Il trauma del fuoco. Vita e morte nell’opera di Claudio Parmiggiani
- Autore: Massimo Recalcati
- Genere: Psicologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2023
Mi pongo davanti a un’opera d’arte contemporanea con l’intento di comprenderne lo stile oltre che per provarne un’emozione che spesso non arriva.
Conoscere l’artista è propedeutico a goderne le opere ed è così che accostarsi all’opera di Claudio Parmiggiani (poco conosciuta in Italia al contrario che in Francia) che, pur se a un primo approccio può apparire sconcertante, con l’apporto della scienza psicanalitica appare in tutta la sua intelligenza.
Che a parlare di Claudio Parmiggiani nell’opera Il Trauma del fuoco (Marsilio Arte, 2023) sia uno psicanalista come Massimo Recalcati non ci deve sorprendere perché la sua opera pone al centro un concetto fondamentale della psicanalisi com’è quello della ripetizione di un trauma.
Il trauma a cui l’artista fa riferimento risale all’incendio della casa rossa di Luzzara dove Parmiggiani era vissuto nella sua adolescenza, un’immagine che ha marchiato l’inconscio dell’artista spingendolo a ripeterla nelle sue infinite variazioni.
Nel libro Il trauma del fuoco Massimo Recalcati racconta un pittore, come si definisce Claudio Parmiggiani (nonostante non usi gli strumenti tradizionali della pittura – tavolozza, pennello, quadro, cavalletto) che dipinge l’ombra, sangue della luce, dove il vero si manifesta non come riflesso, dove la polvere che occulta il vero genera la presenza della cosa, ma l’assenza della cosa crea l’opera.
L’immagine non rivela nessuna compiutezza feticistica, ma prova a rendere evidente l’invisibile. L’invisibile appare solo incidendo nella presenza il segno dell’assenza,
è questa l’operazione più propria dell’arte del Parmiggiani.
Per cogliere la sua postura artistica è interessante cogliere la sua poetica nell’opera del 1988 La terra: una sfera con le impronte delle sue mani che è stata effettivamente sepolta nel Museo delle Belle Arti di Lione.
Nella scultura è più importante nascondere che mostrare l’opera d’arte come un oblio, un nascondimento, una perdita, un’assenza non una presenza.
Si tratta della mano dell’artista che è capace di generare forme nuove, non ancora viste, non ancora conosciute, non ancora pensate.
L’opera d’arte non è una semplice presenza, un ente tra gli altri enti ma è una presenza che si sottrae che si nasconde. Il primo movimento dell’artista è un primo nascondimento di ritiro, di “delocazione”, questa parola significa appunto qualcosa che si ritira, si ritrae dalla presenza, si nasconde.
Mettere una palla sotto terra significa fare dell’opera un seme destinata a germogliare a generare, a produrre possibili infinite forme.
Tra le opere che hanno reso l’artista conosciuto e apprezzato in tutto il mondo c’è il suo straordinario ciclo delle Delocazioni. Qui il pittore governa il fuoco, valorizza il potere espressivo della cenere che si deposita sugli oggetti allestiti dall’artista – bottiglie, bicchieri, libri – quando il fuoco ha esaurito la sua parte e gli oggetti vengono tolti dalla parete, la cenere rivela il disegno della loro sagoma.
Il trauma del primo indimenticabile fuoco ritorna così e, nel caso delle bottiglie, sembra riprodurre i quadri di Morandi da cui Parmiggiani ha compreso il significato metafisico della polvere, del “silenzio” come dimensione melanconica dell’’opera.
Il trauma del fuoco. Vita e morte nell'opera di Claudio Parmiggiani
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