Foe
- Autore: J. M. Coetzee
Susan Barton è una naufraga. La nave che doveva portarla da Bahia a Lisbona viene sequestrata da un gruppo di ammutinati che uccide il capitano e getta la passeggera in mare, a largo di un’isola deserta. Susan nuota e l’istinto di sopravvivenza la conduce fino alle spiagge dell’isola e ai suoi abitanti: Venerdì, un cannibale muto di colore, e il misterioso Cruso, un uomo burbero e taciturno che vive segregato in quell’Eden sterile da più di quindici anni e non ha alcuna intenzione di essere salvato.
J. M. Coetzee, premio Nobel per la Letteratura, sudafricano bianco e scrittore prolifico, tenta la riscrittura di un classico della letteratura moderna: il Robinson Crusoe di Daniel Defoe. Lo suggerisce anche il titolo del romanzo, che gioca con la parola Foe, "nemico", parte del cognome dello scrittore settecentesco. Ma chi è il nemico di questo libro? I conflitti che emergono nel corso della storia sono molteplici:
- il problema della comunicazione tra l’occidentale Susan e il negretto muto che sembra esprimersi soltanto attraverso la musica e la danza;
- il significato di concetti come libertà e schiavitù, termini che assumono connotazioni diverse a seconda dei contesti;
- il muro ideologico che separa la donna in cerca di sua figlia e il naufrago Cruso, deciso a dedicare la propria vita al dominio di un’isola monotona e arida, sulla quale lascia tracce di sé sotto forma di muretti di pietra;
- la volontà viscerale di Susan di rendere onore alla propria esperienza sull’isola tramite la scrittura di un testo che ricordi lei, Cruso e Venerdì.
Incapace di scrivere la propria storia in modo degno, si affida a uno scrittore di successo: Daniel Defoe, cui affida i propri ricordi e montagne di lettere con le quali emenda, modifica e sconvolge i fatti accaduti, nel vano tentativo di riempire le lacune delle vicende che teme possano scontentare i lettori. Lo scontro tra l’onestà e lo stile è il vero protagonista di Foe.
Scrivere si rivela un processo lento. [...] In Cruso e Venerdì c’era troppo poco desiderio: troppo poco desiderio di fuggire, troppo poco desiderio di una vita nuova. Senza desiderio, com’è possibile scrivere una storia? Era un’isola di accidia, malgrado i terrazzi. Mi domando come abbiano trattato la condizione del naufrago gli storici del passato; se, per la disperazione, non abbiano cominciato a inventare bugie.
Coetzee riflette a lungo sull’arte della narrazione, processo magico che dà e toglie la vita, trasformando gli uomini in fantasmi e le fantasie in frammenti di realtà. Trecentosessantacinque giorni di calma piatta non possono allettare il lettore. Lo scrittore deve inserire l’episodio del naufragio in un quadro narrativo più ampio e la storia di Susan e della figlia scomparsa forniscono la cornice adatta allo scopo. Ma Susan non vuole parlare di sè. Vuole ricordare Cruso e Venerdì, e che l’isola si popoli pure di cannibali e di creature feroci se è necessario a rendere più avvincente la trama. Il gusto del pubblico, la sua brama di avventure, non importa se reali o inventate, modificate o genuine: è forse questo il vero nemico della storia?
Foe: J.M. Coetzee
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