Qui e ora. Lettere 2008-2011
- Autore: Paul Auster J. M. Coetzee
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2014
J.M.Coetzee e Paul Auster sono due pezzi da novanta. I loro libri sono una gioia per gli occhi e per la mente. Uno ha vinto addirittura il Nobel e ha scritto il libro più bello del novantesimo secolo, ovvero Vergogna.
L’altro ha scritto libri bellissimi, quasi senza muoversi da New York. Insomma con entrambi abbiamo passato delle ore preziose. Amici per caso, si scrivono e parlano di tutto. All’inizio in realtà Auster scrive per due, Coetzee si sbilancia solo più avanti e anche troppo, come se avesse bisogno di trasmettere all’amico che i Nobel hanno passioni televisive e seguono il tennis. Nessuno dei due scrittori si azzarda a pontificare o a prendere il sopravvento sull’altro.
Auster ha una sua teoria alquanto condivisibile:
"Un lampo improvviso. Le amicizie migliori e piú durature sono basate sulla ammirazione. Questo è il sentimento di base che alla lunga collega due persone. Tu ammiri qualcuno per quello che fa, per quello che è, per come percorre il suo sentiero attraverso il mondo. L’ammirazione lo esalta ai tuoi occhi, lo nobilita, lo eleva a un rango che ritieni superiore al tuo. E se anche questa persona ammira te – dunque ti esalta, ti nobilita, ti eleva a un rango che ritiene superiore al suo –, vi ritrovate allora in una posizione di assoluta uguaglianza".
Ma anche a parità di ammirazione, i due non potrebbero essere più diversi. Auster scrive di belle donne, di cibo, di alcol, di un’adolescenza un po’ scapestrata.
Coetzee, invece, non ha mai fumato, non beve, è vegetariano. Auster parla di quando è stato giurato alla Mostra di Venezia; il Nobel si attarda su La Repubblica di Platone.
Il sudafricano scrive della crisi mondiale, del lavoro che non c’è, della povertà che avanza e il newyorchese annuisce, ma a un certo punto Coetzee sente il bisogno di scrivere:
"Sono ben felice di lasciarci alle spalle le nostre rimuginazioni di economia. È un tema su cui non ho titoli per parlare. Inutile dire che credo fervidamente nella felicità universale. Vorrei che tutti al mondo avessero un lavoro bello e gratificante, che tutti guadagnassero abbastanza da sfuggire alla minaccia della povertà, ma non ho idea di come raggiungere queste nobili mete. Perciò passerò questi
argomenti sotto silenzio".
Insomma meno burlone, più bilanciato, anche meno preso, ma perché non ha voglia di seguire il newyorchese in tutte le sue vicende private.
Non so perché, ma anche per questi scrittori il massimo è Beckett e l’uomo di sport è il tennista Roger Federer.
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