Quella, che tu credevi un piccolo punto sulla terra, fu tutto.
Procida è l’isola fiabesca, irreale, proiettata nella dimensione mitica dell’infanzia. Attraverso la scrittura Elsa Morante ha trasfigurato la piccola isola del Golfo di Napoli in un simbolo di eterna fanciullezza dal quale Arturo Gerace, il protagonista del suo libro-capolavoro L’isola di Arturo, nella conclusione si congeda senza voltarsi indietro, segnando così il passaggio ineffabile dalla fanciullezza all’età adulta.
Il luogo, dove il mare è tenero e fresco e si posa sulla riva come rugiada, è pervaso di realismo magico e presto si tramuta in un’utopica “isola che non c’è” dove la giovinezza è custodita per sempre e vive in eterno.
Il gioiello incastonato tra le più celebri Ischia e Capri, Procida, è in realtà l’isola di Elsa. La scrittrice concepì proprio qui l’idea fondante del suo romanzo, L’isola di Arturo. Era il lontano 1955 e lei era seduta all’ombra di un agrumeto nel giardino dell’albergo Eldorado. Aveva cominciato a scrivere inebriata dall’odore dei limoni e delle ortensie, nel porticato di colonne che affacciano sulla spiaggia della Chiaia. Oggi i procidani chiamano quel luogo “I giardini di Elsa”, in memoria della scrittrice: come se lei fosse ancora seduta lì, sotto le foglie frondose dei limoni, intenta a iniziare la sua storia dedicata all’isola. Lo scenario dell’ambientazione appariva chiaro: c’erano le straducce chiuse tra muri antichi, le barche in secca lungo il porto, le case variopinte dei pescatori e lo stridio roco dei gabbiani che facevano il nido tra le rocce.
Due anni dopo, nel 1957, Elsa Morante con quel romanzo immaginifico, nato “laggiù sul mare napoletano”, avrebbe ottenuto il prestigioso Premio Strega. Era la prima donna a vincerlo.
Seguiamo ora la penna della scrittrice per esplorare le vie pittoresche dell’isola di Procida sino alla sommità della sua fortezza a picco sul mare.
Procida: la descrizione di Elsa Morante
Link affiliato
Ne L’isola di Arturo, Morante racconta la storia di un ragazzino senza madre, Arturo Gerace, che cresce e scopre il mondo vivendo sulla misteriosa isola di Procida. Quest’ultima appare come una terra esotica, lontana dal mondo conosciuto, entro i suoi confini è contenuto tutto ciò che Arturo sa della vita e delle faccende umane. Tuttavia il mondo fatato e quasi sognante dell’infanzia è destinato a sgretolarsi sotto il peso della realtà. Un destino implacabile farà crollare il castello di illusioni rivelando al fanciullo un segreto che decreterà la fine della sua innocenza.
L’isola appare, fin dal titolo, come co-protagonista dell’intera narrazione. Morante ne fornisce al lettore un particolareggiato ritratto a partire da pagina dodici, nel capitoletto intitolato per l’appunto L’isola.
Al principio la scrittrice ci offre una visione panoramica di Procida, come se sorvolasse l’isola a volo di gabbiano, fornendoci una descrizione generica che sembra ritrarre l’atmosfera pittoresca dell’isola con il tocco di pennello di un pittore:
Le isole del nostro arcipelago, laggiù, sul mare napoletano sono tutte belle. Le loro terre sono per grande parte di origine vulcanica;
e specialmente in vicinanza degli antichi crateri, vi nascono migliaia di fiori spontanei, di cui non rividi mai più i simili sul continente. In primavera, le colline si coprono di ginestre: riconosci il loro odore selvatico e carezzevole, appena ti avvicini ai nostri porti, viaggiando sul mare nel mese di giugno.
In seguito la descrizione entra più nel particolare, conducendo il lettore per mano attraverso le “straducce” isolane come se camminasse al fianco di Morante e osservasse il mondo attraverso i suoi occhi:
Su per le colline verso la campagna, la mia isola ha straducce solitarie chiuse tra muri antichi, oltre i quali si stendono frutteti e vigneti che sembrano giardini imperiali. Ha varie spiagge dalla sabbia chiara e delicata, e altre rive, più piccole, coperte di ciottoli e conchiglie, e nascoste tra grandi scogliere.
Dopo averci mostrato la costa e la superficie più esterna dell’isola la scrittrice ci conduce per mano lungo la via del porto, per i vicoli senza sole dove vivono i pescatori tra le case rosate tinte dei “bei colori di conchiglia”. Attraverso le strade piccole e strette di Procida, Elsa Morante ci conduce a far conoscenza degli abitanti dell’isola che ancora par di vedere affacciati sull’uscio delle abitazioni e delle botteghe: c’è la vedova vestita a lutto con lo scialle nero e l’oste che alleva un gufo color d’oro rosso. Tutta gente scontrosa e taciturna che non vuole essere spiata - dice Morante - perché ama la sua segretezza, ed è come se la scrittrice attraverso la voce di Arturo parlasse di se stessa.
Vediamo ora quali luoghi dell’isola sono le tappe fondamentali del nostro pellegrinaggio letterario dedicato a L’isola di Arturo .
Procida: il porto dei pescatori
Nel nostro porto non attraccano quasi mai quelle imbarcazioni eleganti, da sport o da crociera, che popolano sempre in gran numero gli altri porti dell’arcipelago; vi vedrai delle chiatte o dei barconi mercantili, oltre alle barche da pesca degli isolani.
Il viaggio inizia qui, dal porto, la zona più antica dell’isola dove si trova la statua del Cristo Pescatore. L’icona di Cristo Crocifisso, realizzata nel 1845, è infatti realmente presente e custodita all’interno della antica Chiesa dei Marinai di Procida, sormontata da un elegante campanile, oggi meglio conosciuta con il nome di “Santa Maria della Pietà”.
La contrada di Terra Murata e Palazzo d’Avalos
Risalendo per le vie cittadine si giunge alla contrada di Terra Murata, il punto più alto dell’isola. Da questo punto è possibile ammirare tutto il Golfo di Napoli e il suo mare blu a perdita d’occhio. L’attrazione principale è tuttavia costituita dall’imponente Palazzo d’Avalos, fatto costruire in difesa dell’isola dalla famiglia d’Avalos nel lontano 1500 e in seguito adibito a penitenziario da Ferdinando II di Borbone. Il luogo, con il suo aspetto isolato e decadente, esercita un peculiare fascino sull’immaginazione di Arturo bambino e avrà un ruolo chiave nel romanzo di Morante. La scrittrice dedica al penitenziario un’accurata descrizione sin dalle prime pagine del romanzo:
Quando l’aria è brumosa e le nubi in cammino gli passano davanti, il penitenziario potrebbe sembrare un maniero abbandonato, come se ne trovano in tante città antiche. Una rovina fantastica, abitata solo dai serpi, dai gufi e dalle rondini.
Il sinistro palazzo ispirò uno dei personaggi più sfuggenti della storia, il carcerato Tonino Stella.
Oggi Palazzo d’Avalos è aperto ai turisti ed è possibile visitarlo tutti i giorni su prenotazione attraverso delle visite guidate.
L’isola di Vivara
Seguendo le tracce di Arturo e i suoi vagabondaggi in compagnia della cagnolina Immacolatella, una tappa d’obbligo è l’isola di Vivara. Il protagonista del romanzo di Morante raggiunge l’isoletta a bordo della sua barca, la Torpediniera delle Antille.
Scrive Morante a pagina quarantasette del libro:
Quando, attraversato il piccolo stretto, sbarcavamo nell’isoletta di Vivara, che è a pochi metri da Procida, i conigli selvatici fuggivano al nostro arrivo, credendo ch’io fossi un cacciatore col suo cane da caccia.
Oggi l’isola di Vivara è una riserva naturale protetta, raggiungibile direttamente da Procida alla quale è ora collegata da un ponte. L’unico edificio presente sull’isola è un casino di caccia fatto costruire dal Duca de Guevara, per il resto mantiene le sue caratteristiche isola incontaminata come ai tempi in cui Arturo (o forse dovremmo dire Elsa?) la visitava durante le sue scorribande solitarie.
Procida: il belvedere dedicato a Elsa Morante
Nel 2017 il comune di Procida ha dedicato alla scrittrice il belvedere di via Pizzaco, dal quale è possibile ammirare il suggestivo panorama di Marina di Corricella, il pittoresco borgo di pescatori divenuto ormai simbolo dell’isola, ritratto in ogni cartolina.
Un omaggio dovuto alla scrittrice che, attraverso la sua penna, ha celebrato e diffuso nel mondo intero la bellezza di Procida. Elsa Morante ha trasformato la più piccola isola del Golfo di Napoli in un paesaggio letterario, luogo dove l’innocenza si conserva ancora intatta e il mare sembra palpitare battendo in perenne burrasca, come il cuore di un innamorato.
Proprio come il suo protagonista anche Elsa infine salpò dall’isola per approdare ad altri lidi. Nel finale del romanzo è fissato il suo congedo, che appare anche come la fine del viaggio del lettore attraverso questa terra arsa dal sole e pervasa di un immaginario mitico.
Senti. Non mi va di vedere Procida mentre s’allontana, e si confonde, diventa come una cosa grigia...Preferisco fingere che non sia esistita. Perciò, fino al momento in cui non se ne vede più niente, sarà meglio ch’io non guardi là. Tu avvisami, a quel momento.
Un anno dopo la morte della scrittrice la sua Isola ha deciso di commemorarla con un Premio letterario a lei dedicato.
Inoltre, a partire dal 2015, ogni anno nel mese di giugno si tiene proprio in questi luoghi un festival letterario Procida racconta- sei autori in cerca di personaggio, che raduna le penne di sei scrittori italiani con il compito di farsi ispirare dal territorio e dai suoi abitanti nella creazione di nuove storie. Elsa Morante, a suo tempo, dischiuse lo scrigno di un tesoro sommerso mostrando le gemme di una narrazione tutta in divenire. A quasi settant’anni di distanza l’Isola di Arturo non ha ancora cessato di raccontarsi.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Procida: viaggio nell’isola di Arturo di Elsa Morante
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Curiosità per amanti dei libri Elsa Morante
Lascia il tuo commento