A casa tra un poco (1902 - el siopero dei foghisti del Lloyd)
- Autore: Claudio Grisancich
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Tornare indietro nel tempo, raccontare il passato per dire qualcosa di essenziale di noi e di sempre, di unico che si ripete con le dovute "variazioni sul tema" è un’operazione letteraria "manzoniana", non certo facile né comune. Unire inoltre le vicende di "gente comune" e sconosciuta ai grandi eventi della Storia, senza cadere in deviazioni ideologiche o retoriche ma restando dentro la purezza dei fatti, ricreati con la potenza intrinseca loro propria, è un’operazione di rara poesia, in cui l’epica si sposa all’afflato lirico dei personaggi, ritratti leggendo la loro anima. Poesia intesa in senso lato come capacità di "fare" la vita.
Tutto ciò è perfettamente riuscito a Roberto Damiani e Claudio Grisancich, autori del dramma dialettale in due atti A casa tra un poco, con il sottotitolo posto tra parentesi (1902 - el siopero dei foghisti del Lloyd), edito a Trieste da La Libreria del Ponte Rosso (2019, pp. 123). Al testo si affianca un interessante apparato critico di Fulvio Senardi, Paolo Quazzolo e Luca Zorzenon, con fotografie d’epoca recuperate e commentate da Claudio Ernè.
Il risultato è un libro specchio di un’epoca, caratterizzata da lotte operaie e da emancipazione e presa di coscienza di grandi frange di proletariato, ma non solo; nella vivacità drammaturgica e forza del parlato abbiamo la rappresentazione di figure, molte delle quali femminili, viste nel loro agire e sentire, simboli di libertà. Ed è la libertà la grande protagonista del lavoro teatrale.
Originale e di grande effetto affabulatorio è la decisione di collocare gli eventi nel tempo in cui si svolsero, anno 1902, ma pure nel futuro, tempo del ricordo e della rivisitazione, ovvero nel 1921, alle soglie della prossima dittatura fascista. I due momenti storici vengono accomunati, ma ebbero esiti opposti: nel ’21 a Trieste venne bruciata la sede del giornale socialista "Il Lavoratore", prodromo della svolta autoritaria che sappiamo; lo sciopero dei fuochisti del Lloyd austriaco invece fu un’azione vincente per gli uomini del mare, che videro riconosciute le loro rivendicazioni, costate e pagate con il martirio di 15 dimostranti assassinati dalla durissima repressione imperiale. In più, alle vicende realmente accadute, gli autori aggiungono la morte di un fuochista tisico, che si spegne nella casa della sua donna, ucciso da condizioni di lavoro brutali:
"E i polmoni che se brusa in-t-una caldaia? E ’l magnar poco, ’l dormir in fredo, el farse sfrutar come una bestia? No’ basta per copar un omo? (PIANGE) Quanti giorni passadi in quel leto."
Il suo nome è Vittorio, nome come un grido infinito di opposizione al male ed al sopruso.
Le figure maschili emergono stagliate nella loro consapevolezza, sanno che ad essi viene sottratto un diritto fondamentale, quello dell’istruzione. Tanto aveva compreso Giulio:
"Lèger, inveze! Ghe vol lèger! Per coltivarse! Perché xe co’ la cultura che i paroni ne la fica. Co’ la cultura! E noi, alora... (FA IL GESTO DELLA FREGATURA)”
In entrambi i tempi è carnevale, le maschere attraversano le vie e illudono che la vita sia riso e gioco, o almeno apportano il sollievo necessario, contrapposto alla durezza del lavoro. I bambini ne sono catturati.
Dolce è la presenza dell’infanzia, di Tore, 12 anni, e Lisetta, 7 anni, visti nell’incanto di un’età dorata che per Tore volge al termine; il bambino vivrà l’iniziazione nel mondo adulto durante una giornata indimenticabile, ammesso al capezzale dello zio Vittorio morente. La famiglia Russian è un piccolo fortissimo nucleo solidale.
Il dialetto, scevro da cadute vernacolari, è forma espressiva del sentimento, lo stato più elevato della psiche, sempre intelligente, "femminile", in senso dantesco: "donne c’avete intelletto d’amore", dove la donna è pienezza interiore, non caratterizzazione di genere sessuale, che non solo cementa affetti, è la lingua materna, ma sa verità non esprimibili diversamente. I due commediografi usano un dialetto limpido e luminoso come un diamante.
La speranza nel futuro non viene meno, neppure nel ricordare la tragedia. E non si tratta certo di ottimismo a buon mercato, né tanto meno di facili illusioni nel progresso. Qui è raccontato il valore, "aretè", “virtus”, la virtù nel suo significato più alto, dato dall’impegno dei singoli, tutti con un profilo individuale nettamente delineato, capaci di integrarsi in un progetto comune, di esporsi e donarsi.
Nessuna ombra di retorica in questa scrittura in grado di esprimere sentimenti delicati, l’amore che mai viene meno, e l’ardimento dell’impulso disciplinato dei dimostranti, pacifici, fermati dalle armi:
"Ma Mlekus / comanda l’assalto a l’arma bianca. / No’ par vero. No pol esser! In tera / casca i primi. Se scampa disperai. / i militari meti l’arma al pìe. / Se va socorer chi se lamenta in tera. / In farmacia Prendini par ambulatorio de guera. / Anca una dona ga el viso sbregà. / Perché quei s’ciopi? Quala colpa, la nostra?"
Qui la prosa diventa poesia. Ecco la stoffa dei grandi scrittori, capaci di creare la "mania", l’entusiasmo e il fuoco nelle vene tipico dell’arte teatrale, cuore pulsante della tragedia greca. Ma anche del grande cinema. I fuochisti di Damiani e Grisancich ricordano altri fuochisti, gli abitatori del ventre della "nave" di Federico Fellini, estasiati al canto dell’opera lirica, in un momento di pausa, di suprema armonia, interrotta dall’affondamento e spezzata dalla morte. Qui invece si torna a casa "tra un poco", con i personaggi ritrovati dopo vent’anni dall’evento, invecchiati, stanchi ma non piegati, mentre il carnevale ancora impazza e la bora soffia a Trieste, come monito di non cedere mai. La libertà è preservata.
Onore ai fuochisti del 1902.
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