Ricevo e segnalo volentieri due libri del giornalista culturale Alessandro Ticozzi. Si intitolano “L’inviato dalla rete” (Edizioni SENSOINVERSO, 2013) e “Le brave ragazze vanno in paradiso. Noi vogliamo andare dappertutto” (Edizioni SENSOINVERSO, 2015): li ho assunti come facce di una stessa medaglia - una medaglia del conio “come eravamo e come siamo diventati” declinata allo spettacolo - e dunque accorpabili in sede analitica. Entrambi i libri si presentano nella forma di libri-intervista.
Entrambi vedono protagonisti persone e/o personaggi dello showbiz (cinema, musica, teatro, televisione): da un lato chi ce l’ha fatta (in qualche caso i loro eredi) dall’altro chi, forse, ce la farà. Cito dalla ridda dei nomi che frequentano le pagine de “L’inviato dalla rete”: Nino Manfredi, Enrico Maria Salerno, Vittorio Caprioli, Jerry Calà, Ugo Tognazzi, Ettore Scola, Mario Monicelli, Milo Manara, Antonello Falqui, Roberto Rossellini, Folco Quilici, Gianpiero Brunetta, Renato Pozzetto, tantissimi altri “venerati maestri” per dirla alla Berselli. Paola Belletti, Fortuna Liguori, Giada Orlandi, Laura Paj e diverse altre ancora (per par condicio en rose) fanno parte, invece, del novero di signorine di belle speranze che in “Le brave ragazze vanno in paradiso. Noi vogliamo andare dappertutto” se ne fregano del paradiso e vogliono andare dappertutto. La differenza tra i primi e le seconde salta agli occhi, non foss’altro che per il pane (degli anni e dell’esperienza) mangiato e quello ancora da mangiare. I venerati maestri raccontano storie contigue alla storia (se non proprio alla mitologia) dello spettacolo italiano, le risposte delle subrettine più o meno conclamate rivelano sogni di gloria e buona volontà da vendere ma qua e là – sia detto senza offesa - risentono del velinume ideologico distintivo di questi anni.
Ticozzi, dal canto suo, non batte ciglio, sa bene che l’alto e basso qualitativo talvolta si sfiorano e/o sono destinati a convivenza forzata. Le sue sollecitazioni (in qualche caso i suoi pezzi giornalistici), si segnalano come puntuali, riflesso di una competenza e di una passione oneste, deducibili pagina dopo pagina. Un altro merito di Alessandro Ticozzi inerisce all’equidistanza assunta rispetto agli intervistati: né “L’inviato dalla rete” né “Le brave ragazze vanno in paradiso. Noi vogliamo andare dappertutto” sono stati concepiti infatti per assegnare medaglie, stilare classifiche, emettere sentenze; le conclusioni, semmai, potrà trarle il lettore sulla scorta delle proprie aspettative di lettura. Mi preme ancora raccomandare entrambi i volumi perché - dentro e fuori le righe - risultano cartina di tornasole di un “mondo dello spettacolo” cambiato, credo, con il cambiare del peso specifico mediatico, dell’entusiasmo, dei sogni di gloria, dei costumi, del pensiero italiani.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Se l’intervista è un modo di parlare di spettacolo (e non solo)
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Saggistica Arte, Teatro e Spettacolo Uno scrittore ci racconta un libro... News Libri Alessandro Ticozzi
Lascia il tuo commento