Il 14 giugno 1968 si spegneva ad Amalfi il poeta ermetico Salvatore Quasimodo, colto da un malore mentre si recava a un premio di poesia. La sua ultima raccolta poetica recava il titolo di Dare e avere e risaliva ad appena due anni prima, era stata edita da Mondadori nel 1966.
Gli ultimi versi di Quasimodo rappresentavano una sorta di bilancio della sua esperienza poetica e umana: accanto a impressioni di viaggio e riflessioni esistenziali si ritrova infatti il tema della morte, affrontato con accenti di notevole lirismo.
Oggi tuttavia vogliamo ricordarlo con una sua evocativa poesia che parla di rinascita, si intitola Specchio ed è contenuta nella prima raccolta del poeta intitolata Acque e terre (1930).
Scopriamone testo, analisi e commento.
“Specchio” di Salvatore Quasimodo: testo
Ed ecco sul tronco
si rompono le gemme:
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul botro.E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell’acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c’era.
“Specchio” di Salvatore Quasimodo: parafrasi
Sembrava che l’albero fosse ormai morto, piegato sul fossato, e invece, ecco che la corteccia del tronco si spacca e fuoriescono le prime gemme di un tenero verde, brillante, più nuovo dell’erba sui prati che pure ha cominciato a risplendere.
La vita rinasce dopo il lungo letargo dell’inverno e anche il cuore, all’improvviso, riposa.
Tutto sembra raccontare un miracolo. Il cielo più azzurro che mai si rispecchia nei fossi ingrossati dalle piogge scroscianti di primavera. È nuovo quel verde virgulto che nasce dalla corteccia, è appena nato, poiché stanotte non c’era.
“Specchio” di Salvatore Quasimodo: analisi e commento
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Specchio può essere letta come una poesia di rinascita. Lo sguardo del poeta si concentra sull’incanto dei piccoli germogli che nascono alla luce del sole facendo risplendere i rami che parevano secchi e morti.
Salvatore Quasimodo descrive la primavera come il compiersi di un miracolo: è ciò che ridona vita a un paesaggio fermo, congelato nel lungo inverno, che pareva destinato a una perenne immobilità.
La vita invece ritorna, all’improvviso, in un momento inaspettato. La natura sembra essere attraversata da un brivido vitale che la anima e la rivitalizza.
Secondo la critica Quasimodo in questi versi fa propria una sensibilità biovegetale (denominata dendromorfismo, Ndr), rintracciabile nell’immagine delle gemme nascenti, in cui il ciclo biologico della vita dell’uomo e delle piante viene trasfuso in un destino comune. L’uomo si fonde con l’immagine dell’albero e i sentimenti umani vengono assimilati, in una sorta di simbiosi, all’esistenza naturale.
Il poeta avverte l’affinità del proprio spirito con la natura circostante e capisce che la felicità, come la primavera, arriva all’improvviso senza bussare. In quel nuovo verde, appena nato, il cuore finalmente riposa, lieto.
C’è un miracolo che solo la natura e la forza della vita è in grado di compiere: ed è quello della nascita. In questa breve lirica, carica di significati simbolici, Salvatore Quasimodo descrive un’epifania spirituale. Anche l’uomo rinasce nella primavera, nuovo a se stesso, riscoprendo emozioni dimenticate.
Tutti noi in fondo possiamo riconoscerci nella tenacia della piccola gemma che spacca la scorza e si affaccia alla luce tiepida del sole mattutino: perché siamo nati una volta, e senza saperlo rinasciamo sempre nuovi a ogni risveglio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Specchio”, la forza della vita nella poesia di Salvatore Quasimodo
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