Amedeo Je T’Aime di Francesca Diotallevi

In libreria Mondadori Electa presenta il 15 settembre nella nuova Collana di narrativa ElectaStorie il romanzo “Amedeo je t’aime” di Francesca Diotallevi, nel quale l’autrice milanese, laureata in Scienze dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Milano, fa rivivere l’appassionata storia d’amore tra Amedeo Modigliani (Livorno, 12 luglio 1884 – Parigi, 24 gennaio 1920) e Jeanne Hebuterne (Meaux, 6 aprile 1898 – Parigi 25 gennaio 1920).

Parigi, marzo1917. “Occhi come i vostri non si possono dimenticare”. Con queste parole l’affascinante Amedeo, “occhi di un caldo marrone” molto espressivi, capelli ricci scuri, alto e dal portamento signorile, si era rivolto alla graziosa e timida diciannovenne Jeanne la prima volta che le aveva parlato. Il giovane uomo di poco più di trent’anni e la ragazza dagli occhi a mandorla e dalle labbra carnose si trovavano a una festa a Montparnasse, quartiere parigino noto per aver ospitato intorno agli anni Venti del XX Secolo famosi nomi dell’arte e della cultura. Questi artisti “avrebbero sradicato le vecchie idee e rivoluzionato il modo di concepire l’arte”. Jeanne, dai folti capelli castani dorati, che proveniva da una rigida famiglia cattolica, studiava pittura all’Académie Colarossi nel Quartiere Latino ma nonostante amasse dipingere non desiderava la fama. La ragazza sapeva molte cose su Amedeo, perché il pittore italiano faceva parlare di sé nei bar e nei locali del quartiere, per lo stile di vita dissoluto e il carattere impetuoso. Modigliani, originario di Livorno, appartenente a una famiglia borghese e intellettuale, viveva in città da più di dieci anni. Il suo stile, molto personale, era caratterizzato esclusivamente da ritratti perlopiù femminili: lunghi colli arcuati, volti ridotti all’essenziale, occhi privi di pupille.

“Il suo solo soggetto era l’uomo, senza eroismi, con tutte le sue fragilità”

perché Modigliani era certo che ogni essere umano sopra il volto indossasse una maschera. I quadri particolari dell’artista non erano ben recepiti, non avevano mercato e per questo motivo il pittore e scultore soffriva molto e si sfogava con soventi ubriacature e comportamenti maleducati. Per questo motivo Modigliani era soprannominato “Modì” e “maudit”, “maledetto”. Jeanne da quando aveva parlato con Amedeo era rimasta profondamente colpita dal suo sorriso adorabile e dalla sua piacevole voce. Modì l’aveva ritratta nel suo studio con pennellate decise, sicure e la ragazza attraverso il dipinto aveva compreso il suo genio, perché il pittore aveva colto la vera essenza del suo volto. Anche il vulnerabile uomo stava cominciando a provare qualcosa per la giovane. “Non vi scorderete di tornare, vero?” Le sue amiche le consigliavano di lasciare perdere un uomo così complicato ma Jeanne si stava innamorando e pensava che se avesse avuto modo, per lui poteva trasgredire qualsiasi regola. Un pericoloso “amor fou” stava mettendo radici nel cuore di Jeanne Hebuterne.

Per l’appassionata e coinvolgente narrazione del volume, l’autrice rivela di avere seguito i passi dei due amanti nei luoghi in cui avevano vissuto. Molteplici i testi consultati anche perché

“La storia di Modigliani è da sempre ammantata di leggenda” quindi “risulta estremamente difficile scindere mito e realtà”.

Francesca Diotallevi tiene a precisare che per la stesura del libro, nel quale è la voce della sensibile Jeanne a raccontare la storia, era importante usare la massima accuratezza possibile rispettando l’ordine cronologico degli avvenimenti. Il risultato è una perfetta alchimia di realtà e finzione che non può lasciare indifferente chi legge. La scrittrice, con uno stile elegante e preciso, penetra nell’anima di Amedeo e Jeanne, cogliendoli nelle loro debolezze e passioni. I due protagonisti appaiono al lettore colpevoli soltanto di amare troppo: uno la sua Arte “la pittura era la sua missione”, l’altra l’uomo della sua vita, “ogni cosa mi conduceva a lui”.

“Se non ci metterete troppo, vi aspetterò tutta la vita”. Oscar Wilde (1854-1900).