Il treno dell’ignoto. Il viaggio del Milite Ignoto
- Autore: Paola Zambelli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
Cento anni fa, il 4 novembre 1921, gli Italiani hanno scritto una pagina di unità nazionale mai più ripetuta con la stessa intensità: tutti una sola anima, un pensiero, un sentimento. Ci riporta in quell’atmosfera Paola Zambelli, autrice di un romanzo, Il treno dell’ignoto (edizioni Biblioteca dei Leoni, 2021, Vignadello-Treviso, luglio 2021, 150 pagine), tratto da Il viaggio del Milite Ignoto, opera vincitrice nel 2021 della XIV edizione del Premio di letteratura per ragazzi “Giovanna Righini-Ricci”, a Conselice (Ravenna).
L’autrice è bellunese — insegna nella scuola per l’infanzia e nei laboratori scolastici di storia contemporanea nel suo territorio —, vicina quindi ai luoghi della Grande Guerra del 1915-18. Riconosce d’essere stata sempre incuriosita dai racconti di nonni e nonne sugli eventi soprattutto delle due guerre mondiali, nel Veneto e dintorni. Le hanno anche insegnato a non fermarsi alla superficie dei fatti, a scavare in profondità, non dare niente per scontato. Per questo, fin da bambina non ha smesso di cercare spiegazioni agli eventi e quando non ne ha trovate di reali o storiche, ha supplito con l’immaginazione.
Lo ha fatto anche qui, partendo da una base di solide nozioni storiche, per fantasticare sull’identità del soldato grigioverde senza nome e senza volto che l’Italia onora da un secolo nell’Altare della Patria, in Piazza Venezia a Roma, vigilato da una guardia d’onore ininterrotta delle Forze Armate. Uno solo, dei nostri 650mila caduti nella Prima guerra mondiale, tanto più amato perché non ha un’identità e una storia individuale ma le ricorda e riassume tutte, dei militari sacrificati nei conflitti e ora durante le missioni di pace all’estero.
È un romanzo a più voci, che spaziano tra il presente e il passato, avverte Paola Zambelli in una nota preliminare. I salti nel tempo sono segnati da un carattere grafico diverso, per non disorientare i lettori, giovani e non, quando la voce narrante è la bisnonna Giovanna.
Ad avere scelto tra undici bare di caduti ignoti, schierate nella basilica di Aquileia, il feretro trasportato e inumato a Roma è stata Maria Bergamas, la mamma di un fante disperso e mai ritrovato.
Zambelli ha sentito di dover immaginare le storie di quegli undici soldati sconosciuti e ha adottato l’espediente del racconto diretto della mamma di nonna Bettina.
Il 30 ottobre 1921, Giovanna era un’adolescente veneta e come tutti i compagni e tanti italiani è andata con l’abito migliore a inginocchiarsi accanto ai binari, al passaggio del convoglio ferroviario, imbandierato e stracarico di fiori e corone, che trasferiva a lento moto il “sacrificato” destinato a rappresentare tutti i caduti, che ogni famiglia italiana piangeva.
“Ignoto Militi” è inciso sulla lastra di marmo sotto la statua della Dea Roma al Vittoriano e per anni ho cercato un senso a quel plurale, “Militi”. Perché al significato del singolare “Ignoto” ci arrivava anche un bambino, ma ho dovuto attendere le prime lezioni di latino alle medie, per apprendere che si tratta della declinazione al dativo della dedica proposta da Gabriele D’Annunzio: “al soldato sconosciuto”.
Ma come per Paola Zambelli, la curiosità è sempre stata fortissima e oltre ad avere visitato più volte monumento e tomba — ora retrostante — so tutto sulla storia di quel caduto dei caduti.
L’iniziativa di onorarlo nel mausoleo eretto in ricordo del primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, venne perfezionata dal colonnello dell’aviazione Giulio Dohuet. Costituita una commissione per le onoranze, si decise di inumare nel centro della capitale e vegliare per sempre i resti di uno dei tanti soldati sconosciuti o dispersi durante la prima guerra mondiale. A ricordo, scrive l’autrice bellunese, dei figli, mariti, padri, fratelli, amici, conoscenti, compaesani, mai tornati a casa.
Nella Basilica di Aquileia, a poca distanza dalle zone dei lunghi combattimenti sulle prime alture carsiche e a Monfalcone, vennero portate — in bare uguali di legno grezzo, ricoperte dal tricolore e un elmetto — undici salme di combattenti selezionate in cimiteri e settori e campi di battaglia: Cadore, Rovereto, Dolomiti, Altipiani Vicentini, Monte Grappa, Monte San Michele, Gorizia, Basso Isonzo, Castagnevizza, Montello e Basso Piave. Corpi assolutamente anonimi e non riconoscibili per l’assenza di piastrine o effetti personali. Massima attenzione alla certezza che fossero caduti italiani e non dell’esercito opposto.
Della scelta del Milite Ignoto venne incaricata una popolana, Maria Biasisca, vedova Bergamas e madre di Antonio, un irredento di Gradisca, suddito austriaco fuggito per combattere con gli italiani contro Vienna. Inquadrato con un altro nome nella Brigata Barletta, era risultato disperso sugli Altipiani nel maggio 1916.
La bara, indicata tra le lacrime, venne caricata sul treno che partì da Aquileia il 29 ottobre 1921 e raggiunse Roma il 4 novembre. Un corteo solenne mosse da Santa Maria degli Angeli verso piazza Venezia. Come dovunque nel percorso dal Friuli, il dolore e la commozione del Paese per i suoi caduti accompagnarono il soldato simbolo. Nelle rare immagini e filmati di quel giorno, è impressionante la lunga fila di madri e vedove di caduti, vestite a lutto, con un velo nero sul volto. Danno la mano ai piccoli orfani, che guardano gli operatori con espressioni serie e smarrite.
Da allora, il 4 novembre è l’anniversario della Vittoria e ora la Giornata delle Forze Armate e dell’Unità nazionale.
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