È ritenuto il pioniere del modernismo americano. Curiosamente il suo nome nacque da un errore di battitura: William Faulkner era in realtà William Falkner, ma un editore distratto aggiunse un “u” di troppo creando quello che sarebbe diventato uno dei maggiori scrittori degli anni trenta del Novecento.
I suoi libri al principio non venivano capiti: visto il flop del romanzo satirico Mosquitoes, pubblicato nell’aprile 1927, l’editore Boni & Liveright decise di recidere il contratto con cui si era impegnato a pubblicare altri tre romanzi dell’autore. Faulkner non si scoraggiò e continuò a scrivere, nonostante più di undici editori avessero rifiutato il suo terzo libro Flags and Dust. Per mantenersi fece i lavori più disparati, fu imbianchino, commesso in una libreria, impiegato in un ufficio postale e persino falegname.
Raggiunse il successo con la pubblicazione del romanzo Santuario nel 1931, che a Oxford creò notevole scandalo poiché l’autore mostrava una conoscenza un po’ troppo approfondita di bordelli e luoghi di malaffare. Seguirono molti altri successi e, tra alti e bassi economici, una fruttuosa collaborazione come sceneggiatore e drammaturgo con l’industria di Hollywood.
Nel 1949 del tutto a sorpresa Faulkner fu insignito del premio Nobel per la Letteratura: gli fu consegnato l’anno seguente, e al principio lui non aveva alcuna intenzione di ritirarlo, alla fine si recò a Stoccolma quasi svogliatamente e tenne un discorso che stupì tutti. Fu uno dei discorsi più significativi della storia del premio in virtù del suo alto valore morale. Con i soldi ricavati dal Nobel decise di istituire un premio dedicato ai giovani scrittori esordienti che prese il suo nome, il premio Faulkner.
Oggi William Faulkner è ritenuto l’unico vero scrittore modernista statunitense degli anni Trenta. La sua scrittura si rifaceva allo stile di James Joyce, Virginia Woolf e Marcel Proust, usando tecniche narrative innovative per l’epoca, come il flusso di coscienza.
Scopriamo vita e opere del pioniere del modernismo americano.
William Faulkner: la vita
William Falkner, questo il suo nome di battesimo, nacque il 25 settembre 1897 a New Albany, in Mississipi. Il suo bisnonno William Clark Falkner era stato una personalità eminente dello Stato del Mississipi, ricordato ancora con l’epiteto di “vecchio colonnello”. La figura del bisnonno e la sua vita avventurosa furono in seguito di ispirazione al nipote per la scrittura del romanzo Sartoris.
Il piccolo William ebbe un’infanzia serena, trascorsa in mezzo alla natura e tra i recinti del maneggio. Leggeva molto, soprattutto Charles Dickens.
Suo principale punto di riferimento in quegli anni fu la governante, Caroline Barr detta “Callie” una donna afroamericana che insegnò al bambino i nomi delle piante e degli uccelli raccontagli delle favole. La figura di Callie fu fondamentale nel rivelare a William il pregiudizio che i bianchi nutrivano nei confronti della gente di colore. La scoperta della condizione degli ex schiavi fu la prima avvisaglia del male che si annidava con malcelata indifferenza nelle famiglie borghesi dell’America del Sud.
Nel Mississippi rurale Faulkner respirava quell’atmosfera che in seguito avrebbe riportato in tutti i suoi romanzi: la guerra civile, la schiavitù, la discriminazione razziale e sperimentava una particolare attrazione per gli ambienti cupi, malfamati, polverosi e oscuri.
Crescendo il giovane William si rivelò una testa calda. Non sottostava volentieri alle regole, era bizzoso come un puledro e abbandonò presto gli studi. Nell’arco della sua vita svolse i lavori più svariati, spesso di malavoglia e in modo penoso. L’unica cosa che davvero lo interessava era la scrittura, motivo per cui tutto il resto gli veniva subito a noia. Si racconta che quando fu impiegato presso l’ufficio postale dell’università di Oxford si rifiutava di cedere le riviste agli abbonati prima di averle lette lui stesso, e spesso trascorreva la maggior parte del tempo seduto alla scrivania a scrivere le sue storie. In quel periodo iniziò a pubblicare le prime poesie e anche alcuni racconti su riviste.
L’incontro con Joseph Conrad
Nel 1925 William Faulkner si recò a New Orleans dove iniziò a collaborare come giornalista per alcuni quotidiani e riviste come The Double Dealer. Guadagnava poco, ma il lavoro creativo risvegliò in lui l’ispirazione letteraria. Fu un periodo fervido dal punto di vista dell’immaginazione. Conobbe la scrittrice Anita Loos e si innamorò della scultrice Helen Baird. Nel mese di marzo incontrò lo scrittore Joseph Conrad, di cui era grande estimatore. L’incontro con Conrad lo spinse a tentare la strada della prosa abbandonando la poesia che al principio sentiva più congeniale.
Illuminato dalle parole del suo idolo, Faulkner scrisse in poche settimane un romanzo intitolato La paga del soldato (il titolo origiinale era Mayday, Ndr) che riuscì a pubblicare l’anno seguente grazie all’editore Boni & Liveright trovato tramite l’amico scrittore Sherwood Anderson.
Il romanzo non ebbe successo e fu un flop persino a livello di vendite. Faulkner decise quindi di partire per il viaggio in Europa che aveva da tempo rimandato, visitò l’Italia, la Svizzera, Parigi dove si racconta che avesse incontrato pure James Joyce.
Infine fece ritorno a Oxford dove ritrovò il suo primo amore d’infanzia, Estelle Oldham, in procinto di divorziare dal marito. Tra i due scoccò la scintilla e alcuni anni dopo convolarono a nozze. Estelle fu sempre la prima sostenitrice dell’attività letteraria di William, lo incoraggiò con tutta se stessa a essere “scrittore”.
Gli anni del successo
Il successo lo travolse inaspettato nel 1931 con la pubblicazione di Santuario (Sanctuary, nell’originale Ndr), un romanzo ambientato negli anni della Grande depressione e del proibizionismo che affrontava il tema del male e della corruzione con un linguaggio innovativo e uno stile gotico.
Il successo del libro - che fu anche ampiamente criticato a causa dei suoi temi licenziosi - dischiuse a Faulkner le porte di Hollywood. L’autore iniziò una collaborazione con i produttori televisivi lavorando come drammaturgo e sceneggiatore.
Nel 1932 pubblicò Luce d’agosto, considerato il suo capolavoro e iniziò a lavorare per alcuni progetti della 20th Century Fox.
La sua vita fu costellata anche da gravi lutti come la perdita precoce della figlia Alabama e la scomparsa del fratello in un incidente aereo. Forse anche per sopprimere questi dolori Faulkner cadde nelle spirali dell’alcol.
Il discorso alla cerimonia del premio Nobel
Nel 1949 a sorpresa William Faulkner fu insignito del premio Nobel per la letteratura per “il suo contributo forte e stilisticamente unico al romanzo americano contemporaneo”. Consapevole della scarsa accoglienza che il mondo letterario ai suoi esordi gli aveva riservato, l’autore non voleva neppure ritirare il riconoscimento. Alla fine si convinse ad andare a Stoccolma con la figlia Jill e tenne un discorso indimenticabile, considerato il migliore nella storia del Nobel.
Il discorso di Faulkner venne in un momento delicato della storia mondiale, quando il mondo intero si trovava sotto la minaccia incombente dell’atomica. Lo scrittore con le sue parole infondeva nuova fiducia nell’uomo e soprattutto nell’immortalità della specie umana.
Ne riportiamo un estratto:
Signore e signori,
sento che questo premio non è per me in quanto uomo, ma va al mio lavoro – il lavoro di una vita nell’agonia e nella fatica dello spirito umano, non per la gloria e meno di tutto per il profitto, ma per creare dal materiale dello spirito umano qualcosa che prima non esisteva. (...)
Mi rifiuto di accettare la fine dell’uomo. Rifiuto di accettare ciò. Io credo che l’uomo non si limiterà semplicemente a resistere: egli prevarrà. È immortale, non perché egli solo tra le creature ha una voce inesauribile, ma perché egli ha un’anima, uno spirito capace di compassione, di sacrificio e di resistenza.
Gli ultimi anni della vita dello scrittore furono contrassegnati dall’alcolismo che lo condusse a un inevitabile declino. William Faulkner morì all’età di sessantaquattro anni, il 6 luglio del 1962, stroncato da un infarto. In quello stesso anno era uscito il suo ultimo libro The Reivers, I saccheggiatori.
William Faulkner: le opere
La produzione letteraria di William Faulkner è sterminata, a indicare il profondo attaccamento che l’autore nutriva nei confronti della scrittura. Scrisse ininterrottamente per tutto il corso della sua vita sino alla fine.
Tra le sue opere più celebri ricordiamo L’urlo e il furore un complesso poema sinfonico in quattro tempi in cui Faulkner dà voce a una famiglia del profondo Sud in un periodo di decadenza iniziato con la fine della guerra civile. Il narratore principale è Benjamin, un ragazzo affetto da un ritardo cognitivo, che narra vicende e sventure della sua famiglia.
L'urlo e il furore
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Nel 1930 Faulkner pubblicò Mentre morivo, una storia corale che si incentra sul flusso di coscienza dei protagonisti che raccontano spesso lo stesso episodio ciascuno dal proprio punto di vista.
Perno della narrazione è la morente Addie Bruden, madre di famiglia, che esteriorizza la sua sofferenza e così in un verso poetico “io ero io e lasciavo a lui le parole”. La famiglia Bundren si trova ad affrontare l’ingiustizia della morte. Il romanzo racconta l’agonia di Addie e il travagliato viaggio che l’intera famiglia compie per esaudire Il suo ultimo desiderio.
Mentre morivo
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In Luce d’agosto (1932) considerato il suo capolavoro Faulkner narra la storia di Joe Christmas, un afroamericano dalla pelle bianca che viene adottato da una famiglia religiosa. Nell’ambiente in cui cresce gli viene insegnato il pregiudizio per la gente di colore: l’animo del ragazzo è tormentato, ricerca l’apprezzamento dei “neri” e poi dei “bianchi”. Nessuno conosce il suo segreto, per cui è sempre costretto a celare una parte della sua identità e a confrontarsi con l’isteria razziale del Sud.
Luce d'agosto
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La scrittura di William Faulkner in questi romanzi dà prova di rara maestria: ne risultano scritti sperimentali, audaci, che spesso non seguono alcun ordine cronologico ma si affidano al flusso di coscienza del singolo personaggio in un continuo cambio di focalizzazione che spesso muta ogni significato.
Sulla sua passione per la scrittura Faulkner il 25 febbraio 1957 tenne un discorso che oggi appare molto significativo e può essere letto come un consiglio a un giovane scrittore:
Penso che devi essere guidato dal demone e avere qualcosa da dire, allora scriverai senz’altro. Ho sentito persone dire: “Bene, se non fossi sposato e non avessi figli, allora sarei uno scrittore”. Ho sentito altra gente dire: “Se potessi smettere di fare questa cosa, allora sarei uno scrittore”. Non ci credo. Se pensi di scrivere tu scriverai, e nessuno ti fermerà.
Di questo proposito William Faulkner fu emblema vivente. Fu rifiutato da più di undici editori, eppure vinse il premio Nobel.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: William Faulkner: lo scrittore rifiutato dagli editori che vinse il premio Nobel
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