Il bacio di Danielle Steel

Un unico gesto e tutto cambia. Ecco quanto ci racconta Il bacio di Danielle Steel (Sperling & Kupfer, 2013, trad. Grazia Maria Griffini).

Isabelle Forester e la sua vita in quel di Parigi. Un matrimonio felice, un figlio che ama.
All’inizio. Poi gli anni passano e il rapporto con il coniuge si raffredda, è quasi inevitabile.
Ciliegina sulla torta, l’adorato figlio Teddy che soffre di una grave malformazione cardiaca. Ce n’è abbastanza per deprimere chiunque, non trovate?
Purtroppo l’etichetta le impone di sorridere. Sempre e comunque.
Ma il destino ha una bella sorpresa per Isabelle…
Durante un ricevimento conosce Bill, un potente politico americano.
E, ovviamente, scatta qualcosa. Ma non si può, ve l’ho detto.
Durante il viaggio di ritorno da una mostra Isabelle e Bill si scambiano un bacio, un istante prima che un terribile incidente capiti loro tra capo e collo.
Entrambi finiscono in coma ma la stampa non rispetterà il loro silenzio e spiattellerà la storia clandestina a tutto il mondo.
E ora? Una volta tornati alla realtà, dovranno lasciarsi? Affrontare le conseguenze del loro gesto?
Un gesto d’amore, certo, un gesto che può esser visto anche (purtroppo) in altri modi…

Danielle Steel come sempre ci parla d’amore e, come sempre, lo fa con garbo ma anche con quella punta di quel non so che, un dono che solo lei possiede.
Una storia d’amore potente che purtroppo sarà costretta a partire in sordina, prima di poter uscire allo scoperto.
Anche se non sarà una scelta proprio volontaria.
Pagine popolate da persone e non personaggi che lasceranno agire prima il cuore poi la mente, che poi è quasi sempre l’ordine giusto.
Una vicenda dedicata agli inguaribili romantici, a chi cerca il batticuore in ogni dove ma anche e soprattutto a chi il cuore lo sente battere solo per vivere, che è la peggiore delle torture.
Qui si va sulle montagne russe, le emozioni piatte non troveranno alloggio tra queste pagine.
Pagine da divorare o sorseggiare come un buon cocktail, questo lo lascio decidere a voi. L’importante è leggerle. Anzi, respirarle. Per tornare a sorridere.