Massimo Lugli, storico nerista per “la Repubblica”, torna in libreria con un thriller ispirato a una storia vera, un giallo dalle tinte davvero fosche, una storia oltremodo torbida, che fece scandalo a Roma negli anni Ottanta.
Il romanzo, dal titolo Il giallo del nano della stazione ed è edito Newton Compton, ha per sfondo la storia del celebre quotidiano La Repubblica fondato da Eugenio Scalfari, da poco mancato.
Non solo la storia vera di un mistero
Con il consueto stile fluido, realistico, accattivante, anche nella rievocazione di questa vicenda, la storia dell’imbalsamatore Semeraro, Massimo Lugli assume l’identità del giovane redattore Marco Corvino, appena passato dallo storico giornale della sinistra “Paese Sera” al blasonato quotidiano in ascesa nel panorama dell’editoria nazionale, “la Repubblica”.
Nell’intento di raccontare ai lettori attuali la storia morbosa, scioccante, del piccolo uomo, alto appena centotrenta centimetri, il nano, a cui dà il nome di Daniele Mastrostefano, Lugli in realtà mette l’accento soprattutto sulla crescita del suo ruolo all’interno del quotidiano romano creato da Eugenio Scalfari, giornale al quale resterà fedele per tutta la sua brillante carriera di esperto di cronaca nera.
La storia dell’imbalsamatore raccontata nel romanzo
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La vicenda del tassidermista, o imbalsamatore di animali, con studio a viale Castro Pretorio, a Roma, nei pressi della Stazione Termini, è oltremodo sconcertante. L’uomo, fuggito da Ostuni, crede di costruirsi una vita più libera nella capitale; frequenta i giardinetti davanti alla stazione, dove prostituti maschi e transessuali si danno convegno.
Lele, così si fa chiamare dai ragazzi che adesca, promettendo loro denaro, raccomandazioni per il mondo del cinema, si droga, fa sesso sfrenato, irretisce maschi per lo più fragili e disperati. Dopo Pedro, un borgataro colluso con la delinquenza, che punisce severamente, entra in gioco il giovanissimo Alessio, bello e perfetto per i progetti del “nano”, che si innamora del ragazzo, che tratta con atteggiamento paterno: gli insegna il mestiere di imbalsamatore, lo riempie di regali, lo gratifica in tutto, in cambio di prestazioni sessuali sempre più hard, sotto l’effetto di droghe pesanti.
Quando poi viene assunta una ragazza appena diciannovenne come segretaria, Manuela, inizia un perverso ménage a tre, fatto di sesso ricattatorio e violento: fotografie nelle pose più oscene ed estreme tengono legati i due ragazzi, che si sono innamorati, a Lele, deciso a fare il padrone dei due, fragili e dipendenti dai soldi che il nano non lesina.
Ma poi ci si avvia verso un tragico finale, che le cronache del tempo infarcirono di particolari sconvolgenti, di un mix di droga-sesso-perversioni di ogni tipo, che dominarono i giornali del tempo.
La vita in redazione
Nel romanzo l’indagine giornalistica è mescolata con la vita personale e lavorativa di Marco Corvino: trentenne appena uscito dalla redazione del moribondo “Paese Sera”, determinato a fare bene il suo mestiere di cronista nel nuovo mondo, trova nella redazione romana del grande quotidiano uno scenario intrigante. I grandi giornalisti affermati, la famosa messa cantata, così era detta la plenaria di redazione presieduta ogni mattina da Eusebio Salnitri, il nome di fantasia attribuito al mitico direttore; e ancora i rapporti con la questura, le “fonti”, il rapporto improvviso e sconvolgente con la bella Laura, la sbirra dalla coda di cavallo nerissima, i jeans aderenti, la sessualità prorompente. Nel finale, Marco Corvino dovrà superare molti ostacoli, anche se i suoi sforzi di onestà intellettuale e coerenza sono destinati a premiarlo.
A breve distanza dalla morte di Eugenio Scalfari, il libro rappresenta un’ottima lettura anche per ricordarne la personalità e il ruolo fondamentale svolto nella storia dell’editoria della carta stampata in Italia.
Recensione del libro
Il giallo del nano della stazione
di Massimo Lugli
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il nuovo thriller di Massimo Lugli, con sfondo la storia del quotidiano La Repubblica
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