Inchiesta su Maria di Corrado Augias e Marco Vannini

La storia vera della fanciulla che divenne mito

Tra le figure più rilevanti nella religione cattolica c’è Maria, una giovane donna il cui destino ha cambiato anche quello dell’umanità. Dolce, mite, poco più che adolescente viene “visitata dall’angelo”, secondo le narrazioni dei testi cristiani. Da lui, messaggero del Padre, riceve il più alto compito di qualsiasi altra donna: portare in grembo Colui la cui nascita era stata annunciata dai profeti, il Figlio di Dio che, attraverso di lei, giungerà in Terra e la cui vita, breve ma travagliata, sarà la strada che percorrerà Maria stessa fino al momento più doloroso in cui stringerà, ai piedi della Croce, il proprio Figlio, ormai morto, tra le braccia.

Nel libro, il giornalista Corrado Augias che si definisce, in apertura, “non appartenente ad alcuna religione, più precisamente ad alcuna Chiesa” interloquisce con Marco Vannini, studioso di mistica. Augias cerca spiegazioni ma all’inizio così si esprime:

”Sento il dovere di precisare che le domande e, penso, le risposte di questa conversazione non coinvolgono la fede. Scorrono su un piano parallelo che riguarda un bisogno lontano della fede e cioè il desiderio di capire”.

Il giornalista inizia quindi la sua inchiesta su Maria, donna, madre, personaggio storico che è anche oggetto di culto e di venerazione. Augias parte dalla sua infanzia così difficile da essere ricostruita poiché a questo periodo di vita , nei quattro Vangeli canonici, si fa solo qualche accenno. Si ricorre , quindi, agli apocrifi ma non con lo scopo di trovare notizie ridondanti o leggendarie bensì di solo approfondimento. Le uniche conoscenze certe sono, come afferma Vannini, il fatto che Maria abbia vissuto in Galilea e che sia andata sposa a Giuseppe, un uomo molto anziano. Augias sottolinea inoltre che nei testi vi sono profonde differenze e che i Vangeli lasciano un po’ sullo sfondo le vicende di Giuseppe e di Maria. Vannini replica che i Vangeli sono testi con alcuni riferimenti narrativi ma prevalentemente teologici, scritti parecchi anni dopo la morte di Gesù e che avevano il compito di far riflettere sulla figura del Nazareno le persone che in lui credevano e a lui si richiamavano. Maria ebbe, quindi, un ruolo marginale nei primi secoli di diffusione del Cristianesimo. La sua immagine fu più conosciuta secoli dopo e donò alla religione quel lato materno che ancora non veniva percepito e di cui i fedeli, però, avevano già tanto bisogno. Ecco allora fiorire la venerazione di Maria nell’arte e anche nella letteratura, come spiegano ampiamente i due autori. Il giornalista pone allo studioso di mistica tante domande e, di certo, le più spinose sono quelle relative ai quattro dogmi che la Chiesa ha stabilito riguardo alla Madonna: la verginità, la maternità divina, l’assunzione in Cielo e l’essere stata concepita senza macchia ed essere quindi definita l’Immacolata Concezione. Sono verità che vengono ampiamente discusse nel libro poiché ambedue gli autori riprendono il dialogo come uomini credenti e non.

Vannini si congeda dai lettori con alcuni profondi pensieri:

“Concezione verginale e maternità divina non sono più assurde se si comprende che concepimento e generazione di Dio non sono concepimento e generazione di un corpo ma del Logos, ovvero di un Dio che è spirito e a opera non di un corpo ma dello spirito stesso ... La devozione a Maria nel senso di rapporto affettuoso, fiducioso con la sua figura non è segno di infantile credulità bensì di maturità spirituale...”

Lo studioso, nel suo ultimo capitolo, usa le parole ascritte sul portale del duomo di Siena:

“Castissimum Virginis templum caste memento ingredi – Nel purissimo tempio della Vergine ricordati di entrare con purezza”

per indicare che l’animo limpido, libero, sgombro da pregiudizi è l’unico approccio alle verità della fede. A ciò non replica più neppure Augias che rispetta il punto di vista di Vannini e riconosce, anch’egli, in Maria, la figura di “mediatrice e consolatrice” sperando che coloro che leggono questa pubblicazione, soprattutto se hanno una fede antica e radicata, sappiano operare la virtù della tolleranza e aprirsi al dialogo.