Le pecore e il pastore
- Autore: Andrea Camilleri
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Sellerio
- Anno di pubblicazione: 2007
L’operetta “Le pecore e il pastore” (Palermo, Sellerio 2007) nasce dalla lettura di un libro di storia locale. Quanto alla strategia compositiva, essa ha molto del saggio storico, anche se in realtà la scrittura è quella della narrazione. Camilleri, avvalendosi di adeguati documenti e sviluppando ragionamenti con qualche incursione nella sua memoria, ci consegna un ampio affresco in cui spicca il convento del S.S.Rosario di Palma di Montechiaro, in territorio agrigentino. Nel Seicento, fra misticismo e feudalesimo, vi si era consumato lo strano destino dei Tomasi, di cui si ha un accenno ne Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi, duca di Palma e principe di Lampedusa, diretto discendente. L’attenzione del nostro scrittore si trasferisce poi negli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale. In Sicilia, il clima socio-politico è incandescente per l’esplosione dei conflitti tra contadini e proprietari terrieri, la cui azione reazionaria culmina nella strage di Portella delle Ginestre avvenuta il primo maggio del 1947. Il vescovo di Agrigento Giovanni Battista Peruzzo, piemontese di provenienza, capisce i problemi dei siciliani e, sostenuto dall’azione di “preti sociali”, si schiera a favore dei contadini, dei poveri, degli ultimi. Nel 1945 viene ferito da due colpi di fucile nel corso di una passeggiata nel bosco di Quisquina e subito la responsabilità dell’accaduto è addebitata a un frate del convento di santa Rosalia che da lì era già stato espulso per indegno comportamento. Comincia a questo punto l’indagine intrigante del nostro scrittore. Egli non si accontenta della versione ufficiale e formula le sue ipotesi, demistificandola. Quali, a suo dire, gli effettivi responsabili del tentato omicidio? Grazie alla lettura d’una nota a piè di pagina del libro di cui si è detto, può approfondire altri aspetti dell’argomento. “Nella lettera del 16 agosto 1956”, vi si legge, “l’Abadessa sr. Enrichetta Fanfara del monastero benedettino di Palma di Montechiaro così scriveva a Peruzzo: “
Non sarebbe il caso di dirglielo, ma glielo diciamo per fargli ubbidienza (…) Quando V. E. ricevette quella fucilata e stava in fin di vita, questa comunità offrì la vita di dieci monache per salvare la vita del pastore. Il Signore accettò l’offerta e il cambio: dieci monache, le più giovani, lasciarono la vita per prolungare quella del loro beneamato pastore
”. Aveva sortito i suoi effetti il baratto della comunità conventuale? L’incompletezza e l’oscurità dei dati lascia in uno stato di insoddisfazione. Sicché, Camilleri, al pari del suo Montalbano, vuole saperne di più. Tanti gli interrogativi: perché viene rivelato al vescovo il segreto di un atto sacrificale dopo undici anni? Egli perviene a rilevanti conclusioni dopo essersi messo in contatto con un vecchio teatino, confessore in quel tempo del convento. La sua spiegazione, fondata su ragionamenti in sintonia con i dati disponibili, è sviluppata con l’onestà dell’intellettuale di chi rispetta le ragioni degli altri senza dare per certa la sua tesi. Così, un fatto apparentemente di poco conto, le dieci “pecore” più giovani in cambio della vita del vescovo, “il pastore”, acquista un senso di ampia portata Il libro è attuale, induce a riflettere sull’impostura sociale, nonché su una religiosità distorta. Quella che si inscrive specificamente nel fanatismo dell’autoviolenza.
Le pecore e il pastore
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