Jamaica Inn
- Autore: Daphne du Maurier
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: BEAT
- Anno di pubblicazione: 2016
Nuova edizione nella collana SuperBeat, con la traduzione di Marina Viaggi, per “Jamaica Inn”, pubblicato nel 1936 dalla scrittrice britannica di origini francesi Daphne du Maurier, Lady Browning (Londra, 13 maggio 1907 - Par, 19 aprile 1989), celebre per “Rebecca, la prima moglie” (1938), la sua opera più conosciuta, portata sul grande schermo da Alfred Hitchcock, la quale nel 1969 è stata insignita del titolo di Dame Commander in the Order of the British Empire (DBE).
Figlia di due noti attori teatrali Gerald du Maurier e Muriel Beaumont, nipote del romanziere George du Maurier, educata privatamente in Inghilterra e a Parigi, la scrittrice, autrice di svariati romanzi, opere teatrali e libri di storia sulla sua famiglia, trascorse gli ultimi vent’anni della propria esistenza a Menabilly, promontorio situato sulla costa sud-orientale della Cornovaglia, in una dimora elisabettiana del XVI secolo.
Ed è tra i picchi e le vertiginose scogliere della Cornovaglia che Daphne du Maurier ambienta il romanzo al cui centro vi è “Jamaica Inn”, grigia locanda dal tetto d’ardesia, dagli alti comignoli, dall’aspetto ostile e abbandonato, unica abitazione in un paesaggio di nere colline e con una sterminata brughiera. Ostinata nemica dell’urbanesimo e della vita moderna l’autrice qui ritrae una memorabile figura femminile, Mary Yellan, la quale nell’omonimo film del 1939 diretto da Alfred Hitchcock, ha lo sguardo magnetico e caparbio di Maureen O’Hara.
Primi anni dell’Ottocento. Per esaudire il desiderio della madre espresso in punto di morte, la giovane e bella Mary dopo aver visto a una a una le cose care che la circondavano passare in mano altrui, era salita sulla diligenza destinazione la Cornovaglia dove a dodici miglia da Bodmin, sulla strada di Launceston, la zia materna Patience gestiva una locanda insieme al marito Joss Merlyn. La vita tranquilla di un tempo Mary ormai l’aveva dietro di sé, mentre ora davanti aveva l’avvenire con la taverna Jamaica Inn. Così era accaduto che Miss Yellan fosse partita da Helston nella vecchia diligenza che cigolava e dondolava sulle molle. Una volta attraversata Truro, cittadina sull’estuario del Fall, con le sue innumerevoli guglie e Bodmin, mancava ancora molta strada, venti miglia di brughiera, per arrivare alla taverna. Un viaggiatore aveva avvisato Mary di fare attenzione, Jamaica Inn godeva di una cattiva fama, la gente non la frequentava, perché aveva paura. Sempre più perplessa, unica passeggera all’interno della diligenza, Mary aveva sentito la vettura riprendere a traballare per la strada, mentre vedeva le rassicuranti luci di Bodmin dileguare rapidamente. Era sola, col vento e la pioggia e le molte miglia tra sé e la méta. Mary si sentiva simile a una nave uscita in mare aperto lontana dal sicuro porto. Ma non c’è battello che si sentisse più desolato di lei: solo buio, violenti scrosci di pioggia, né un albero né un casolare, brughiera simile a deserto che si estendeva verso invisibili orizzonti. All’improvviso, tra nebbia e pioggia, si era stagliato un fabbricato un po’ discosto dalla strada. In fretta, dopo aver fermato la diligenza, il vetturale era sceso di cassetta tirando giù il baule di Mary. In un battibaleno, l’uomo era rimontato e in men che non si dica la diligenza era già lontana, giù per la discesa, come se non fosse mai esistita. Mary era sola, il suo baule ai piedi. La porta della taverna si era aperta, un uomo alto dalle sopracciglia nere, i capelli davanti agli occhi e dall’aspetto robusto teneva in mano una lanterna.
“Benvenuta alla Jamaica Inn!”.
Impossibile non appassionarsi alle avvincenti avventure di Mary Yellan che prende coscienza di se stessa quando si trova costretta a combattere contro il dispotismo autoritario di Joss Merlyn, losco proprietario di Jamaica Inn, edificio fosco e fatiscente, esposto ai quattro venti vicino all’altura. Una taverna orfana di onesti avventori ma ricetto di pirati, che di notte attiravano con segnali luminosi le navi di passaggio facendole naufragare contro gli scogli per poi saccheggiarle. Eppure c’era in quell’aria viva di questo luogo così solitario, un soffio che incitava Mary all’avventura e quasi le lanciava una sfida.
Jamaica Inn
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