L’impero. La spada dell’imperatore
- Autore: Anthony Riches
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2018
Anthony Riches ha un progetto ambizioso, che farebbe tremare le vene e i polsi di qualunque scrittore: realizzare venticinque titoli della Serie Impero. Intanto, il narratore inglese di storia antica romana è giunto quasi a un terzo dell’opera, dando alle stampe il settimo episodio. È stato pubblicato in Italia ad aprile 2018: “La spada dell’imperatore”, per i tipi Newton Compton (424 pagine, 12 euro copertina rigida, eBook 5,99).
La casa editrice romana ha proposto del resto tutti i volumi della saga: “La spada e l’onore”, 2012; "La battaglia dell’Aquila perduta", 2013; "Lunga vita all’imperatore", 2014; "Sotto un’unica spada", 2015; "Un eroe per Roma", 2016 e “La vendetta dell’aquila”, 2017.
Protagonista un giovane veterano, un centurione poco più che ventenne, al comando di un reparto di ausiliari Tungri della Gallia Belgica, cavalleria d’elite delle legioni. Ha combattuto in Dacia e Britannia, mettendo sempre a repentaglio la vita, per una giusta causa. Romano, anche nell’aspetto, è muscoloso come un uomo abituato a sopportare il peso di armature ingombranti. Una cicatrice gli attraversa il naso, un colpo di lancia non schivato in tempo. Il suo nome è Marco Valerio Aquila, ma dovremmo dire Marco Tribulo Corvo, per continuare a nascondere la sua identità di unico superstite di una ricca famiglia senatoriale, finita in disgrazia agli occhi dell’imperatore.
È il 187 dopo Cristo, Marco è finalmente tornato a Roma, dove freme per portare a termine la sua vendetta. Con lui sono la moglie Felicia e il piccolo figlio, oltre a un manipolo di compagni d’arme capaci e fedeli. Rutilio Scauro è un tribuno, scolpito nel granito ma modesto di carattere e soprattutto leale. Ci sono altri due ufficiali, Giulio e il britanno Dubnus e un terzetto di guerrieri barbari: il germano Arminio, il principe orientale Martos e il gigante Lugos.
Insieme, i Tungri sono convocati dal senatore Sigile. Il figlio era con loro ed è caduto in Dacia poco onorevolmente, anche se al genitore raccontano tutt’altro. Il nobile romano dice d’essere un estimatore del padre di Marco, il senatore Appio Valerio Aquila ed offre i servigi di un loro nemico, la spia Excingo, che il gruppo deve sopportare di malavoglia, perché ha raccolto notizie importanti, assai utili. Rivela l’esistenza di un quartetto di uomini dei quali l’imperatore si serve per rimpinguare le casse dell’erario, a spese dei più nobili tra i romani, i cui beni vengono sottratti crudelmente da quei farabutti. A godere delle loro malefatte è Commodo, che ha gettato definitivamente la maschera: è un tiranno.
Le chiamano “confische giuste”, sono condotte a danno delle gens più abbienti. Portano al risultato di requisire gli averi e gli schiavi, uccidere tutti gli uomini e fare di peggio con le donne di casa. Purtroppo, la famiglia patrizia di Valerio è stata tra le prime a subire quella sorte.
I quattro cinici esecutori, ognuno dotato di particolari abilità e nessuno scrupolo, sono compensati dall’imperatore Commodo con denaro, prebende ma soprattutto mano libera con le nobili vittime di sesso femminile: giovani mogli, figlie, schiave, carne debole in mano a quei mostri ed ai più abietti dei romani.
Commodo in persona? Più che altro, chi per lui, come il ciambellano Cleandro, visto che l’augusto sembra distratto dalle frequentazioni femminili nel suo letto, tanto da considerare questo passatempo molto più importante della cura di milioni di cittadini dell’impero.
Chiamano i quattro le Nuove Lame, al servizio del trono dei Cesari. Il più sleale e forte è Mortifero, portatore di morte, il più letale dei letali gladiatori dell’anfiteatro Flavio. Poi ci sono un truce capobanda di malfattori, Bruto, un ufficiale pretoriano, Dorso ed anche un senatore, Plinio.
Se da una parte Excingo continua a tramare doppi giochi, il racconto di Riches consente di apprezzare la grande fratellanza d’armi che unisce chi ha combattuto nelle legioni. Anche quando non si conoscono, nell’incontrarsi i veterani si sentono legati: hanno affrontato i nemici dell’impero, hanno perso compagni, ricevuto colpi e subìto ferite, battendosi per l’onore di Roma in ogni parte del mondo conosciuto. Altri non lo hanno fatto, sono rimasti a riempirsi di beni, con ogni mezzo.
Le due categorie, combattenti e patrizi, non si amano, ma cercano di usarsi vicendevolmente, di servirsi gli uni degli altri.
Dalla parte dei buoni, avremo modo di conoscere il centurione Cotta e Avido, un bravo guastatore capo, alla testa di un drappello di genieri, il distaccamento di ingegneria militare aggregato ad ogni legione. Con i suoi uomini, si rivelerà provvidenziale. Lavoratori abituati alla massima efficienza e rapidità.
Sicchè, per fare sempre più ricco Commodo, le Lame ordiscono false accuse di tradimento ai danni di malcapitate famiglie patrizie. Chi finisce tra le loro spire è spacciato e questo anima ancora di più il sacro furore di vendetta di Marco. Il nome Aquila è fuorilegge, ma Corvo viene trattato con rispetto, perché oltre al suo valore c’è sempre la coorte tungra dalla sua parte, oltre ad ogni truppa legionaria di stanza o di passaggio a Roma. Formano una fratellanza militare contro la quale i traditori ingaggeranno una sfida mortale, per chi avrà la sorte di soccombere.
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