Cento anni fa, il 1° marzo 1922. nasceva ad Alba, in provincia di Cuneo, Beppe Fenoglio, lo scrittore partigiano che ha raccontato la Resistenza italiana durante la Seconda guerra mondiale.
Con le sue opere più celebri, pubblicate postume, Il partigiano Johnny e Una questione privata, Fenoglio colmò il grande vuoto narrativo sulla lotta partigiana lasciato dagli scrittori italiani.
I suoi romanzi, narrazioni in cui l’eroismo si trasfondeva nel realismo di tempi di lotte e d’amore, hanno segnato intere generazioni.
Ancora oggi si conosce la Seconda guerra mondiale raccontata nei libri di Fenoglio. I giovani del nuovo millennio hanno compreso il fervore che animava quel tumultuoso periodo storico grazie a personaggi inventati, come Johnny e Milton, ragazzi partigiani disposti a morire per difendere un’idea.
La parabola di Beppe Fenoglio fu breve. Da tempo malato, morì a Torino il 18 febbraio 1963, sconfitto da un cancro ai polmoni. Se ne andava a neanche 41 anni lo scrittore che, meglio di tutti, seppe raccontare la guerra nel suo aspetto più epico e feroce.
Lo scrittore partigiano non poté mai godere, in vita, dei frutti del suo successo. Prima di morire aveva pubblicato soltanto tre romanzi I ventitré giorni della città di Alba, La malora e Primavera di bellezza, oggi considerati sue opere minori.
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A riabilitare la narrativa di Beppe Fenoglio fu un altro grande scrittore, Italo Calvino. Quando uscì Una questione privata per Einaudi, Calvino lo definì:
Il romanzo che tutti avevamo sognato. Il libro che la nostra generazione voleva fare.
Tramite le sue “storie di guerra” Fenoglio ci ha consegnato non solo il ritratto di un’epoca, ma soprattutto l’apprendistato di un’intera generazione. Gli eroi imperfetti dei suoi romanzi erano ragazzi pieni di ideali costretti a essere uomini sotto il fuoco della battaglia, diventando così protagonisti di un racconto di formazione irriducibile. Raccontò con crudo realismo quella guerra combattuta da uomini che avevano sete di libertà e non si tirarono indietro di fronte alla lotta contro il male.
Narrando le gesta dei partigiani Beppe Fenoglio coniò l’epica moderna, un poema frammentato fatto di eroi imperfetti e di vittorie incerte.
Beppe Fenoglio: la vita
Giuseppe Fenoglio nacque il 1° marzo 1922 nelle colline piemontesi delle Langhe tanto care a Pavese. Era il primogenito del macellaio Amilcare e di Margherita Faccenda. Le sue origini modeste non gli impedirono di accedere agli studi superiori che segnarono una tappa fondamentale nella sua formazione.
Il suo amore per la letteratura sbocciò proprio durante gli anni al Liceo Classico, una passione che lo spinse a proseguire gli studi iscrivendosi alla facoltà universitaria di letteratura inglese. La guerra tuttavia interruppe i suoi piani e spezzò il suo futuro, segnando l’inizio di una vita diversa.
Nel 1943 venne chiamato alle armi e si arruolò nell’esercito come allievo ufficiale. Durante il liceo Fenoglio aveva già maturato una solida etica antifascista grazie all’insegnamento di due suoi professori, Pietro Chiodi e Leonardo Cocito.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 fece ritorno a casa per arruolarsi nei corpi partigiani. Svolse l’incarico di ufficiale di collegamento con la missione inglese, sfruttando così la sua conoscenza della lingua.
Terminata la guerra tornò a stabilirsi definitivamente nella sua città d’origine Alba. Si sposò con Luciana Bombardi e riuscì a trovare lavoro come procuratore presso un’azienda vinicola, la ditta Marenco, che gli permise di coltivare la sua passione per la scrittura.
Fu proprio con il Dopoguerra che nacque il Fenoglio scrittore. Terminata l’esperienza partigiana non restava altro che affidare i ricordi alla scrittura per non perdere le “sensazioni passate”. Nelle sue pagine sudate, scritte e riscritte che gli costavano “una fatica nera” Fenoglio raccontava la Resistenza, ma soprattutto gli eroi imperfetti - gli uomini come lui - che la animarono.
La guerra secondo Beppe Fenoglio
Questa guerra non la si può fare che così. E poi non siamo noi che comandiamo a lei, ma è lei che comanda a noi.
Nelle pagine intramontabili de Il partigiano Johnny Fenoglio descrisse la guerra con crudo realismo. Non vi è nulla di edulcorato o di romantico nella sua narrazione. La devastazione della battaglia, l’orrore delle ferite mortali che scarnificano la carne, la paura provata dagli uomini costretti a combattere, tutto viene raccontato nel modo più nitido possibile con un linguaggio in costante bilico tra realismo e lirismo.
Perché la guerra di cui parla Fenoglio non conosce né vincitori né vinti, ma per tutto è l’identico inferno, la stessa dannazione. È una forza diabolica che sembra stare al di sopra di tutto e costringere gli uomini a una strenua lotta per la sopravvivenza. Gli uomini protagonisti della storia possono solo decidere da che parte stare: se dalla parte del coraggio, o da quella del timore.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La lezione sulla guerra di Beppe Fenoglio
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