Il sovrano delle ombre
- Autore: Javier Cercas
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2017
La storia che Javier Cercas racconta con Il sovrano delle ombre (Guanda, 2017, traduzione di Bruno Arpaia) è apparentemente semplice: Manuel Mena si arruola per combattere nella Guerra Civile spagnola con l’esercito di Francisco Franco. Due anni dopo, nel corso della cosiddetta battaglia dell’Ebro, dove si risolvono le sorti della guerra tra Franco e la Repubblica, il giovane perde eroicamente la vita.
Si chiamava Manuel Mena e morì a diciannove anni nella battaglia dell’Ebro. Accadde il 21 settembre 1938, verso la fine della guerra civile. Era un franchista entusiasta, o almeno un entusiasta falangista, o almeno lo era stato all’inizio della guerra.
Manuel proviene da una famiglia di piccoli proprietari che risiede in una zona poverissima della Spagna, ed è l’unico in famiglia che ha avuto la possibilità di studiare. Manuel dunque era un idealista ed è morto per una causa che riteneva giusta. Chi si schierava dalla parte della Repubblica riteneva ovviamente che la Falange fosse “la parte sbagliata”, e lo hanno potuto dire in tanti, la maggior parte, dopo che si è visto da quale parte è andata la Storia.
In modo molto simile a ciò che è avvenuto in Italia, almeno fino a un certo punto, dove per molti, il fatto di non ostacolare, adeguarsi, tollerare, essere d’accordo, essere organici o dichiararsi sinceramente fascisti (o falangisti) era nell’ordine delle cose, era in un certo senso “di moda”, come dice Cercas in una interessante intervista con Marco Belpoliti, contenuta in Javier Cercas - Marco Belpoliti, Cos’è un intellettuale, edito sempre da Guanda.
La mia famiglia era stata franchista, o almeno aveva accettato il franchismo con la stessa mansuetudine acritica con cui l’aveva accettato la maggior parte del paese; da adulto avevo capito che questa spiegazione è banale.
Cercas scrive perché Manuel era un suo prozio, un eroe controverso di cui ha voluto ricostruire la vicenda piena di interrogativi ai quali non fornisce risposte definitive, ma motivi di riflessione; è entrato in un terreno difficile, in una fase storica con la quale la Spagna non ha ancora finito di fare i conti, come noi in Italia col “nostro” Fascismo. Ed ecco che il romanzo, diviso idealmente in almeno due parti, trova la sua non banale ragione di esistere. Una è il racconto della ricostruzione attraverso le rare foto, i pochi documenti che non sono stati bruciati e le testimonianze di chi aveva conosciuto Manuel; l’altra è l’insieme dei fatti con precise collocazioni geografiche.
Sentivo che Manuel Mena era la cifra esatta dell’eredità più onerosa della mia famiglia.
Ma tutto questo impianto appare con chiarezza solo come lo strumento, il mezzo letterario, biografico e autobiografico, storico, ibrido insomma, per indagare temi come la natura profonda dell’uomo, la ricerca della propria identità, la libertà di porre sul tavolo della riflessione questioni scomode.
Il libro è la ricerca delle connessioni tra l’autore e la sua famiglia, tra l’eroismo e la vergogna, la menzogna e la verità, la storia e i sentimenti, la realtà dei fatti, i ricordi, le supposizioni. E infine una domanda tra le tante: chi è l’eroe?
Il sovrano delle ombre
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