-"ali", "braccia"-"abbranca" (che costituisce anche una figura etimologica).
La sintassi inoltre è fratturata nei versi tramite numerosi enjambements, es. "l’arsiccio terreno gialloverde / bruci", "nel cielo pieno / di smorte luci", "qualche biocco / di nuvola", "brividi / d’una vita"...
Dal punto di vista del significato, l’intera poesia è dominata dall’analogia tra il poeta e l’agave. Come l’agave, abbarbicata con tutte le sue forze allo scoglio per tentare di resistere al vento e allo stesso tempo tormentata dalla condanna all’immobilità, così il poeta cerca di contrastare le avversità e le asperità della vita, tra domande a cui è impossibile trovare risposta, eventi indecifrabili, rimpianti e rimorsi.
Per quanto elemento costitutivo del testo, l’analogia non è la sola figura retorica presente ne L’agave sullo scoglio. Tra le più evidenti, citiamo:
- apostrofe: l’intera poesia consiste in una lunga apostrofe al vento, esplicita fin dal primo verso: "O rabido ventare".
- similitudine: "come acqua tra le dita".
- metafora: le "ampie gole" spalancate dal mare sono metafora delle avversità della vita, che costantemente travolgono l’uomo.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’agave sullo scoglio di Eugenio Montale: analisi e parafrasi della simulazione di maturità 2019
Lascia il tuo commento