Forse non tutti sanno che a Roma...
- Autore: Ilaria Beltramme
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2014
“Curiosità, storie inedite, misteri, aneddoti storici, e luoghi sconosciuti della Città Eterna” è il sottotitolo del volume che è un appassionante “esercizio di memoria” composto da piccole e grandi storie che riguardano l’Urbe, perché Roma è “una galassia di piccole storie che si intersecano, si fondono e delineano il volto sorprendente di una città unica”.
L’anima, lo spirito di Roma, anzi il suo “genius loci” si nasconde all’interno di queste intersezioni, “nello spazio indefinito che c’è fra la cronaca cittadina e la storia ufficiale” come ricorda Ilaria Beltramme nell’Introduzione al testo. Lo sanno bene i romani che si confrontano quotidianamente con “un passato gigantesco” e la loro caratteristica per questo è un eterno disincanto, lo intuiscono i turisti che sono subito conquistati da una città dove “i gabbiani calano sulla Magliana e spunta il sole sui terrazzi della Tiburtina” come canta De Gregori.
Ha ragione Ilaria Beltramme quando scrive che la cronaca cittadina e la storia ufficiale non si distinguono più quando si passeggia per le strade di Roma mentre la luce si diverte a giocare con le facciate barocche e le piante selvatiche con le mura antiche. Quindi “questo libro, in fondo, vuole riprodurre la stessa sensazione”, che forse non si trova nelle pagine dei libri di scuola, perché “più disordinata”. Ma entrambe parlano di una storia che dura da tremila anni, infatti “l’eternità è la cifra comune di una narrazione che continua da tre millenni e - speriamo – non finirà mai”.
Tra i tanti itinerari raccontati dalla brava Ilaria, che è ancora convinta che il fiume che passa nel cuore di Roma sia una divinità, “il Tevere, d’altro canto, Roma l’ha disegnata”, ne scegliamo tre.
Forse non tutti sanno che a Roma... Il Santuario siriaco sul Gianicolo è stato l’ultimo tempio pagano della città. Il Gianicolo non appartiene solo agli eroi risorgimentali. Provate a inerpicarvi per via Dandolo facendo attenzione, perché sulla sommità del colle vi troverete al cospetto delle Furrine, nel loro territorio. È il “locus”, il bosco sacro che ai tempi della Repubblica fu teatro del suicidio di Caio Gracco, mentre tremila dei suoi sostenitori venivano trucidati. Lo spargimento di sangue indignò le Furrine, che, violate nel loro luogo prediletto, si trasformarono in Furie, ma non maledissero mai il Gianicolo. Le Furie concessero la loro protezione anche a Cleopatra che qui trascorse i suoi anni romani nella casa di Giulio Cesare. Dietro un cancello, sempre dalle parti di via Dandolo, c’è ancora l’ossatura di un vecchio tempio pagano nei cui ruderi si legge la storia di una seconda città e delle persone che l’hanno abitata: il tempio siriaco parla di un passato remoto in cui sulla riva destra abitavano i nuovi cittadini romani, quasi tutti orientali, schiavi e liberti, mercanti e filosofi.
Forse non tutti sanno che a Roma... Nel Medioevo il fiume non era soltanto il Tevere. La storia di Roma è scritta con l’acqua, perché è stata l’acqua e il suo utilizzo che ha permesso alla civiltà romana di evolversi e prosperare. Una curiosità urbanistica rivela la presenza in città di un secondo fiume. È la targa datata 1157 affissa su Porta Metronia che ancora celebra i restauri dell’ingresso sulle Mura Aureliane. Non fa menzione dell’operato di Callisto II, Papa poco conosciuto, il quale durante il suo breve pontificato (1119-1124) aveva creato la “marana” (corruzione del termine “mariana”, cioè di Maria) deviando il tratto di un fiume secondario che sgorgava da Grottaferrata. Quindi i restauri dell’ingresso sulle Mura Aureliane forse erano avvenuti per preparare il terreno ad accogliere il corso d’acqua.
Ricordate Alberto Sordi nel film Un giorno in pretura? Il grande Albertone imitava Tarzan sguazzando in un fosso, in una “marana” appunto...
Forse non tutti sanno che a Roma... La “vera dolce vita” inizia a Villa Medici. I secoli di Roma sembrano essersi poggiati sopra Trinità dei Monti, l’eco del passato ancora risuona fra la collezione di antichità incrostata sulla bella facciata bianca di Villa Medici dal 1803 sede dell’Accademia di Francia, in ottemperanza alla volontà di Napoleone. Chissà se il meraviglioso giardino, che arriva fino al Muro Torto, si ricorda che quando la villa venne riscattata da un vecchio cardinale che l’aveva trascurata, non era che una vigna con un rudere sopra e un podere modesto che la circondava? Da lassù però la vista era gloriosa e l’aria salubre. Lo sapevano bene i Medici e prima di loro Messalina, moglie dell’Imperatore Claudio, che amava “gozzovigliare” negli Horti Luculliani prima di venire uccisa. È la bellezza stratificata e complessa del luogo che innamora, qui dove la “dolce vita” è nata e da dove si può contemplare con lo sguardo uno scenario di incomparabile splendore.
“L’anima di ogni uomo è una città, popolata di abitanti ignoti; ma l’anima mia è Roma”. Giorgio Vigolo, La città dell’anima, 1916-1922.
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