Definito dallo scrittore Gabriel Garcia Marquez “Il più grande poeta del XX secolo” Pablo Neruda ci ha donato alcune delle poesie più belle del Novecento.
In occasione della Giornata Internazionale della Felicità, che ricade proprio oggi domenica 20 marzo, vogliamo ricordare in particolare la sua Ode al giorno felice che rappresenta un inno alla gioia e alle cose belle della vita.
Una lirica intensa dalla rara densità metaforica che restituisce al lettore il senso più pieno della felicità. Perché se è vero che la felicità è un sentimento complesso, passeggero e il più delle volte sfuggente, non dobbiamo dimenticare che in fondo è fatta di cose semplici e di piccoli piaceri quotidiani.
Pablo Neruda dimostra che la felicità vera non ha spiegazioni, ed alla portata di tutti poveri o ricchi, giovani o vecchi.
Scopriamo testo, analisi e commento della poesia.
Ode al giorno felice di Pablo Neruda: testo
Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.
Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.
Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.
Ode al giorno felice di Pablo Neruda: analisi e commento
La felicità cantata da Neruda non ha spiegazioni ed è proprio questa apparente inspiegabilità dello stato d’animo del poeta a innescare nel lettore una riflessione profonda. Di cosa è fatta la felicità? Cosa la porta? Cosa la provoca? Sono tutte domande legittime alle quali, il più delle volte, non vi è risposta.
È proprio questa consapevolezza dell’incapacità di definire l’essenza della felicità la base fondante di Ode a un giorno felice: Neruda ci parla della sensazione della felicità, uno stato di grazia, che non ha cause specifiche né spiegazioni razionali.
Ode a un giorno felice è una delle poesie più belle di Pablo Neruda perché ha il potere, quasi taumaturgico, di trasmettere al lettore la percezione piena, viva, travolgente della felicità.
Il poeta fin dai primi versi ci pone di fronte alla felicità come a un fatto certo, un evento che si manifesta all’improvvisa. La felicità, per Neruda, un avvenimento che accade:
Non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
Nel descrivere questo sentimento di pienezza - che lo pervade fino all’ultimo brandello di cuore - con una serie di similitudini e metafore che creano una rete di corrispondenze con il mondo naturale.
Nella seconda strofa l’Io poetico si dice infatti “più sterminato dell’erba nelle praterie” e sembra diventare lui stesso parte della natura. L’aria suona e canta come uno strumento musicale trasformando ogni elemento del paesaggio circostante in un canto di beatitudine. Neruda in questi versi sembra esprimere la pura e semplice gioia di essere vivo, la contentezza di essere parte del mondo, un suo elemento, esattamente come il cielo, il mare e la terra.
Nella terza strofa il poeta sembra invece fare riferimento alla felicità di essere in due e quindi alla gioia data dalla consapevolezza di essere amati: “Tu al mio fianco”.
Ecco che allora l’essere si sdoppia e si è in due a essere terra e sabbia e mare, due esseri viventi che sono parte dell’immensità del creato. Neruda ci parla dell’amore senza nominarlo, ma descrivendone l’imperscrutabile potenza, la sua capacità onnicomprensiva di cogliere tutto, di abbracciare tutto.
È questo sentimento che fa toccare all’anima del poeta il cielo che viene reso tramite un’efficace sinestesia “la pelle azzurra del cielo”, nei versi di Neruda la cupola celeste ha qualcosa di corporeo, quasi di erotico che rimanda al corpo vicino della donna amata.
Infine il poeta ripete il ritornello che sembra scandire la poesia dandole la forma di un canto “essere felice”. Nella conclusione Pablo Neruda riprende tutti gli elementi che sono parte della sua felicità: la terra, l’aria, la sabbia, il cielo e la donna amata e sembra mischiarli e quasi nutrirsene con l’ingordigia di un affamato. “Lasciate che sia felice” chiede, ribadendo in un imperativo di non importunarlo, di non turbare il suo stato di grazia che probabilmente presto passerà e quindi non merita di essere vanificato prima del tempo.
Neruda immortala in questi versi quello stato di totale pienezza e soddisfazione che ci sorprende di tanto in tanto nel corso della vita. Sembra immortalarlo cogliendolo nella sua essenza evanescente, sottolineando così che ogni uomo ha il diritto nella vita di “essere felice” senza spiegazioni, di essere felice di una felicità che si ubriaca di se stessa.
Il poeta cileno in Ode a un giorno felice invita semplicemente ognuno di noi a riconciliarsi col mondo ed essere grato di far parte del grande spettacolo della vita.
E voi lo ricordate l’ultimo momento in cui siete stati felici?
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ode al giorno felice: la poesia di Neruda sulla felicità senza spiegazioni
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